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La Moldavia minacciata e l’anomalia Transnistria

 
Dorella Cianci

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Dorella Cianci

La Moldavia minacciata e l’anomalia Transnistria

La regione separatista è un enclave russa, con grandi industrie

Martedì 28 Febbraio 2023, 13:11

La Moldavia si sente minacciata e l’ha fatto sapere al presidente Biden. La maggiore tensione, ad oggi, riguarda soprattutto quella striscia di terra controversa che è la Transnistria, cioè l’autoproclamata repubblica che si trova lungo la frontiera con l’Ucraina, ai confini con la Moldavia stessa. Nel ’90, il Paese si dichiarò indipendente con un referendum. L’anno dopo, quando la Moldavia incluse, tra i suoi possedimenti, anche il territorio della repubblica separatista, si innescò un conflitto. Nel ’92, la città moldava di Tiraspol, con l’aiuto dei russi, occupò Chisinau. Il cessate il fuoco fu mediato dal Cremlino e, con la relativa tregua, si stabilì non solo la separazione dei due Paesi, ma la presenza di centinaia di soldati russi nell’area. In quel momento della storia, queste faccende interessavano poco l’Occidente intero, che poi, per anni, è stato sopito, con convenienza, dal cosiddetto «teorema Merkel»: mettersi in affari con la Russia di Putin. Sotto quest’oppioide efficace, che è il denaro, non si vollero vedere davvero neanche i giorni violenti di Groznyj.

Facciamo un passo indietro. Un ottimo reportage della Bbc ricorda che, negli ultimi giorni dell'Unione Sovietica, crebbe l’allarme per il crescente nazionalismo moldavo e per la possibile riunificazione della Moldavia con la Romania. Una legge del 1989, che rese poi il moldavo lingua ufficiale, aumentò la tensione e la regione si separò nel 1990, come dicevamo in apertura. Nel luglio 1992 è stato firmato il cessate il fuoco ed è stata istituita una zona di sicurezza smilitarizzata (che potrebbe essere un modello, in futuro, per il Donbass, anche se non si tratta di un modello ottimale). Questo scenario non rese tranquilla la zona, ma comunque ha garantito una quotidianità senza guerra. È chiaro che l'Occidente è sempre stato preoccupato per l'arsenale, di epoca sovietica, nel territorio di frontiera. Va aggiunto che quella zona di frontiera, anche per l’Ucraina è, da tempo, una zona congelata. La Transnistria inoltre contiene la maggior parte delle infrastrutture industriali della Moldavia, ma il suo potenziale economico è limitato dal suo isolamento internazionale. Che dire di questo pezzo di terra se non che è uno degli ultimi baluardi della retorica di stampo sovietico? La Russia sostiene ancora la regione con l'assistenza finanziaria.

Non è storia di oggi, ma è un esempio per pensare a come impostare eventuali e difficili accordi per una trattativa russo-ucraina. La propaganda, presente anche in Ucraina, si è spinta, incautamente, a ipotizzare questo: una possibile sconfitta russa dovrebbe portare anche allo scioglimento della Transnistria. Queste frasi certamente non conducono verso la pace e Zelensky, in queste ore, si guarda bene dal pronunciarle, cercando di far tornare la parola «diplomazia» nei suoi discorsi. Questo confermerebbe, in parte, quella voce interna secondo cui il presidente ucraino avrebbe chiesto a Biden di intercedere per un ceasefire, finalizzato a rivedere le proposte di pace (quella ucraina e quella, molto più dubbia, proveniente dalla Cina). L’Europa tace.

La storia di quei territori ci aiuta a capire il complesso presente dell’Ucraina, ma anche della Moldavia in allarme. Dalla stagione del «Memorandum Kozak», fallimento della diplomazia russa, circa quella zona, fino alla «rivoluzione arancione» ucraina, ci sono dettagli da analizzare. Un breve accenno. Quella rivoluzione ucraina è stata un fattore significativo per l'approccio della Moldavia alla questione della Transnistria: ha cambiato l’equilibrio all'interno del meccanismo negoziale e ha anche evidenziato la debolezza diplomatica russa (fattore da non trascurare). Alla ricerca di una relazione più stretta con l'Ue e con la Nato, l’Ucraina ha iniziato, da tempo, modifiche alla sua posizione riguardo la Transnistria. Ad esempio, sotto l’egida dell’Ue, ha concluso, alla fine del 2005, un accordo di frontiera con la Moldavia, per eliminare il traffico illegale, che attraversava il settore transnistriano. Diversi anni fa, l’Istituto Marshall scrisse: «L’Ucraina si rende conto di aver bisogno di una soluzione in Transnistria, insieme agli interessi della Moldavia. Occorre cioè una reintegrazione del Paese e il ritiro delle truppe russe«.  Il report si concludeva con una domanda: «L’Ucraina sosterrà un cambiamento radicale dell’attuale formato negoziale sulla Transnistria?». Siamo sicuri che quest’analisi, pur datata, non dica nulla rispetto alla guerra in corso? La Francia, ora, promette aiuti alle infrastrutture moldave e l’Ue assicura, eventualmente, anche un sostegno militare, ma questa via non aumenta l’atteggiamento di «una Nato che abbaia alla Russia?». La Transnistria, e la sua storia, ci raccontano molto del nostro presente.

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