POLICORO - Il progetto di una centrale eolica marina, nel bel mezzo della costa jonica lucana tra Policoro e Rotondella, non è fattibile per tante ragioni tecniche e di tutela ambientale. È questo, in sintesi, il parere esposto dall’associazione ambientalista «Mediterraneo no Triv» nelle osservazioni presentate presso il ministero della Transizione ecologica (Mite), a cui recentemente è pervenuta la proposta della Srl «Ionio Prime» con sede legale a Grottaglie nel Tarantino, che si occupa di produzione di «energia elettrica a mezzo di impianti di generazione da fonti rinnovabili, allo scopo della cessione a terzi utilizzatori».
Un impianto che avrebbe impatto visivo e ambientale notevole sull’ecosistema marino lucano, con ricadute importanti anche sulla terraferma, tra cabine di raccordo e cavidotti da installare. «La Basilicata, oltre ad essere la prima regione italiana per sfruttamento di gas e greggio, è sfruttata con la più alta percentuale di impianti eolici sul territorio nazionale pari al 25% (secondo i dati Terna elaborati dal Gse) -argomenta “Mediterraneo no Triv”, come riferisce la portavoce Giovanna Bellizzi- senza che i cittadini ne abbiano alcun vantaggio. L’ambientalismo speculativo e la transizione solo a carico delle popolazioni locali è pura ideologia, che non si può accettare nel nostro piccolo e unico ecosistema marino del golfo storico di Taranto». Quindi scende nel merito: «Il progetto ci è sembrato subito essere fatto solo sulla carta, senza avere la conoscenza dei territori e degli ecosistemi. Questo lo abbiamo capito al nostro primo rilievo sulla spiaggia più erosa dell’arco jonico, il progetto ha previsto l’approdo della cabina giunti e sottostazione su un area che, purtroppo, è già diventata spiaggia, e l’acqua del mare vi fa capolino normalmente; l’area di per sé è già antropizzata da scarico nucleare, pozzo di gas non ancora caratterizzato, ma la cosa più grave è che l’area sotto l’Itrec è inquinata e sotto caratterizzazione, per la presenza di cromo esavalente e trielina (certificato da Arpab)».
Se questo non bastasse, il ragionamento va anche sulla vocazione del territorio ed i suoi pregi storico-archeologici: “Ci sarebbero poi i beni archeologici di terra (Tratturo del re, fiume greco Rivolta e porto di Siris da portare alla luce), o i Piani di sviluppo turistico del Comune di Rotondella. L’unico investimento che andrebbe fatto subito, oltre alle bonifiche, è fermare l’erosione costiera. E poi i 60 chilometri di cavidotto ad altissima tensione, da scavare in doppia trincea per raggiungere Aliano nelle nostre strade comunali, provinciali, statali già dissestate e insicure. Dai documenti (solo ipotesi concettuali) presentati, le aree marine e del cavidotto rischierebbero di essere interdette con limiti per il transito, la pesca, l’ancoraggio (altro che cozze e gite con le barche alle pale eoliche). Nel cumulo di ben tre progetti già presentati al Mite più le istanze e i permessi di ricerca petrolifera (le pale eoliche non escludono le trivelle), il golfo di Taranto sarebbe pericolosamente limitato nelle attività marinare e allo stesso transito. Il paesaggio sarebbe modificato definitivamente -concludono gli ambientalisti jonici- sono pale alte 268 metri (circa l’altezza del Comune di Montalbano Jonico), ben visibile da oltre 20 km dalla linea costa; le simulazioni dalla spiaggia sono smentite da quelle relative ai piani di osservazioni che salgono gradualmente nel golfo, soprattutto dai monumenti storici presenti».