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«Porte aperte e dialogo continuo così renderò Matera più sicura», parla il nuovo Questore Ivagnes

 
Gianluigi De Vito

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Gianluigi De Vito

«Porte aperte e dialogo continuo così renderò Matera più sicura», parla il nuovo Questore Ivagnes

«Bel lavoro svolto e squadra rodata. È una città sana, laboriosa, s’è guadagnata il diritto di ricevere tutta la sicurezza che merita»

Martedì 10 Gennaio 2023, 14:37

Il primo conflitto è sul lessico. Signora questora, Emma Ivagnes. Benvenuta. Bruttina la concordanza al femminile.

«Sono Questore e basta. Come ero “il dirigente” e basta».

Rimane il fatto che è il primo questore donna a Matera, tra le venti o giù di lì d’Italia, e per giunta in una delle poche sedi, forse l’unica, in cui è donna anche il vicario, Adriana Cappena. Da questo processo di «femminilizzazione» che può solo fare bene, quale valore aggiunto immediato dobbiamo attenderci?

«Non ho mai sentito l’essere donna come uno svantaggio, sono in Polizia da 34 anni e allora le donne funzionario non erano tantissime. Dirigere servizi di ordine pubblico come dirigente e donna, quindi, con i reparti inquadrati, con una serie di funzionari, è una cosa che dal mio punto di vista è avvenuta in maniera naturale. Non ho mai avuto modo di sentire differenze o di avere delle difficoltà, anche perché quello che le comunità chiedono è di avere una persona efficiente, affidabile, una persona di cui potersi fidare, se è capace di guardarti le spalle, di proteggerti».

Anche lei salentina come il predecessore Nicolì. La Puglia è un serbatoio da cui la vicina Matera pesca: di solito l’incarico coincide con la fine della carriera - e non ci sembra il suo caso - oppure con un trampolino per altri incarichi in sedi più prestigiose. Rimarrà almeno due anni?

«Ho imparato a vivere alla giornata sia dal punto di vista personale che dal punto di vista professionale»

Non faccia la modesta, arriva con un curriculum pesante maturato dalla Mobile all’Ordine pubblico, in giro per l’Italia. È primo dirigente da anni quindi...

«...quindi la risposta è quella che le ho dato prima. Vivo alla giornata. Sono al primo incarico da questore, troppo presto per fare qualunque tipo di bilancio e di discorso».

Lei passa per essere una «pragmatica». Il calendario le è amico, non ci sono grandi eventi all’orizzonte. L’unico, la Madonna della Bruna, il 2 luglio: ogni volta è bufera e l’assalto al carro sono brividi di morte. Che cosa si porta della sua esperienza nella gestione dell’ordine pubblico della Notte della Taranta? Ha un modello?

«Prima di arrivare all’ordine pubblico, dobbiamo partire dalla Commissione provinciale sui pubblici spettacoli. L’esperienza della notte della Taranta inizia con la Commissione. La prima riunione la facciamo molti mesi prima e quindi man mano si fa un programma, si distinguono le competenze, si fanno delle richieste agli organizzatori, si valutano poi le risposte da parte degli organizzatori».

Che situazione interna trova?

«Quella di un bel lavoro svolto e di una squadra rodata»

Che Matera s’apetta?

«È una città sana, laboriosa, s’è guadagnata il diritto di ricevere tutta la sicurezza che merita»

Senza cedere alla tentazione retorica della cosa da fare nei primi cento giorni, da dove comincerà?

«Dalla prevenzione, è la parola d’ordine, non retorica. Matera è attenzionata a livello mediatico dappertutto. Ma questa città la voglio vivere non solo da questore. Non ci sono solo le grandi operazioni, anche il rilascio del passaporto, o un permesso di soggiorno, sono la risoluzione di problemi».

Una città-camomilla, tutto sommato. Anche il turismo non scatena emergenze. Però nella fascia ionica è tutta un’altra storia, non le pare?

«Matera è una città che si gira facilmente, le dimensioni sono quelle. È un turismo molto tranquillo, selezionato. Chi viene qui non lo fa per passare una notte “brava”»

Lei ha guardato in faccia la Sacra corona unita, le nuove affiliazioni mafiose. Sa bene che ci sono spinte ‘ndranghetiste nel Metapontino. Le agromafie incalzano e le holding della droga, anche se non radicalizzate, allungano i tentacoli. Ha già idea di cosa fare?

«Come lo era negli anni passati la provincia di Lecce, la provincia di Matera è terreno fertile e quindi un terreno da conquista. Non certo e solo per merito mio, la Sacra Corona Unita è stata in qualche modo veramente ridimensionata. Credo che nella provincia di Matera dobbiamo evitare che si giunga al punto della Scu».

Sotto traccia c’è l’allarme povertà che fa scivolare nel racket e nello spaccio. L’ha considerata questa urgenza?

«L’ho considerata e conto moltissimo sulla collaborazione dei cittadini. Perché se vogliamo evitare che diventino vere e proprie infiltrazioni difficili poi da sradicare, è importante il dialogo col cittadino, che naturalmente si deve potere fidare delle forze di polizia. Il dialogo c’è se dall’altra parte si sa che, parlare, dire, riferire, non significa essere abbandonati».

Siamo alle solite: non si denuncia mai abbastanza. D’accordo. Ma ci dica come si supera la paura a esporsi?

«Con un lavoro che dobbiamo fare a porte aperte, con la riservatezza che viene comunque sicuramente assicurata a chi parla, con una selezione attenta dei referenti che devono essere delle persone assolutamente affidabili. Il questore dovrà fare un bel lavoro per essere sicura di questo»

C’è una spia rossa che riguarda Matera città, e l’immediato hinterland di Montescaglioso, Bernalda, Pisticci. Ed è la droga assicurata da fornitori pugliesi e albanesi. Converrà che siamo a un grado già alto del livello di preoccupazione, o no?

«Se c’è domanda è chiaro che c’è offerta. Ma dal lato della domanda, da quello che ho potuto vedere, il rifornimento ancora non avviene nella città di Matera o nella provincia. I “depositi” sono in Puglia, in Calabria. Ciò non toglie che possa esserci un allargamento del fronte e quindi trovare una sede. Fino ad ora non mi pare che questo sia accaduto e lo possiamo escludere con una certa sicurezza».

Caporalato. Quasi, si minimizza. Ma il Metapontino è un inferno. E anche su minori stranieri soli e Cas (centri di assistenza straordinaria) andrebbe assicurata una maggiore pressione di controlli per non farsi sfuggire di mano la situazione: s’è fatta un’idea di come intervenire?

«Ci saranno delle riunioni, dei tavoli tecnici a cui parteciperemo, ma riguardano tutti gli altri enti interessati a queste attività, quindi Ispettorato del lavoro, Inps, i Carabinieri per quanto riguarda gli aspetti di specifica competenza. Sicuramente ci saranno riunioni per programmare interventi che non ci facciano trovare scoperti».

La sua vita è stata costellata anche da pagine di sofferenza: ha perso un marito poliziotto in un’operazione. Che cosa si porta di quella perdita impareggiabile?

«Questo mio incarico è sicuramente dedicato a mio marito, medaglia d’oro al valor civile. È venuto a mancare più di vent’anni fa. Oggi nel depositare la corona presso i Caduti il mio pensiero è stato rivolto a tutti e in particolare naturalmente a lui. Quello che stava facendo l’ho vissuto in prima persona. Mi porto la grande forza, il grande attaccamento all’uniforme, il grande senso di appartenenza».

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