MATERA - La porta del turismo della Basilicata e i tanti siti chiusi. È il paradosso della Capitale europea della cultura 2019. Un limite che ha parzialmente penalizzato Matera anche nell’anno continentale e che ripropone con forza il tema della gestione e della fruizione dei contenitori culturali.
Perché se è vero che la pandemia ha fortemente ridimensionato l’ascesa della città, come del resto altri centri d’arte per quanto concerne il segmento turistico, è altrettanto vero che le prove di ripartenza sono ormai imminenti con il prossimo ponte di Pasqua ed una campagna vaccinale che può schiudere nuovamente le porte anche ai visitatori stranieri.
Il dato oggettivo, tuttavia, è che al momento restano chiusi siti come il Castello Tramontano, così come le chiese rupestri situate sul Belvedere di Murgia Timone, alcune delle quali sottoposte all’intervento di restauro architettonico e decorativo proprio nell’area del Parco Archeologico Storico Naturale delle Chiese Rupestri del Materano. Tra queste chiese figurano Madonna delle Croci, Madonna delle Tre Porte, San Falcione, Sant’Agnese, San Vito e San Pietro in Princibus conosciuta anche come San Nicola all’Appia. I lavori eseguiti nell’ambito del Contratto istituzionale di sviluppo (CIS) di Matera 2019, erano stati osteggiati da cittadini, liberi professionisti, associazioni ed alcune forze politiche perché non ritenuti rispettosi dello stato dei luoghi all’interno dell’area protetta. Invitalia, soggetto attuatore del Cis, aveva precisato che «il Documento di Programmazione dell’Intervento relativo all’affidamento della progettazione e direzione lavori è stato redatto su precisi input forniti dal Comune di Matera ed è stato poi condiviso con tutti i diversi interlocutori istituzionali interessati».
La Commissione consiliare Salvaguardia Altopiano Murgico presieduta da Pasquale Doria, dal canto suo, aveva evidenziato una serie incongruenze degli interventi eseguiti, tra cui il fatto che i lavori, fatta eccezione per San Falcione che ricade nella cosiddetta “Zona B”, gravitano nella “Zona A” di riserva integrale, disattendendo quanto invece sancito dalla legge numero 11 del 3 aprile 1990 sulla Istituzione del Parco archeologico storico naturale delle Chiese rupestri del Materano, ovvero che «l’ambiente va conservato e ricostituito nella sua integrità» e che «sono consentiti solo interventi di mantenimento e restauro delle componenti ambientali ed antropiche, da condurre su esplicita autorizzazione dell’Ente Parco». Prescrizioni, evidentemente, che non consentono gli scavi e «qualsiasi lavoro che comporti modifiche all’aspetto del terreno e della vegetazione».
L’intervento su Murgia Timone, al netto delle polemiche che si sono susseguite, risulta monco di un Piano di gestione dei siti. Resta non fruibile anche il Centro visite di Jazzo Gattini sempre su Murgia Timone. I siti in questione, in carico all’Ente Parco, in attesa del bando di affidamento e gestione, dovrebbero comunque essere aperti in via temporanea nelle prossime settimane. «Il bando è in via di definizione - dichiara il consigliere comunale Mario Montemurro, componente per del Consiglio direttivo dell’Ente Parco della Murgia - . I tempi per l’espletamento non sarebbero brevi, per cui l’orientamento è quello di procedere ad un affidamento ponte delle chiese rupestri, di Jazzo Gattini e di Masseria Radogna».
Nel circuito urbano delle chiese rupestri, invece, risultano chiuse la chiesa di Santa Barbara e la Chiesa del Cappuccino vecchio nell’area del rione Casalnuovo e nei Sassi la chiesa di Santa Barbara.
«Va aperta una discussione sui siti che gravitano nell’area del patrimonio Unesco - dichiara Nicola Taddonio, presidente di Confguide. Siamo pronti a dare il nostro contributo. Auspichiamo chiarezza per quanto concerne i piani di gestione ed i relativi bandi». «Nelle ultime settimane - rileva la guida turistica Luigi Mazzoccoli - si registrano numerose prenotazioni dall’Italia e dall’estero. È un motivo in più per garantire la fruizione di tutti i siti, consapevoli che Matera è ormai un brand consolidato».