Pisticci (Matera) - L’ha definita una storia semplice. Anche se il risultato finale è stato determinato da un’attività sicuramente molto complessa. Domenico Grieco è un imprenditore di Pisticci (Matera) che opera nel settore della termoidraulica. Nel periodo del lockdown ha iniziato ad arrovellarsi il cervello sugli eventuali strumenti utili a bloccare o, se non altro, a limitare, gli effetti negativi delle famigerate goccioline che trasmettono il Covid-19. La sua idea si chiama «block droplets». «Dal primo giorno in cui ho cominciato ad indossare la mascherina mi sono chiesto come avremmo potuto sopportarla per un periodo lunghissimo. E ho cominciato a farmi domande su come la mascherina blocca la potenziale infezione e sulle eventuali alternative».
In concreto, come è arrivato al dispositivo?
«Una sera stavo guardando la partita con i miei figli e ho visto l’arbitro indossare un’asta. Stessa cosa per gli altri tre arbitri che operavano a bordo campo. Ho così cominciato a incuriosirmi e a immaginarmi con un’asta simile posta sul volto per altri scopi. Ho iniziato a fare ricerche e mi sono reso conto che anche gli anchorman televisivi e i cantanti spesso indossano microfoni simili. Da qui è partita la mia idea».
Di cosa si tratta, in concreto?
«Di un dispositivo portatile di protezione individuale contro virus, batteri ed allergie, che attraverso un condotto preleva l’aria da bocca e naso e la trasferisce in un apparecchio portatile delle dimensioni di un marsupio. Lì viene disinfettata, resa innocua da virus, allergeni e batteri ed espulsa nell’ambiente. Sempre dall’esterno l’apparecchio preleva dell’aria che viene disinfettata, resa innocua e portata con un secondo condotto vicino alla bocca per essere inspirata. I due tubicini inoltre, uno di fronte all’altro, con le rispettive differenze di pressione, creano una barriera d’aria che evita arrivi frontali di aria ed evita che chi usa il dispositivo possa espellerla, appunto, frontalmente».
Qual è il vantaggio?
«Che i due tubicini, da sperimentazioni fatte, sono distanti uno rispetto all’altro e lasciano la bocca libera per tutte le sue naturali funzioni. Ma per arrivare al dispositivo di protezione individuale completo vero e proprio, la strada non è stata né breve, né semplice».
All’attività di ricerca ha fatto seguito un’intensa sperimentazione.
«Sì. Per arrivare ad aspirare aria dalla bocca attraverso un condotto con le stesse sembianze di un’asta di microfono come quello di arbitri e cantanti, ho cominciato in primis a creare le condizioni perché l’aria, per così dire, si vedesse, utilizzando gli strumenti in mio possesso. Sono un impiantista termo-idraulico e quindi spesso ho a che fare con bombole di gas e ossigeno. Ma ho anche tre figli e, quindi, ho avuto a che fare con macchinette per l’aerosol. Senza contare la collaborazione di mia moglie, Maria Carmela Guida, che è medico, e mi ha dato delle dritte. Con una bombola di ossigeno, un’ampolla per aerosol e dei condotti medicali per trasporto di ossigeno, ho simulato il nostro respiro “visibile” e le goccioline, verificando che il mio dispositivo funziona alla grande».