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Quelle eterne smanie per la villeggiatura. Dal Goldoni in poi...

 
Michele Mirabella

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Michele Mirabella

Quando c'è la salute, c'è Michele Mirabella

Ma tutto svapora alle prime avvisaglie autunnali, quando si rompe il tempo e scade il periodo del tutto compreso

Domenica 25 Giugno 2023, 11:46

Gli interminabili ponti di feste aggiogate ai pretesti più fantasiosi hanno anticipato le smanie per la villeggiatura. Dal Goldoni in poi, furono così chiamate le ansiose settimane di preparativi agli ozi stagionali. Proviamo a improvvisare.

«Si preparino le ceste, si aggioghino i tiri a quattro, i valets de chambre carichino i bauli e le cappelliere, le governanti accudiscano i bambini, i cuochi e gli sguatteri allestiscano il desinare al seguito di lor signori, staffieri e conducenti prendano posto a cassetta, si avvertano i postiglioni che preparino i cambi di cavalli alle stazioni di posta ove sarà pronto, all’ombra del pergolato, il rinfresco per i viaggiatori onde possano, poi, riaffrontare la fatica della strada ristorati nel corpo e nello spirito. La meta è, finalmente, la villeggiatura».

Molte smanie l’hanno preceduta, ma, finalmente, è arrivata: la nostra villeggiatura. Ma le smanie non sono le stesse. Ho usato nella descrizione quello che un tempo, a scuola, era chiamato «presente storico» impartito dalla letteratura.

Passiamo al presente reale. La tirannica regalità ossessiva è l’informatica diramante per telefonini, computer, aggeggi vari per vivere beatamente idioti in uno spazio-tempo fittizio e rimbambito. Anche io sono spesso tra questi, lo ammetto. Ma mi sto emendando. Gli è che le smanie goldoniane e le aristocratiche pigrizie estatiche son abolite e ci piace accomodarci nel tempo assente che la modernità ci smercia. E restare, dunque, sempre nello stesso posto. Anche se, fisicamente, stazioniamo ebeti, dall’altra parte del pianeta.

Salvo il caso delle crociere che «sono» il viaggiare, oggi il muoversi dura poche ore, la preparazione è rapida, la servitù inesistente e l’avventura può consistere, al massimo, nello sbagliare strada allo svincolo autostradale o nell’ingorgo micidiale al casello. Ma le smanie restano. Quelle, si. Sono smanie non «per» la villeggiatura, ma «durante» la villeggiatura. Quelle sono addebitabili a tutte le età della storia.

E si tratta delle smanie amorose, incoercibili borborigmi erotici, che si attivano immancabilmente al solstizio turistico, si accendono al check-in, alla stazione dei treni, al casello, al ricevimento dell’albergo, sostenute e tramate dalla comunicazione informatica che rende disoccupati i mezzani e le furbe cameriere ai piani. Un messaggino! e via con la banalità.

Ma tutto svapora alle prime avvisaglie autunnali, quando si rompe il tempo, scade il periodo del tutto compreso o finiscono le ferie e si torna a casa. Col telefonino greve di messaggini scemi. Di queste smanie sono vittime tutti, confessiamolo, come se la villeggiatura (oggi si dice vacanza) fosse una sorta di zona franca, una sospensione del tempo, una ingiunzione dell’edonismo, una dolce e irresistibile istigazione ad arrendersi alle debolezze della carne. Debolezze perentorie, s’intende, e indiscutibili. Il concetto di peccato si illanguidisce e si diluisce perdendo asprezza. Il tempo di questa stagion dei fiori è risicato e tiranno, si commisura con i turni aziendali, con l’ansia produttiva del lavoro e dei cottimi, con le non pingui risorse economiche e, dunque, non ne va perso neanche un attimo.

Il corteggiamento, l’armeggiare, la fase del richiamo cominciano subito, quindi. Già in viaggio, già nelle precipitose partenze, nelle sudaticce code autostradali, nelle sale d’aspetto, allacciandosi le cinture di sicurezza o aspettando il bagaglio al nastro trasportatore. Gli auricolari del telefonino roventi suggeriscono: se non si è disposti a cambiare strada, programma ed itinerario, meglio lasciar perdere. Se si viaggia accompagnati, poi, non ne parliamo, diventa un lavoro. Può comportare scelte drastiche di vita: abbandonare per sconosciuti altri la compagna o il compagno in carica durante la corsa non è bello. Si rischia di dimenticare moglie e figli all’autogrill senza soldi e documenti. E senza telefonino. È successo. Si guasta la festa inutilmente perché si rischia di finire al Commissariato.

L’idillio abbisogna di tempi rilassati, di calma, di pause: è un «largo cantabile», non un «presto molto». Dunque, non gli si confanno le frenesie viaggiatrici del tempo nostro, né le complicazioni burocratiche del villaggio planetario, il tedio dei gruppi vacanze, il mordi e fuggi delle fini delle settimane. Se capita di incrociare sguardi rapinosi dietro i finestrini dell’automobile, sorrisi uncinanti durante un cambio d’olio, ammiccamenti appassionati al binario 12, squilli anonimi e massaggi lascivi, essi vanno considerati regali del destino, fiori da non cogliere, gratifiche dell’estate. E basta.

Facciamone una ragione: i viaggi sono troppo corti anche per i cortissimi amori estivi, anche per le fulminee smanie della villeggiatura. Ne riparliamo il prossimo anno. Ma dubito che si troverà una soluzione.

Negli ineffabili anni ‘60, il cantante Piero Focaccia si pose il problema e cantò Per quest’anno non cambiare, stessa spiaggia, stesso mare. Per poterti rivedere. Per tornare, per restare insieme a te! Fu, addirittura, tradotta in latino da qualche goliardo in villeggiatura: In hoc anno noli mutare / eodem actaet eodem mare / ad te rursusrevidendam ut parumper toto cordetecumstarem.

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