LECCE - Il protagonista dei nuovi scavi dell’Anfiteatro romano, il professor Francesco D’Andria, archeologo stimato in tutta Italia e all’estero e apprezzato anche dal ministro della Cultura Alessandro Giuli, è entusiasta per l’esito dell’incontro di martedì scorso a Roma. Il ministro ha assicurato al sindaco Adriana Poli Bortone pieno sostegno economico per scavi e valorizzazione dei resti dell’Antica Roma a Lecce. I tempi sono maturi. Si può andare avanti: piazza Sant’Oronzo cambierà, via Alvino cambierà. D’Andria lancia l’idea degli scavi aperti al pubblico, con archeologi «narranti».
Professore, l’incontro tra il ministro Giuli, il sindaco Poli Bortone e il senatore Marti è stato un punto di svolta per valorizzare le tracce dell’antica Roma a Lecce? I nuovi scavi andranno avanti?
«Penso proprio di sì: riporteremo alla luce una nuova parte dell’Anfiteatro. Il risultato è molto positivo. Ho stima di Giuli: certamente farà bene, perché è molto legato al Salento. Anche con il sindaco siamo sulla stessa lunghezza d’onda. Noi abbiamo scoperto un lato dell’Anfiteatro romano che non pensavamo fosse così ben conservato: è una grande sorpresa. L’obiettivo di questi nuovi scavi dev’essere quello di colmare una lacuna che era rimasta, perché sia gli scavi di De Giorgi, sia quelli del ventennio fascista, erano stati fatti senza il metodo stratigrafico».
Il metodo che prevede di rimuovere strati di terreno rispettando la successione cronologica e di raccogliere i materiali collocandoli in una precisa sequenza cronologica.
«Prima si procedeva con gli sterri. Ora, con il nuovo metodo stratigrafico, lo scavo, secondo me, dev’essere aperto al pubblico, spiegato. Non più uno scavo dietro i paraventi, ma un’operazione di riscoperta che punta alla partecipazione popolare e coinvolge anche i turisti. È questo, secondo le impostazioni e i metodi dell’archeologia più moderna, che valorizza la dimensione sociale e pubblica. Qual è il senso di questi scavi? Vogliamo capire e raccontare quello che succede anche durante il Medioevo, epoca in cui la zona dell’Anfiteatro era una delle uniche abitate. Vogliamo sapere che cosa succedeva nell’Anfiteatro in quel periodo, vogliamo raccontare, attraverso lo scavo stratigrafico, le trasformazioni storiche di questo monumento che è stato sempre il cuore di Lecce. Si tratta di un approccio globale allo studio della città, attraverso le metodologie dell’archeologia urbana, che significa partecipazione popolare».
Un trasferimento culturale della scoperta facendo partecipare i cittadini?
«Un trasferimento anche emozionale. Uno scavo partecipato, Dove ogni giorno, dopo la canzone di Tito Schipa, un archeologo spiegherà a che punto sono i lavori».
Ci sarà la possibilità di osservarli?
«Una volta che sarà progettato lo scavo, gli architetti dovranno pensare a una soluzione per ammirare la grande novità. Potrebbe essere una passerella o altro. Potrebbe essere anche una copertura con degli oblò che permettono di vedere cosa c’è sotto. Questo tipo di progettazione però non sarà più compito degli archeologi, ma degli urbanisti».
Le piace più l’idea di un vetro di copertura o di un ponte che rende i beni più accessibili e meglio visibili dall’alto?
«Abbiamo l’esperienza del ponte di Calatrava a Venezia, che è tutto di vetro, però i visitatori ci scivolano spesso. Bisogna trovare una soluzione efficiente per passare sugli scavi senza rischi. È un’occasione straordinaria anche per i commercianti. Sarà un modo nuovo di pensare la piazza Sant’Oronzo, in cui c’è una sintesi di Lecce: la cappella dei Veneziani, la colonna della Via Appia con sant’Oronzo per finire all’Anfiteatro. Fermo restando che gli obiettivi devono essere portare alla luce quello che manca, capire con lo scavo stratigrafico quali sono le trasformazioni, poi completare anche la scoperta del corredo di sculture, perché certamente verranno fuori altre sculture di questo fregio bellissimo. È il momento migliore: anche in Italia si torna a parlare dell’antica Roma con la proiezione del Gladiatore 2».
Quello che è descritto nei film accadeva anche a Lecce 2000 anni fa?
«Anche l’anfiteatro di Lecce era utilizzato per due cose: le venationes: caccia delle belve feroci, sfidate dai gladiatori e poi per i combattimenti tra gladiatori, che si concludevano con la morte del soccombente».
Lecce può fregiarsi di due anfiteatri…
«Lecce è famosa per il barocco e va benissimo, ma è famosa anche per il periodo romano. A parte Roma, non esiste una realtà così ricca: con l’anfiteatro di Rudiae e quello di Lecce, il Teatro romano di Lecce e quello di Rudiae. Quattro edifici teatrali fruibili non ce li ha nessun’altra città, a parte la Capitale. Il porto romano di San Cataldo testimonia la Lecce città di mare dei romani, una città di marmo, elemento che veniva trasportato attraverso il mar Mediterraneo, una situazione molto diversa dalla Lecce barocca, fatta di pietra leccese. Il marmo era importato dall’Africa e dalla Grecia. La Lecce dell’Antica Roma supererà l’importanza della Lecce barocca».