GALLIPOLI - C’era una volta il “Samsara”. Cominciano così le favole o almeno i racconti di fatti molto lontani nel tempo e nel caso del “Samsara” non ricorre nessuna di tali condizioni. Eppure, sembrano passati ben più di cinque anni dall’ultima stagione balneare dello stabilimento. E sembrano passati decenni, a vedere lo stato di degrado della struttura segnalato in redazione da alcuni bagnanti. Forse proprio la tranquillità di luoghi immemori della pregressa pressione antropica, ha favorito percorsi “fuoristrada” rispetto alla litoranea per curiosare e chiedersi «come possa Gallipoli, con la sua bellezza e il suo mare, consentire un simile sconcio».
In realtà, guardando in lontananza dall’arenile, si ritrova il profilo bianco di un volume familiare. Dalla litoranea, però, guardando l’accesso al “Samsara”, quello che poteva passare inosservato nel viavai di migliaia di bagnanti, si manifesta in tutta l’evidenza di pannelli abbattuti e frantumati, assi di legno divelte e sbriciolate, cartelloni di metallo contorti e arrugginiti.
Il decadimento dovuto all’azione del tempo, della salsedine, delle sciroccate, diventa del tutto evidente sulla struttura ormai fatiscente. Avventurarsi all’interno è indubbiamente pericoloso: il pavimento potrebbe cedere, come è già avvenuto in molti tratti; alcune sovrastrutture di legno sono volate vie, altre sono pericolanti.
Quanto durerà questo stato di cose, naturalmente destinato a peggiorare?
Difficile dirlo. Intanto, bisogna ritornare indietro fino al 13 febbraio dell’anno scorso, quando il Comune, «accertata l’inottemperanza allo sgombero delle opere abusive poiché prive di titolo edilizio, paesaggistico e demaniale» che era stato ordinato nel 2019, dispose, con ordinanza dirigenziale, l’acquisizione a titolo gratuito del bene al patrimonio comunale. Dove la mancanza di titolo edilizio era collegata al fatto che «trattandosi di strutture stagionali diventate permanenti per mancato smontaggio, le stesse sono da considerare “nuova costruzione”, a norma del Decreto del presidente della Repubblica 380/2011». La stessa norma era invocata, in forza dell’articolo 41, anche per il passaggio alla Prefettura della competenza della procedura di demolizione.
La società “Sabbia d’oro”, titolare del lido, contestò di non essere responsabile della mancata demolizione che motivava l’acquisizione al patrimonio comunale, considerato che nel 2019 il manufatto era sottoposto a sequestro dell’autorità giudiziaria.
A quanto risulta, dal febbraio del 2022 non è cambiato nulla. Cambierà, prima dell’estate 2024?