LECCE - Caso pronto soccorso: il dg “abbraccia” gli operatori sanitari e bacchetta chi lamenta assistenza inadeguata. Dopo il caso sollevato dalla figlia di una 76enne portata in pronto soccorso, al Dea di Lecce, domenica pomeriggio, che denunciava mancanza di empatia, assenza di informazioni e scarsa attenzione verso le condizioni di sua madre, i medici respingono tutte le accuse, ma in più si dicono esasperati al punto di essere pronti a firmare le dimissioni in massa. Dalla loro parte Rossi che ieri mattina è andato personalmente al Dea per dare solidarietà al personale e mostrare riprovazione verso denunce che secondo Asl non sono fondate.
«Gli operatori e le operatrici dei Pronto soccorso della nostra azienda, del Vito Fazzi in particolare, subiscono quotidianamente vessazioni, aggressioni verbali e a volte fisiche - hanno fatto sapere dalla direzione generale - insulti al limite della denuncia penale. Sappiamo quanto il fenomeno sia nazionale, così come nazionale e regionale è l’iperafflusso e il sovraffollamento dei Pronto soccorso in alcuni periodi dell’anno e in alcuni giorni della settimana. Vogliamo però stigmatizzare i numerosi comportamenti ineducati e irrispettosi nei confronti di chi, giorno e notte, opera nei Servizi di Emergenza e Urgenza. Esprimiamo solidarietà e vicinanza agli operatori dei Pronto soccorso protagonisti di episodi incresciosi, nella consapevolezza delle strutturali e, occorre dirlo, diffuse carenze di personale che, stiamo provando, ad affrontare».
Poi l’appello: «Il racconto di storie di presunta negligenza, lentezza nella presa in carico e mancanza di comunicazione tra operatori e familiari, in articoli di stampa o servizi tv contribuisce a costruire un clima di tensione e sfiducia. Per questo avvertiamo la necessità di rivolgere un appello alla medicina territoriale, al mondo dell’informazione e ai cittadini, chiedendo a tutti di fare la propria preziosa parte per un corretto e appropriato accesso ai Servizi di Emergenza e Urgenza e per la promozione del rispetto del lavoro e della dignità degli operatori sanitari».
Nel merito di quanto descritto da Angelica Longo, figlia della 76enne protagonista del caso di cronaca, hanno parlato i medici che l’hanno seguita nei vari turni di servizio: Marinella Marrazzi, Antonio Marzo, Raffaele Gaudio, Alberto Metrangolo e Gabriella Ponzetta, tutti concordi nel dire che la paziente ha avuto tutte le cure del caso, che quella che viene percepita come attesa è in realtà il tempo dello studio clinico del caso, che fanno i salti mortali per dare un servizio adeguato con le poche forze in campo. In effetti, a fronte dei 31 medici che dovrebbero essere in servizio, ce ne sono solo 15, e quest’estate, per poter fare le ferie, saranno solo due per turno a coprire i codici rossi e gialli, i verdi, l’Osservazione breve intensiva che in realtà è un vero e proprio reparto dove, quando va bene, ci sono sei degenti, perlopiù anziani, e quando gli accessi sono in eccesso accade, come lunedì scorso, di averne 19 e altrettanti nella sala dedicata ai codici gialli.
«Non si può prendere un caso unico, che si può verificare - precisano i medici a una voce sola - può accadere che si dimetta una persona con valore basso di emoglobina e per il medico che lo visita a casa è facile criticare quella dimissione, ma forse non sa che è stata concordata come accade nel 99 percento dei casi che riguardano gli anziani. Nel caso di questa signora, i parenti, domenica, stavano quasi picchiando il cardiologo. Sono comportamenti inaccettabili e noi siamo offesi perché questa donna, tutti i pazienti è stata curata e non “dimenticata”. Siamo così esasperati che siamo pronti ad azioni clamorose, anche le dimissioni in massa».