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Inchiesta tangenti a Otranto, gli ex sindaci Cariddi: «non siamo terroristi»

 
Redazione online

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Otranto, i fratelli Cariddi rompono il silenzio

Pierpaolo e Luciano Cariddi, in carcere dal 12 settembre, hanno chiesto di essere interrogati

Depositato il memoriale dai legali dei fratelli Luciano e Pierpaolo Cariddi

Mercoledì 26 Aprile 2023, 19:36

OTRANTO - «Non siamo terroristi e non abbiamo fatto mai male a nessuno. Il delitto per il quale siamo puniti anticipatamente è quello di aver preso parte alla vita pubblica di Otranto. La nostra colpa è di essere stati scelti, dai cittadini, come sindaci».

E’ questo uno dei passaggi delle dichiarazioni spontanee scritte a firma degli ex sindaci di Otranto, i fratelli Pierpaolo e Luciano Cariddi, depositate dai legali Gianluca D’Oria e Viola Messa nel corso dell’udienza preliminare davanti al gup di Lecce Alessandra Sermarini per l'inchiesta 'Hydruntiadè. Si tratta del procedimento sui presunti favori in cambio di sostegno elettorale, nella quale sono coinvolte 60 persone, tra cui i due ex amministratori del Comune in provincia di Lecce. Per i fratelli Cariddi il 12 settembre scorso furono disposti gli arresti domiciliari, poi revocati pochi mesi fa, e sostituiti con il divieto di dimora ad Otranto.

Oggi nel corso dell’udienza preliminare il procuratore aggiunto Elsa Valeria Mignone e la pm Giorgia Villa hanno avanzato richiesta di rinvio a giudizio per i due ex sindaci accusati di «corruzione sistematica finalizzata al controllo del territorio» e per altri 56 imputati. Sono state avanzate solo due richieste di proscioglimento.

Nelle dichiarazioni depositate oggi i due fratelli riferiscono di «aver sempre rispettato la legge, di non aver commesso alcun illecito, di aver agito nell’interesse dei cittadini». Poi la richiesta di poter superare in fretta la fase dell’udienza preliminare «per essere giudicati al più presto, nel pieno contraddittorio delle parti, davanti - scrivono nel memoriale Pierpaolo e Luciano Cariddi - a un giudice terzo e imparziale e poter provare, finalmente in posizione di parità con i nostri accusatori, che i fatti che ci vengono addebitati non sussistono». «Sappiamo che la nostra ostinazione nel professarci innocenti suona oltraggiosa per chi ci accusa con tanta veemenza, ma anche se oggi la nostra voce è flebile e inascoltata, siamo certi che nel processo - concludono - emergerà l’infondatezza di tutte le imputazioni. Perché la verità è più forte di qualsiasi potere.» L’udienza è stata aggiornata al prossimo 5 maggio.

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