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Lecce, presidente Ordine Medici: «Lockdown nazionale unica soluzione»

 
Monica Carbotta

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Monica Carbotta

Lecce, presidente Ordine Medici: «Lockdown nazionale unica soluzione»

«È la sola prospettiva data l'aggressività pandemica»

Venerdì 13 Novembre 2020, 11:50

«Un lockdown nazionale intensivo e unico è la sola prospettiva consentita dall’attuale aggressività pandemica» non ha dubbi il presidente dell’ordine dei medici di Lecce Donato De Giorgi.

Presidente quindi lei è in linea dunque con quanto dichiarato dal presidente nazionale Filippo Anelli?
«Sì. La pandemia ha messo in evidenza che la salute rappresenta l’aspetto più rilevante nella nostra vita. È la salute che deve determinare tutte le altre nostre scelte. Proporre da parte nostra, insieme alla Federazione Nazionale dei Medici e al dottor Anelli, un lockdown nazionale intensivo e unico è l’unica prospettiva consentita dall’attuale aggressività pandemica».

Nessuna altra azione possibile?
«No. Ogni altra azione che possa lasciare aperte altre attività, potrebbe rischiare di determinare la chiusura delle stesse non ad opera del decisore politico, ma dello stesso virus, allorquando il contagio potrebbe determinare la chiusura di una scuola o un’impresa. La nostra decisione è una sofferta e angosciosa scelta, ben sapendo quanto sia duro per tutti proporre chiusure ad una società e ad una economia che aveva appena avuto modo di immaginare e organizzare una rinascita, veloce e forte per fare fronte a quanto vissuto meno di 6 mesi fa».

Quindi la suddivisione a zone non aiuta?
«No. Non è di grande aiuto. Se abbiamo avuto plauso internazionale e risultati confortanti durante il primo, vero lockdown quando l’aggressività pandemica era quasi esclusiva al nord, a maggior ragione deve essere oggi totale per ambire al meglio. Ma d’altra parte deve essere chiaro che le dimensioni e quindi le problematiche della pandemia sono totali e pertanto adeguate devono essere le risposte. Soprattutto perché a breve non ce la faremo più a contenere, ospedalizzare e trattare i contagiati nella impetuosa crescita che stiamo registrando».

Che caratteristiche dovrebbe avere il lockdown nazionale a suo avviso? E quanto dovrebbe durare?
«Totale. Non solo geograficamente. La durata è determinata dagli elementi epidemiologici che la task force nazionale acclarerà».

L’aumento esponenziale di contagi di questi giorni se l’aspettava?
«Attendevamo tutti una seconda ondata importante, ma probabilmente non così intensa nella gravità epidemiologica; naturalmente temiamo ulteriori sviluppi che potrebbero essere veramente nefasti, prima delle speranze vaccinali. Tuttavia è certamente evidente che siamo sostanzialmente impreparati, se le nostre linee difensive sono del tutto insufficienti».

Qual è la situazione negli ospedali leccesi? Cosa le raccontano i suoi medici?
«Gli ospedali della nostra provincia sono messi veramente a dura prova. Usciti da impietosi riordini e tagli, ridisegnati più volte in seguito alle varie evoluzioni epidemiche, oggi dovrebbero essere in grado di affrontare un progetto di rete distinto nettamente in ospedali Covid ed ospedali non Covid, con percorsi che non si devono assolutamente intralciare. L’ospedale Covid più autorevole e finalizzato è quello di Galatina, sebbene alcuni possono non aver ancora compreso compiutamente la gravità delle evenienze che stiamo vivendo, chiedendo il ripristino di specialità multiple per il comune interessato. Siamo in guerra ed ognuno deve fornire il contributo per ciò che meglio può o sa fare».

E il Dea?
«Il DEA vorremmo che riprendesse al più presto la funzione per cui è stato progettato e realizzato e su cui la Regione ha investito. Come post-Covid sarebbe invece da considerare uno degli ospedali dismessi, ma ancora capacissimi di una notevole accoglienza».

Tutto il resto?
«Tutto il resto deve essere No-Covid. Necessariamente. Perché ciò determina la possibilità di dare assistenza a patologie circa 14-15 volte più frequenti del Covid e che la pandemia ha peggiorato. Il problema vero tuttavia non è questo, ma la carenza dei team assistenziali che devono essere dietro ogni posto letto, con conoscenze, esperienze, capacità, aggiornamento, professionalità, la cui mancanza è oggi certamente una criticità decisiva».

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