Procreazione medicalmente assistita: il Pma di Nardò, presente nel Poliambulatorio «San Giuseppe-Sambiasi», doveva essere il fiore all’occhiello dell’intera struttura e centro di gravità, oltre che di gravidanza, per le coppie di tutta la Puglia meridionale. Invece oggi siamo nella situazione in cui un avvocato, Stefano Martina, si deve battere a tutela di ben 50 coppie di aspiranti genitori per il paventato, da parte della Asl di Lecce, divieto di esecuzione del secondo livello di Pma. «Ciò - spiega il legale - vorrebbe dire interrompere tutte le procedure mediche per le coppie già in cura da almeno un anno con risvolti psicologici e economici rilevanti». Il centro simile più vicino dopo Nardo è quello di Conversano, alle porte di Bari, ma solo nella struttura neritina c’è una lista di attesa di almeno sei mesi. Disagi su disagi, dunque, ed a perderne sarebbe tutto il Salento. Martina, inoltre, spiega di agire anche come membro dell’Osservatorio Nazionale Giuridico della Siru, Società italiana di riproduzione umana, e che le coppie in attesa sono più di 150.
Ad oggi un terzo gli hanno già firmato il mandato ma presto altre persone potranno unirsi alla battaglia. Il centro, come si diceva, è nato per “compensare” la città di un servizio importante dopo la chiusura di tutti i reparti del “Sambiasi”. Doveva essere, e lo è stato per diversi anni, un centro di eccellenza con macchinari costosi e un importante staff. Poi sono iniziati i venti di guerra. A febbraio di quest’anno una onlus ha lanciato la prima pietra chiedendo di trasferire il Pma a Lecce, al “Vito Fazzi”, perché il nosocomio leccese darebbe maggiori garanzie dal punto di vista della sicurezza. Era già un indizio, o meglio la prova, che qualcuno vorrebbe spostare altrove il servizio. Poi altri segnali, sintetizzati dall’avvocato Martina nella lettera inviata alla direzione generale il 18 luglio scorso: «le terapie alle quali si sottopongono le mie pazienti - scrive - sono lunghe e gravose, sia dal punto di vista economico, fisico e psicologico.
Per il completamento dell’iter necessitano di interventi da effettuarsi presso la struttura del Centro Pma. Ad oggi, come da vostro ordine, è stata vietata l’esecuzione di queste attività. Allo stato dei fatti - continua - gli interventi, che sono indispensabili per perfezionare il percorso di procreazione medica assistita, verrebbero preclusi con conseguente vanificazione, e danno, delle costose cure fino ad ora effettuate». Martina diffida la Asl e chiede la soluzione con un provvedimento che consenta di completare il percorso. Infine annuncia, in caso contrario, il ricorso all’autorità giudiziaria per l’interruzione di un pubblico servizio.