BARI - C’è un’Italia che nonostante la crisi pandemica resta in piedi. E, anzi, rilancia la sfida economica ed ambientale con rinnovato ottimismo. «La Puglia ma soprattutto il Salento vitivinicolo stanno attraversando un momento di grande riconoscimento in ambito nazionale e internazionale. Finalmente i sacrifici di intere generazioni vengono gratificati e apprezzati dai consumatori che premiano una qualità indiscussa. Ma il lavoro è ancora tanto». Non si accontenta e guarda avanti Francesco Cavallo presidente di Cantine San Marzano, eccellenza vitivinicola dell’area salentina. Un sistema produttivo, pur messo alla prova dalla pandemia, che ha retto bene la sfida del Covid registrando un trend positivo perfino nel 2021.
Presidente Cavallo, la vostra cooperativa riunisce 1200 viticoltori. Quanto pesano forza e ampiezza di una realtà imprenditoriale in una fase come questa?
«Il successo è proprio nel rapporto forte e coeso tra azienda e base sociale e anche in momenti come questi lo spirito cooperativistico risulta essere la risposta: uniti si vincono le sfide sociali e anche quelle imprenditoriali come il successo continuo riscontrato sui mercati nazionali e internazionali» Qualche cambiamento, però, la crisi lo avrà innescato. «Di certo quanto successo mette alla prova la versatilità dell’anima di una impresa e dunque anche di San Marzano. Bisogna interpretare e adattarsi velocemente ai cambiamenti delle abitudini commerciali come riduzione drastica dell’horeca, incremento dell’e-commerce, gdo intercettando e scoprendo fasce di mercato interessanti. L’efficentamento della logistica e della sostenibilità aziendale sono imprescindibili».
Su che pilastri poggia quindi la ripartenza?
«Qualità della produzione, sostenibilità e territorio sono fondamenta e pilastri su cui la nostra azienda continua a evolversi con un piano di investimenti a tutti i livelli produttivi». In concreto in quale direzione evolve la produzione vitivinicola? «Penso all’agricoltura con metodi di Precision Farming e assistenza tecnica ai soci al fine di trasferire il know-how ai più giovani, ottenendo produzioni di uve qualitativamente eccellenti con il minor impatto ambientale. Ma anche, in cantina, migliorando i processi di produzione on investimenti in attrezzature ed efficientamento energetico. Infine le rinnovabili per l’approvvigiona - mento e un packaging green, oltre al miglioramento delle logiche dello stock di magazzino. E poi c’è un altro passaggio». Quale? «Una azienda cresce se cresce il territorio e, dunque, è indispensabile investire in attività sociali volte soprattutto ai giovani perché rappresentano il futuro».
Capitolo export: come si costruisce una prospettiva internazionale partendo dall’identità regionale?
«Una rete commerciale ha bisogno di professionalità attente e capaci in grado non solo di vendere il prodotto ma anche di riflettere e trasferire visione e mission aziendali. A mio avviso è fondamentale continuare a investire sulle professionalità di giovani vocati a questo tipo di attività. In particolare, nel nostro caso una costante e attenta gestione aziendale, forte anche di cinque export manager, ci ha portati ad acquisire la capacità di trasferire l’identità di un territorio: attività di incoming, ricezione dei bayers, venti culinari, tour degustazioni. Così si trasferisce lo stile, l’identità e la cultura di un territorio»
Infine, le criticità. Quali sono i più gravi intoppi che ricorrono nei processi di espansione?
«Le più ricorrenti sono burocrazia, tempi tecnici, mancanza di infrastrutture e strade nel Sud Italia. L’economia corre a ritmi vertiginosi e pretende risposte immediate. Purtroppo oggi l’Italia, soprattutto quella meridionale, non è in grado di intercettare tutte le opportunità che si presentano. Ma un’azienda progredisce in parallelo al territorio e quest’ultimo si sviluppa solo se, alla base, c’è un sistema in grado di intercettare velocemente le possibilità che si presentano nel mondo. Solo così riusciamo a conservare lo splendido capitale umano esaltando e apportando i benefici che il territorio merita».