Due sono le ragioni alla base della decisione del ministro di uscire dal governo. «Fazio più Finanziaria», dice al "Corriere". «Io me ne vado per Fazio ma anche per una Finanziaria elettorale», spiega a "Repubblica".
Sul fronte Bankitalia il ministro evidenzia l'anomalia di un sistema nel quale «nessuno è in condizione di dire che il governatore non ha più la fiducia del governo». E questa vicenda - dice Siniscalco - «ha colpito direttamente al cuore la credibilità del nostro sistema finanziario», invece «questo Paese, in questo momento, ha bisogno del massimo di credibilità «.
A pesare sulle scelte non è stata solo l'inamovibilità del governatore della Banca d'Italia, ma anche le critiche giunte sulla finanziaria dai partiti della maggioranza. «La finanziaria è pronta, è scritta. Ce l'hanno tutti e chi afferma il contrario sa di dire il falso». Siniscalco ha poi letto le prese di posizioni del responsabile economia dell'Udc, Ivo Tarolli, da sempre considerato «fazista», come la lettura della finanziaria fatta dal governatore. «Ma come - ha detto il ministro a "Repubblica" - Fazio attacca la Finanziaria e nessuno dice niente? In giro vedo solo pigmei da gran premio. E tanta ambiguità».
Siniscalco dice anche di aver spiegato a Letta e Fini che «ogni materia ha una prova di torsione, ma fino ad un certo punto. E quando si rompe, si rompe. Io ho superato il punto di rottura». Il ministro, che dice anche di non essere interessato «ad un posto da deputato» sottolinea che questa «è stata la mia forza da ministro del Tesoro. Torno a fare il professore a Torino. Davvero non ne potevo più: un giorno mi dicevano che erano d'accordo con me, il successivo che però non si poteva fare nulla, poi nulla, infine mi chiedevano scusa».
Il ministro è anche consapevole degli effetti del suo gesto. «Ho provato in tutti i modi , da davanti, da dietro, da sotto. Non si può dire che non abbia combattuto». Ma a perdere, alla fine, non è stato solo lui: «ha perso - dice Siniscalco - soprattutto il Paese».
Per le 17 di oggi è in programma a Palazzo Chigi un vertice dei leader della maggioranza.