BARI - Ci sono i miliziani Houthi a minacciare il commercio pugliese. A fermare le navi, a costringerle a rotte più lunghe e dispendiose. E non è una suggestione cinematografica, ma quanto sta accadendo da mesi nel canale di Suez. Prima singoli episodi, poi un effetto a catena che ora rischia di rallentare l’economia globale. Grandissima la preoccupazione degli imprenditori. Una preoccupazione raccolta da Confindustria Bari e Bat che ieri ha accolto nella sua sede un incontro tematico, organizzato in collaborazione con la Camera di Commercio italo Orientale e la Camera di commercio di Lecce. Al tavolo un confronto tra operatori coinvolti ed esperti. Nel corso dei lavori, attraverso la testimonianza di un legale esperto di contrattualistica internazionale, sono stati analizzati i rischi commerciali e legali connessi alle vendite o agli acquisti con l’estero. L’obiettivo: acquisire una cultura di base sugli strumenti da utilizzare per mitigarne l’impatto. Una tematica questa che sta creando non pochi problemi all’economia pugliese. La crisi di Suez, infatti, sta generando rincari significativi dei costi di trasporto delle merci da e verso la Cina o altri mercati asiatici emergenti, colpendo in particolare le imprese e i porti che si affacciano sul Mediterraneo.
«Negli anni scorsi – ha sottolineato il presidente della Confindustria Bari e Bat, Sergio Fontana - abbiamo superato la crisi del Covid, la carenza di materie prime e l’impennata dei costi energetici ed ora ci troviamo a fronteggiare la minaccia degli Houti nel Mar Rosso. In questo scenario in cui l’unica certezza è l’incertezza, le nostre aziende devono attrezzarsi per tutelarsi sul piano legale assicurativo dal rischio guerra negli scambi con l’estero, perché l’export, in un paese con una domanda interna debole come il nostro, l’export è l’unica via per crescere». La minaccia degli Houti sui traffici commerciali è, quindi, un grande problema per le imprese di tutto il territorio nazionale. L’Italia è infatti un paese trasformatore, che è diventato la seconda potenza manifatturiera d’Europa, trasformando materie prime e componenti provenienti dall’estero, molti dei quali arrivano oggi dall’Oriente proprio attraverso il canale di Suez. Se l’arrivo di queste merci rallenta o diventa molto più costoso, le imprese diventano molto meno competitive. «Una conseguenza certa che stiamo già sperimentando tutti – ha spiegato il vicepresidente Confindustria Bari-Bat, Francesco Divella - è comunque l’aumento dei noli, che è cresciuto già del cinquanta per cento mentre si stanno allungando anche i tempi di ricezione delle merci. Le grandi navi che effettuano trasporti transoceanici, infatti, non potendo attraversare il Mar Rosso, stanno circumnavigando l’Africa e sono costrette ad attraversare lo stretto di Gibilterra per raggiungere i grandi Hub del Mediterraneo, come Genova, Gioia Tauro e Trieste, da cui poi le merci si diramano verso altri porti come quello di Bari. Questo comporta un viaggio più lungo di almeno dodici giorni con un notevole aggravio di costi».
«Tutti i porti italiani nel 2023 – ha ribadito il presidente sezione trasporti e logistica Confindustria Bari e Bat, Giuseppe Totorizzo - hanno avuto una riduzione di traffico dovuto alla situazione che si sta vivendo nel canale di Suez. L’anno scorso sono transitate circa venticinquemila navi da Suez di cui duemila e cinquecento si sono fermate nel Mediterraneo e in particolare in Italia. Quest’anno la riduzione è davvero drastica. Noi dobbiamo sperare di far tornare una base consistente del traffico attraverso Suez. L’impegno della marina italiana di supportare le navi durante il passaggio e di consentire una navigazione serena aiuterebbe in questo senso».