BARI - L’inserimento nel Pnrr degli interventi strategici sulle infrastrutture idriche non è risolutivo per accelerare la conclusione di lavori attesi - in alcuni casi - da oltre un decennio. A dirlo è la Corte dei conti, secondo cui uno degli investimenti più importanti previsti dal Piano sconterebbe «gli errori e le carenze di una pianificazione iniziale non scevra di aspetti di confusione e ambiguità», perché non è nemmeno possibile stabilire quanti progetti dovranno essere realizzati entro giugno 2026 per ritenere mantenuti gli impegni con l’Europa.
La misura vale due miliardi (di cui metà assegnata al Sud, prevalentemente a Sicilia e Calabria) per realizzare 124 progetti scelti dal ministero delle Infrastrutture con un decreto del 2021 in cui vengono individuate le opere su cui è necessario intervenire per migliorare la sicurezza dell’erogazione idrica. La Puglia ha ottenuto il finanziamento parziale del secondo lotto dell’acquedotto del Fortore-Locone (la condotta dalla vasca di Canosa al serbatorio di Foggia) per 37 milioni su 75 totali e del dissalatore del Tara per 27 milioni su 89,6 (entrambi progetti gestiti da Acquedotto Pugliese), oltre che di tre progetti del Consorzio di bonifica della Capitanata (per 35 milioni totali) e di uno del Consorzio di bonifica Terre d’Apulia (il completamento della diga di Saglioccia incompiuta) per 5 milioni. La Basilicata ha invece ottenuto fondi destinati al riefficentamento della galleria Acerenza-Genzano (11,5 milioni), l’interconnessione degli schemi idrici Melandro e Marmo (10 milioni), il ripristino della diga Abate Alonia (43 milioni) e gli interventi sulla diga Acerenza (4 milioni).
Il giudizio dei giudici contabili sulla programmazione è però assolutamente negativo («del tutto irrazionale»), tanto da parlare senza mezzi termini della necessità «di ricostruire la situazione di fatto dell’investimento Pnrr onde verificare se la stessa presenti una efficiente, efficace ed economica gestione delle risorse finanziarie». L’obiettivo fissato da Bruxelles è infatti l’aggiudicazione di tutti gli appalti entro il 30 settembre di quest’anno, fermo restando il traguardo finale del 30 giugno 2026 per il completamento dei lavori. L’Italia ha preso con la Ue impegni più stringenti, in base a cui doveva terminare i primi 18 interventi già entro il 30 giugno 2025. Ma a fronte di difficoltà emerse fin da subito, il ministero ha già chiesto a Bruxelles di far slittare il termine per il completamento degli studi di fattibilità (dovevano essere presentati tutti entro lo scorso dicembre, slitteranno al prossimo giugno): il che fa dubitare sulla possibilità di rispettare gli impegni.
Sulla programmazione delle opere idriche strategiche - ha scoperto la Corte dei conti - c’è in realtà un trucco: il target europeo richiede all’Italia di aumentare la sicurezza di 25 «sistemi idrici complessi», e dunque non sarebbe necessario il completamento entro il 2026 di tutte le 124 opere ma solo di 33 (e di 8 entro giugno 2025). «L’interlocuzione istruttoria - scrivono i giudici contabili - ha messo in luce una evidente difficoltà pianificatoria, come comprovano i dubbi emersi sulle concrete modalità di raggiungimento delle tappe del cronoprogramma». Il riferimento è appunto all’incertezza su cosa sia un «sistema idrico complesso», e dunque su quali opere bisogna effettivamente completare per arrivare al traguardo fissato con l’Europa. «Appare chiaro che l’amministrazione attuatrice (cioè il ministero, ndr) non ha scandagliato tempestivamente tutti i complessi profili operativi collegati all’investimento in parola, con conseguente “confusione” degli aspetti attuativi nonché inevitabili ritardi sul cronoprogramma, peraltro “tarato” su previsioni realizzative non correttamente individuate. Nel definire la fase attuativa dell’investimento, infatti, andava immediatamente affrontato il profilo dell’individuazione effettiva dei “sistemi idrici integrati” e il loro rapporto con le singole opere idriche».
Anche perché, se bisogna aggiudicare tutti i 124 appalti entro settembre ma poi è materialmente necessario completarne solo 33 entro giugno 2026, chi controllerà il destino di tutti gli altri lavori? «Non è compatibile con i seri impegni assunti in sede comunitaria una nozione “mobile” di “sistema idrico complesso”», secondo i giudici contabili, perché in questo modo è preclusa «una corretta misurabilità dell’obiettivo e delle sue fasi attuative». E dunque «va fissato un orizzonte di completamento» anche per tutte le altre 91 opere.
E la Puglia? Aqp fa sapere che i suoi progetti rispetteranno i termini previsti dalla programmazione europea. Tuttavia per sia il progetto che riguarda Fortore-Locone, sia per quello del dissalatore del Tara, entrambi inseriti nel Pnrr tra i progetti «nuovi», la Corte dei conti ha rilevato che si tratta di opere «riciclate» in quanto previste rispettivamente dal 2015 e dal 2013, e (per la prima) già finanziate attraverso l’Fsc: il quadro europeo prevede la possibilità di questo tipo di recuperi, ma soltanto se l’opera è stata avviata dopo febbraio 2020. Aqp fa però notare che l’appostamento sul Pnrr è relativo a una quota non maggioritaria del valore dell’intervento, e che il dissalatore era inizialmente finanziato (al 100%) con fondi propri. La Corte dei conti avverte però che pagamenti precedenti al 2020 potrebbero essere ritenuti non rendicontabili. E anche su questo punto le giustificazioni ottenute dal ministero sono state ritenute «non persuasive».