L’ammodernamento della sanità punta sulle tecnologie e su una riorganizzazione qualificata dell’assistenza territoriale. Ma la necessità di dimostrare all’Europa la spesa concordata finisce per allargare di molto il perimetro degli interventi targati Pnrr. E così nella bozza di piano regionale che stamattina l’assessore alla Salute, Rocco Palese, presenterà in commissione Bilancio finisce di tutto: una specie di gioco di prestigio per far comparire - sotto l’ombrello delle procedure accelerate - anche i fondi ex articolo 20 per l’edilizia sanitaria e anche i 100 milioni della legge 70. Cioè i soldi con cui nel 2020 la Puglia avrebbe dovuto realizzare 276 nuovi posti di Terapia intensiva.
Il Pnrr riserva complessivamente 15 miliardi alla Sanità, cui va aggiunta la quota «sanitaria» dei 30,6 miliardi del Fondo nazionale complementare non ancora valutabile. Per questo è difficile avere il valore complessivo dell’investimento previsto: alcuni progetti già c’erano. «Ma questa - dice Palese - è la programmazione di ciò che serve alla Puglia rispetto alla situazione attuale. La differenza rispetto a prima è che adesso siamo nelle condizioni di realizzare gli interventi grazie alla disponibilità di cassa: sto predisponendo la delibera contenente l’impegno di spesa». Ai 655 milioni di quota pugliese a valere sulla «missione 6» del Pnrr si sommano appunto i fondi della legge 77 e quelli ex articolo 20 per un totale (ancora non quantificabile) di circa un miliardo. La bozza del piano si consoliderà entro maggio con la firma dell’accordo quadro con il ministero, ma in realtà si parte subito perché - per disposizione di Palazzo Chigi - possono essere caricati sul Pnrr tutti i Cup (i codici progetto) attivati a partire da febbraio 2020: l’ennesima conferma che l’obiettivo strategico è rendicontare, più che spendere.
«Se riusciremo a realizzare ciò che è previsto nel piano - osserva però Palese - otterremo un sistema sanitario molto efficace». Per gli ospedali di primo livello si punta su digitalizzazione, medicina predittiva e innovazione tecnologica. Tra gli obiettivi il rafforzamento delle unità di Pronto soccorso, trasformando gli Obi (l’osservazione breve intensiva, attivata per l’emergenza covid) per renderli strutturali. Il secondo pilastro è la medicina di iniziativa e di prossimità. Significa ospedali di comunità, case della salute, case di comunità (sono case della salute rafforzate, che operano «h12» con diagnostica invasiva e prestazioni specializzate) e l’avvio della Cot, la Centrale operativa territoriale (una ogni centomila abitanti): è una specie di 118 evoluto che non si limita alle emergenze, ma ascolta la richiesta del cittadino e lo indirizza verso la struttura di riferimento. Il modello è nazionale, sotto la regia dell’Agenas e la sorveglianza dell’Europa. La Puglia ha insistito sull’implementazione dei posti letto post-acuzie (oggi fermi a 0,7 per mille abitanti) in cui rientra la riabilitazione cardiologica e neurologica, su cui il sistema è storicamente deficitario.
C’è poi la presa d’atto indiretta dell’impossibilità di realizzare nei tempi ciò che due anni fa era stato dichiarato come imminente e imprescindibile per la lotta al covid. Nell’estate 2020 la Puglia ha presentato un piano da 99 milioni di euro per 276 posti aggiuntivi di Terapia intensiva e altri 285 di sub-intensiva, da realizzare entro il 31 dicembre nell’ambito di una legge nazionale (la 77) di rafforzamento delle strutture per acuti che stanziava 1,4 miliardi. Ora quel piano (e quel finanziamento) è rientrato pari pari nel Pnrr, facendo slittare al 2026 l’obiettivo temporale anche per le Terapie intensive che due anni fa erano state dichiarate urgentissime. «A febbraio - spiega il capo del dipartimento Salute, Vito Montanaro - l’avanzamento dei lavori era a circa il 45%: su questa misura siamo tra le Regioni più veloci d’Italia, nonostante la difficoltà a reperire gli spazi per i nuovi reparti». La necessità di far transitare dal Pnrr fondi ordinari già programmati ben prima, secondo Montanaro, deriva anche da un problema di procedure: il 31 marzo con la fine dell’emergenza covid decade anche il ruolo di commissari assegnato ai governatori per quelle opere straordinarie. Ciò che resta da spendere, dunque, viene reso nuovamente disponibile attraverso il Pnrr. Ma le risorse originarie che si liberano, almeno per il momento, non tornano disponibili per altri utilizzi.