BARI - «La realizzazione dei parchi fotovoltaici è un progetto sociale che ha coinvolto 100 famiglie di agricoltori e consente di produrre 119 milioni di Kilowattora all’anno pari al fabbisogno di 40mila famiglie. Tutte le autorizzazioni sono state ritenute regolari sia dalla Regione Basilicata che dai Comuni, e i soldi erogati dal Gse non sono “contributi” ma il corrispettivo per l’energia elettrica ceduta. Anche per questo il sequestro nei nostri confronti è profondamente ingiuto e sbagliato». È un fiume in piena Pietro Ninivaggi, 74 anni, di Altamura, il sindacalista-imprenditore che il 2 ottobre è stato tra i destinatari di un maxisequestro conservativo da 99 milioni della Corte dei conti per quella che la Finanza ritiene una delle più grandi truffe mai scoperte in Italia sulle energie rinnovabili: i 49 parchi da un megawatt oggetto dei sequestri patrimoniali - secondo le indagini - sarebbero stati realizzati con procedura semplificata grazie a una legge regionale lucana poi dichiarata incostituzionale, «su terreni agricoli artatamente frazionati». In questo modo sarebbe stata saltata la procedura di Valutazione di impatto ambientale che si applica ai mega-impianti e che avrebbe richiesto tempi ben più lunghi.
Ma secondo Ninivaggi non c’è nessun trucco: «Tutti i parchi nascono singolarmente, sono autorizzati singolarmente e hanno ciascuno un punto di allaccio. Le norme della Regione e le linee guida del Gse sono state tutte rispettate, tanto che per quattro impianti la tariffa è stata ridotta per un problema di distanze. E la legge vieta di richiedere l’autorizzazione unica (che comporta la procedura di Via, ndr) per gli impianti più piccoli». Ma soprattutto, dice Ninivaggi, l’operazione è tutt’altro che una truffa: «Nè sono stato l’ideatore nella mia qualità di presidente della Ugl coltivatori, ma non sono il proprietario occulto, non ho sottoscritto nessuna Dia e non percepisco nessun pagamento da parte del Gse. Dei 100 impianti previsti, 79 sono in esercizio e lo sono tuttora perché - come ripeto - tutte le autorizzazioni sono state ritenute regolari sia dalla Regione, sia dai Comuni sia dal Gse». Ma chi sono i proprietari? «La Ugl coltivatori ha promosso tra gli agricoltori un progetto che abbiamo definito come etico perché puntava a fornire energia pulita. Ogni impianto costava 2,5 milioni e non tutti avevano la capacità economica, per cui alcuni hanno ceduto le quote e soo entrati investitori italiani, tedeschi, portoghesi, svizzeri. Mi dispiace per chi si è ritrovato in questa situazione e che si trova a subire devastanti conseguenze. Parliamo di oltre 200 famiglie cui sono stati bloccati tutti i conti e tutte le proprietà».
Il sequestro da 99 milioni verrà discusso a fine mese. La Corte dei conti lo ha notificato a 61 persone, prevalentemente piccoli imprenditori altamurani, ma tra i proprietari delle società che controllano i parchi ci sono anche due imprenditori russi. «Le somme che il Gse ha erogato - secondo Ninivaggi - corrispondono all’energia immessa in rete, come da convenzione in cui il Gestore dei servizi elettrici si impegna a ritirare l’energia a un determinato prezzo. Non sono contributi ma il prezzo dell’elettricità che abbiamo venduto: dov’è il danno erariale? Ecco perché dico che non ci sono i presupposti del sequestro». La vicenda è aperta anche in sede penale dove Ninivaggi (assistito dagli avvocati Gaetano Castellaneta e Carlo Teot) e gli altri proprietari sono accusati di truffa aggravata per la percezione di contributi pubblici: dopo aver girovagato tra Bolzano, Matera e Roma, la Cassazione ha stabilito che la competenza è di Bari. «Nessuna delle Procure ha mai ritenuto di disporre sequestri - dice Ninivaggi - e ci sono due sentenze di assoluzione del Tribunale di Matera passate in giudicato passate in giudicato per gli stessi fatti storici. Durante la realizzazione, proprio per evitare problemi, ci siamo rivolti alla Prefettura che ha delegato i controlli alla Forestale. I controlli sono stati fatti e non sono state sollevate irregolarità. Se qualcuno ha commesso un errore, è stata la Regione Basilicata che ha attestato la regolarità delle autorizzazioni. Noi abbiamo fatto tutto quello che ci ha chiesto, e quindi saremmo parti offese».