Domenica 05 Ottobre 2025 | 21:57

Pulcinella e il burattinaio: il principe Leone

 
Pasquale Bellini

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Pasquale Bellini

Pulcinella e il burattinaio: il principe Leone

Domenica 05 Ottobre 2025, 19:37

Non è che se “il mare non bagna Napoli” per stare con la Anna Maria Ortese, pure Pulcinella se ne è fujuto da Napoli, tornando al contado della nativa Acerra e lasciandoci tutti (napoletani nativi e napoletani d’elezione) privi della sua sagoma ingobbita, della sua faccia annerita dal fumo, della “divisa” bianca e nera, della voce chioccia (la pivetta a deformare il suono) come da ancestrali origini sotterranee, lui-lei maschera e lemure sub-umano, pronto a subissarci di risate, pianti e mazzate? Insomma, Pulcinella non abita più lì, fra i vicoli, i bassi e le strade napoletane? Calma e gesso, perché nel cuore dei Decumani, a pochi passi da Santa Chiara, non lontano dal porto, in Vico Pazzariello (!) sussiste e prospera una Casa delle Guarattelle, dove il burattino Pulcinella nelle sue Guarattelle (le antiche farse burattinesche) continua a prendere e dare “mazzate”, in quel suo mondo popolato da Guappi, Gendarmi, Boia, Diavoli, con la Morte in agguato. A dominare, lì a Napoli, il patrimonio di ieri e di oggi, ovviamente è il Burattinaio, non un Mangiafuoco tonitruante alla Pinocchio, ma un signore colto e mite di circa 75 anni: è Bruno Leone, nativo di Montemurro (Potenza) ma a Napoli da sempre e in Napoli da più di quarant’anni burattinaio principe. Anche grazie a lui, la “morte annunziata” di Pulcinella non si verificò.

Leone, lei se ne stava tranquillo e beato a fare l’architetto alla fine degli anni ‘70. Cosa la “fulminò sulla via di Pulcinella” e di quell’ antico repertorio?

«Beh, forse tranquillo ma certo non beato me ne stavo, a fare l’architetto al comune di Napoli. Fu l’incontro e la frequentazione con un grande burattinaio, Nunzio Zampella (1920/1985) a farmi appassionare a questa “arte burattinesca”, fino al punto di farmi lasciare a metà degli ‘80, il “posto fisso” per mettermi a navigare nel mare tempestoso del teatro, di quello dei burattini per giunta, lungo le strade di Napoli e non solo, dentro e fuori dalla Baracca & Burattini. Da qualche anno anche in questa Casa delle Guarattelle, quel genere di spettacolo antichissimo e sempre nuovo».

Già, non ci sono più le strade di una volta, a Napoli come ovunque. Ma l’arte e la tecnica dei burattini, questi piccoli attori di pezza con la capa di legno manovrati da tre dita della mano, funziona meglio negli spazi all’aperto, alla maniera antica, o nel chiuso dei teatri, vedi la sua Casa delle Guarattelle?

«Lo spazio aperto sarebbe l’ideale, con la sua spazialità generale e generosa, onnicomprensiva, ma oggi i frequentatori delle strade sono in genere frettolosi, è difficile (ma non impossibile) fermare l’attenzione, con il coinvolgimento necessario. Al chiuso (vedi il mio teatrino, circa 50 posti) certo è maggiore la concentrazione, in più vi si possono svolgere dei laboratori, delle pratiche di animazione, oggi indispensabili per poter continuare l’arte “pulcinellesca”».

L’arte delle Guarattelle esiste a Napoli dal 600/700. Hanno spesso una cifra scenica, un ritmo, una sequenza e personaggi, quasi fissi: Pulcinella, Teresina, il Cane, il Guappo, a volte il Boia, il Diavolo, ecc. Nei titoli di suoi vecchi spettacoli incontro un Pulcinella e il Gigiotto sul G8 di Genova del 2000, o un Pulcinella e Berlusconi. Il contemporaneo si addice a Pulcinella?

«Le Guarattelle, col protagonista Pulcinella, hanno sì una struttura rigida, ma fino a un certo punto. Sono in fondo una sorta di linguaggio universale, una specie di alfabeto con il qual comporre parole, frasi, racconti. Sta poi alla sensibilità, al talento diciamolo pure, del burattinaio modulare e graduare gli eventuali apporti e importi di contemporaneità, di moderna consapevolezza storica all’ interno dell’antico cànone».

Cosa apprezza maggiormente il pubblico? Esiste un pubblico di bambini e ragazzi?

«Esiste, resiste. Si è, nel corso degli anni, abbassata forse l’età media dello spettatore tipo. Mi riferisco allo spettatore attento e coinvolto, non quello distratto e di passaggio, come lo è (a volte, non sempre) il turista. Io lavoro in genere con un pubblico misto, a parte il pubblico delle scuole. La cosa essenziale, grandi o piccoli, studenti o turisti, è il non annoiare mai il pubblico, suscitare il più possibile la dimensione fantastica del sogno, dell’intuizione tra fantasia e realtà in cui vive Pulcinella».

Funziona più un repertorio tradizionale, per stare alla pratica delle Guarattelle, o una dimensione più contemporanea?

«Contro la moderna iper-tecnologia il burattino Pulcinella ci trascina fuori dal tempo e dallo spazio. Tradizione (che forse ha da un po’ una sua prevalenza) o innovazione che sia (purché al di fuori di qualsiasi ideologismo o intellettualismo, noia mortale) Pulcinella resta una figura anarchica e, direi, casinista: come anarchica, e incasinata è in genere la realtà, con le sue risate, i suoi pianti, le sue mazzate».

 

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