Italo Calvino è ricordato come uno dei più grandi scrittori e intellettuali del Novecento, ma pochi conoscono una pagina inaspettata della sua biografia: quella che lo vede autore di testi per canzoni pop e folk nel secondo dopoguerra, oltre che sperimentatore teatrale. Una parentesi creativa che lo portò a collaborare con uno dei più importanti esperimenti di musica impegnata dell’Italia repubblicana: il collettivo Cantacronache. Tra la fine degli Anni ‘40 e l’inizio dei ‘60, l’Italia era un Paese diviso: il Nord, in piena industrializzazione; il Sud, ancora profondamente rurale. In questo contesto sociale in fermento, la canzone divenne strumento di denuncia e speranza. È in questo scenario che nacque l’esperienza dei Cantacronache, gruppo torinese di musicisti, scrittori e intellettuali decisi a contrastare la banalità della musica commerciale con testi a forte contenuto politico e sociale. Tra i fondatori e collaboratori figurano nomi di spicco come Michele Straniero, Fausto Amodei, Luciano Berio, Gianni Rodari, Umberto Eco, Margot Galante Garrone e Sergio Liberovici, quest’ultimo ex collega di Calvino all’“Unità” e principale artefice del suo coinvolgimento nel progetto. Calvino accettò l’invito di Liberovici con entusiasmo. Scrisse diversi testi per il collettivo e partecipò attivamente alle registrazioni, prestando la propria voce nei cori. L’obiettivo era chiaro: usare la canzone come mezzo di educazione politica e sociale, ispirandosi alla chanson engagée francese e al Lied tedesco. Tra i brani più noti firmati da Calvino c’è Oltre il ponte, cantata originariamente da Pietro Buttarelli e rilanciata anni dopo dai Modena City Ramblers. Il ponte simboleggia il passaggio dalla guerra alla pace, dal passato alla possibilità di un futuro diverso. Una metafora potente che ha reso il brano uno degli inni partigiani più duraturi della canzone d’autore italiana. Non mancano le canzoni dedicate alla vita quotidiana e all’alienazione operaia. È il caso della Canzone triste, interpretata da Margot Galante Garrone, che racconta la storia di due sposi costretti a vivere separati dai turni di lavoro: “Erano sposi, lei s’alzava all’alba / prendeva il tram, correva al suo lavoro. / Lui aveva il turno che finiva all’alba / entrava in letto e lei ne era già fuori”. Nel 1958 viene presentata “Dove vola l’avvoltoio?”, con musica di Liberovici, canzone incisa su un 45 giri dedicato alla pace. Il brano denuncia le tensioni internazionali del tempo – dalla crisi di Suez allo Sputnik, fino alle basi NATO – e l’avvoltoio del titolo è una metafora della guerra. Un passaggio del testo recita: “Nella limpida corrente / ora scendon carpe e trote / non più i corpi dei soldati / che la fanno insanguinar”. Un’immagine che richiama, per assonanza, “La guerra di Piero” scritta sei anni dopo di Fabrizio De André. Oltre a “Oltre il ponte” e a “Sul verde fiume Po” (filastrocca critica verso la società dei consumi, musicata da Fiorenzo Carpi), Calvino scrisse testi anche per brani ironici e riflessivi come “Turin-la nuit” o “Rome by night”, con musica di Piero Santi. In questi brani si riflette sulla famiglia e sulla vita urbana. Scrisse inoltre “La tigre”, musicata da Mario Peragallo, per lo spettacolo “Giro a vuoto” (1960) di Laura Betti, esempio di teatro-canzone satirico. Le sue collaborazioni più significative furono però con Luciano Berio, tra i maggiori compositori d’avanguardia e pioniere dell’elettronica. Insieme realizzarono opere ibride e sperimentali come Allez-hop (1959), dove si mescolano parola, suono, gesto e presenza scenica. Seguirono progetti più ambiziosi come La vera storia (1982) e Un re in ascolto (1984), opera matura che rappresenta il punto più alto della loro sinergia tra letteratura e musica. Con la sua scrittura immaginifica, surreale e filosofica, Calvino ha influenzato profondamente il mondo della musica. Diversi artisti italiani e internazionali si sono ispirati ai suoi testi o al suo stile narrativo. Alcune canzoni nate con Cantacronache hanno avuto un impatto duraturo, contribuendo alla nascita della canzone d’autore impegnata. Autori come Fabrizio De André, Francesco Guccini, Franco Battiato, Ivano Fossati, Paolo Conte, ma anche compositori contemporanei come Giovanni Sollima, Ludovico Einaudi, Teho Teardo, Paolo Fresu, Alva Noto & Ryuichi Sakamoto hanno raccolto, in vario modo, la sua eredità. Calvino lavorò anche in ambiti più popolari, rivolti all’infanzia, alla scuola e alla TV. Ne è esempio Il teatro dei ventagli (1977-78), scritto con Toti Scialoja: sei fiabe teatrali per un programma televisivo per ragazzi, in cui la musica gioca un ruolo fondamentale. Il rapporto tra Italo Calvino e la musica si rivela ricco e sfaccettato, nonostante lo scrittore non fosse un musicista né un teorico musicale in senso stretto. Nelle sue opere, tuttavia, la musica compare come elemento simbolico, strutturale o evocativo. La sua scrittura spesso ricerca una musicalità interna, fatta di ritmo, armonia e leggerezza, come testimoniato in particolare nelle Lezioni americane, dove concetti come leggerezza e esattezza si avvicinano molto a qualità musicali. In definitiva, il legame tra Calvino e la musica non è tanto quello di un autore che parla della musica, quanto quello di uno scrittore che scrive come la musica: con precisione, ritmo, leggerezza e profondità.
GUIDA ALL’ASCOLTO
Nicola Morisco
“BOB DYLAN
THE BOOTLEG SERIES VOL. 18: THROUGH THE OPEN WINDOW 1956-
1963” di BOB DYLAN
I primi anni e lo sviluppo della carriera di Bob Dylan sono esplorati nell’ultima edizione della sua Bootleg Series. “Bob Dylan: The Bootleg Series Vol. 18: Through the Open Window 1956-1963”, in uscita il 31 ottobre 2025. Nel cofanetto si racconta la storia dell’ascesa e della maturazione del Dylan cantautore e interprete, dal Minnesota alla bohémien del Greenwich Village nei primi Anni ‘60. L’uscita, in edizione Deluxe su 8 CD, con 139 tracce tra cui 48 performance inedite e 38 brani “super rari”, include nastri rimasterizzati di alcune delle prime registrazioni di Dylan, insieme a rari outtake della Columbia Records, registrazioni effettuate durante le serate nei club, in piccoli ritrovi informali, negli appartamenti di amici e durante jam session in ritrovi di musicisti ormai scomparsi. Molte delle registrazioni sono estremamente rare, altre non sono mai state presentate in alcuna forma. Il fulcro di questa uscita è il suo concerto alla Carnegie Hall del 26 ottobre 1963.
“MULATU PLAYS MULATU”
MULATU ASTATKE
Con nuovi arrangiamenti di alcune delle sue composizioni classiche, “Mulatu Plays Mulatu” vede Mulatu Astatke rivisitare i suoni che hanno contribuito a cambiare il volto della musica etiope tra la fine degli Anni ‘60 e l’inizio degli Anni ‘70. L’album, registrato tra Londra e Addis Abeba da Dexter Story, vede impegnata la sua band britannica, insieme a musicisti residenti nel suo club Jazz Village di Addis che esprimono la cultura locale. Qua Mulatu realizza la sua visione a lungo termine dell’Ethio-jazz, bilanciando in modo intricato gli arrangiamenti jazz occidentali con i ricchi suoni degli strumenti tradizionali etiopi, tra cui il krar, il masenqo, il washint, il kebero e il begena. “L’Ethio-jazz ci unisce e ci rende un tutt’uno”, spiega Mulatu. “Questo album è il culmine del mio lavoro per portare questa musica nel mondo e rende omaggio ai nostri eroi sconosciuti”. Tra gli ospiti: Carlos Niño e Kibrom Birhane.