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Il Papa nero tra arte e cinema

 
Anton Giulio Mancino

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Anton Giulio Mancino

Il Papa nero tra arte e cinema

La profezia di Giancarlo Santi

Domenica 27 Aprile 2025, 18:36

19:12

Scavare negli angoli più riposti della storia del cinema italiano in cerca di papi annunciati comporta fare i conti con la figura ad oggi ancora molto sommersa di Giancarlo Santi, eccentrico cineasta italiano, cresciuto come assistente di produzione e via via come storico aiuto regista di Marco Ferreri, Sergio Leone, Glauber Rocha e Luigi Comencini, prima di debuttare dietro la macchina da presa con un western riscoperto in anni recenti, Il grande duello con Lee Van Cleef, e soprattutto il satirico Quando c’era Lui… caro lei! con Paolo Villaggio, ridendo e non scherzando nel preconizzare ondate neofasciste istituzionali, ma sfortunatamente uscito a ridosso del sequestro Moro. È stato bello ricostruire direttamente con lui la vicenda professionale e biografica nel lungometraggio documentario Giancarlo Santi - Facevo er cinema, presentato al Torino Film Festival esattamente vent’anni fa. Bello dirigere Giancarlo in quanto già tanto personaggio di sé stesso, a casa sua o in una Roma semideserta a Ferragosto, come omaggio all’incipit de Il sorpasso di Dino Risi. O apprendere e serbare l’intera documentazione con cui fino all’ultimo Giancarlo ha cercato di realizzare il progetto più ambizioso: un film, Celestino V, tratto da L’avventura di un povero cristiano di Ignazio Silone. Raccontare in dettaglio le traversie per combinare i finanziamenti su questo memorabile e pregresso pontefice esemplare perché scomodo, tenace e immacolato, sarebbe impossibile nello spazio di un articolo. Gli aneddoti sono tanti, molti dei quali il diretto interessato li ha raccontati davanti alla macchina da presa: in testa a tutti quello sul voto basso ai dialoghi di Celestino V, un modesto “5”, assegnato dalla commissione ministeriale che così in pratica valutava le battute della sceneggiatura di Giancarlo riportate fedelmente dal testo Silone. Eppure le cose andarono così.

Per fortuna di questa incessante dedizione alla storia dei papi resta un esemplare prezioso che l’autore mancato di Celestino V ha potuto completare con le proprie mani: un bellissimo dipinto 50x70 dal titolo Papa nero, che anni prima di venire a mancare volle donarmi per siglare un’amicizia proseguita nei quindici anni successivi al documentario. L’auspicio pittorico de Papa nero, in cui il protagonista immaginario in primo piano, volto inclinato, forse malinconico, di certo affaticato ma deciso, si staglia sulla destra con pennellate essenziali che alternano simbolicamente il nero al porpora con i ponti sul Tevere e lo sfondo di San Pietro a sinistra, è stato dunque il suo contributo a un’idea tenace di palingenesi sociale, politica e culturale a largo spettro, oltre che strettamente ecclesiastica o vaticana.

Giancarlo aveva anche scritto un soggetto sul prete guerrigliero Camillo Torres, Oro, incenso e mitra, che come il Celestino V non ha mai visto la luce. L’unico esemplare della magnifica ossessione di credente e osservante di Giancarlo per la quintessenza di una Chiesa rigenerata anche con il colore della pelle e la provenienza dal Continente Nero del pontefice, è stato il quadro diventato il segno tangibile di una presenza aperta. Possederlo non c’entra con il collezionismo in senso stretto, ma con la custodia di un’opera di valore artistico e spirituale a un tempo, lo stesso del cinema che Giancarlo ha inteso fare, sostenibile, virtuoso poiché a costi non gonfiati, possibilmente low budget: lontano dal mainstream che ancora oggi lascia lungo la strada pochi effimeri vincitori, al box office più che nel merito, e tanti gloriosi vinti, cui il sigillo della disattenzione diffusa conferisce semmai spessore. Scrivere cinematograficamente e nel contempo sulla tela, da fiero artista totale oltre che insuperabile persona dotata di piacere puro della verità erga omnes, quindi di straordinario e pungente umorismo, è stato da un papa all’altro il toccasana di Giancarlo.

Nel Papa nero ha probabilmente coronato diversamente il suo sogno “filmico”; donde la gratitudine, per un dipinto visionario inseparabile da un percorso condiviso nei meandri inconfessabili della tragicomica storia del cinema italiano in chiaroscuro, con punte autentiche da lui rievocate e irripetibili.

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