Domenica 07 Settembre 2025 | 00:14

Eterno Ciardo: «Far ridere la gente è una cosa seria»

 
Leonardo Petrocelli

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Leonardo Petrocelli

Eterno Ciardo: «Far ridere la gente è una cosa seria»

Tutto è iniziato con un calcio. Correva il 13 dicembre 1976, al Teatro Purgatorio, il «Bagaglino» di Bari ideato da Beppe Stucci...

Lunedì 21 Aprile 2025, 07:00

Tutto è iniziato con un calcio. Correva il 13 dicembre 1976, al Teatro Purgatorio, il «Bagaglino» di Bari ideato da Beppe Stucci. C’è un giovane comico pronto all’esordio che, però, all’ultimo ci ripensa. Non se ne fa niente. Il regista, Michele Amoruso, accetta il ritiro senza fare storie ma gli suggerisce ugualmente di spiare oltre la tenda per osservare lo spettacolo in corso. E lui lo fa. Ma all’improvviso gli arriva un calcio nel sedere, una baresissima stambata che lo proietta improvvisamente sul palco. Comincia così la carriera di Gianni Ciardo, classe 1949, artista multiforme capace negli anni di attraversare cinema, teatro, televisione, piazze a suon di musica e di battute, nonché regista del prossimo corteo storico di San Nicola. Un’epopea, tutta barese, vissuta rimanendo sempre uguale a se stesso. Come quel giorno nel lontano ‘76. «Sono rimasto dieci minuti in silenzio - racconta divertito - prima di poter dire qualcosa. Ma non per l’emozione. Era il pubblico che non riusciva a smettere di ridere».

Ciardo, cos’è la comicità?

«È una cosa seria»

E quando non lo è?

«Allora diventa spiritosaggine. O, peggio, barzellette. Oggi tutti pensano che il cabaret sia dire le barzellette. Un disastro».

Quindi oggi la comicità non è più una cosa seria?

«Direi di no».

Cosa è cambiato?

«La televisione: ormai ci va chiunque, anche chi non sa affatto fare il comico. E meno che mai l’umorista. L’umorismo è meglio della comicità. Ma comunque sia questi stanno lì, dicono quello che gli pare e diventano popolari. Ecco, la popolarità ha sostituito la comicità, l’ha uccisa, anche grazie alla massa che ormai non distingue più il valore della proposta. E ora sta arrivando pure quell’intelligenza lì….».

L’intelligenza artificiale?

«Eh, io la chiamo intelligenza pericolosa. Di danni ne farà».

Quindi i comici di oggi li bocciamo?

«Per carità, c’è sempre qualcuno bravo. Anche molto bravo».

Per esempio?

«Pintus mi piace molto, così come Enrico Brignano. E poi c’è il mio grande amico Fiorello che mi salta al collo appena mi vede. Continua a dire che sono un mito per lui. Tutto vero. Queste sono le mie soddisfazioni».

Lei è «esploso» negli anni Ottanta.

«Mi sono ritrovato a lavorare con i più grandi. Renzo Montagnani, Mario Carotenuto, Alvaro Vitali. Una lunghissima serie di film che hanno divertito tutta la penisola da Nord a Sud. Guardi, le dico una cosa: c’erano le attrici più belle d’Italia ma erano film puliti».

Perché?

«…perché le donne stavano sempre sotto la doccia».

E ora?

«Ora non stanno sotto la doccia. E non sono film puliti».

A chi ha provato a rubare il mestiere?

«Ho avuto pochi maestri. Su tutti Oreste Lionello, da lui ho imparato moltissimo. Un amico vero, è stato anche padrino di uno dei miei cinque figli. Poi ci metto anche Woody Allen e Totò, scusate se è poco».

Ha sempre saputo che avrebbe fatto il comico?

«Alla fine, lo sai. I miei amici giocavano a pallone, io invece prendevo la chitarra e li facevo divertire. La svolta arrivò con il Purgatorio, un’invenzione di Beppe Stucci, il terzo polo del varietà italiano dopo Roma e Milano. Venivano i migliori: Banfi, D’Angelo, Mastelloni. Un biglietto costava 7mila lire. Pippo Franco ne prendeva 200mila».

Lei invece?

«Cinquemila e mi chiedevo sempre: quando ne prenderò 200mila pure io? Ma nel frattempo capivo che il teatro era e rimane il mio grandissimo amore, anche perché mi permette di attingere a tutto quello che ho imparato dal repertorio dei classici. Il resto, dalla tv al cinema, viene dopo».

Ciardo, anche se sono diventati tutti politicamente corretti il comico qualche “stambata” deve darla ancora? 

«Certo. Ci vuole sempre un po’ di critica o di polemica. Altrimenti si finisce come il figlio che va in guerra e la mamma che gli dice: mi raccomando, non litigare con nessuno».

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