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Quando l’Eurovisione scelse il «Te Deum»

Quando l’Eurovisione scelse il «Te Deum»

 
Livio Costarella

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Livio Costarella

Quando l’Eurovisione scelse il «Te Deum»

La scelta risale al 1954, quando l’Unione Europea di Radiodiffusione (UER) cercava un’identità sonora capace di evocare unità e prestigio

Lunedì 31 Marzo 2025, 06:36

I suoi contemporanei l’avevano rinominato «La fenice di Francia», ma Oltralpe si fece anche portatore dello stile italiano, specie per quanto riguarda la musica sacra. Marc-Antoine Charpentier (1643-1704) resta oggi uno dei maestri incontrastati del barocco europeo, soprattutto per la musica sacra, appresa nei primi rudimenti in Italia. All’età di quindici anni, infatti, venne a Roma per studiare con Giacomo Carissimi. Vi rimase tre anni, ed ebbe per il suo maestro una grande riconoscenza che durò tutta la vita. Del resto, i suoi avversari, non trovando di meglio, gli rimproverarono di essere un “musicien italianisant”. Eppure dobbiamo proprio a Charpentier la composizione di un brano che, come pochi, ha saputo imprimersi nell’immaginario collettivo con una forza dirompente: parliamo del Te Deum, composto intorno al 1690 per soli, coro, orchestra e basso contino. Il capolavoro nasce come espressione di gioia e solennità, una lode a Dio densa di energia e maestosità. Al di là delle cattedrali e delle corti, circa due secoli e mezzo dopo ha trovato una seconda vita, legandosi indissolubilmente alla modernità, con la sigla dell’Eurovisione.

La scelta risale al 1954, quando l’Unione Europea di Radiodiffusione (UER) cercava un’identità sonora capace di evocare unità e prestigio. L’ouverture del Te Deum, con il suo impeto trionfale e il ritmo solenne, sembrò incarnare perfettamente lo spirito di coesione e celebrazione che l’Eurovisione voleva trasmettere. Non vi sono fonti che indichino la presenza di altre composizioni in lizza per diventare quella sigla, tant’è vero che la scelta sembra sia ricaduta direttamente sul brano di Charpentier per le sue qualità intrinseche. La versione utilizzata è stata arrangiata dall’organista francese Guy Lambert e diretta da Louis Martini. Ancora oggi, il preludio del Te Deum di Charpentier continua a essere utilizzato come sigla delle trasmissioni dell’Eurovisione, mantenendo viva una tradizione che dura da oltre settant’anni. La sua melodia inconfondibile precede eventi di grande rilevanza, come il Festival di Sanremo, gli Europei di Calcio o l’Eurovision Song Contest.

Charpentier compose il brano durante il suo incarico come maestro di musica presso la chiesa gesuita di Saint-Louis a Parigi. Pare sia stato eseguito per la prima volta per celebrare la vittoria francese nella battaglia di Steenkerque il 3 agosto 1692, durante la Guerra della Grande Alleanza. Questo contesto bellico spiegherebbe il carattere festoso e trionfale del preludio. 

Il grande pubblico ne conosce quasi unicamente le trionfalistiche note iniziali, ma il Te Deum è strutturato in diverse sezioni, alternando parti corali e solistiche. Il preludio, noto come Marche en rondeau, è caratterizzato da una fanfara brillante in tonalità di Re maggiore, considerata da Charpentier «brillante e molto marziale». L’organico prevede due trombe, due flauti, due oboi, timpani, archi e basso continuo, oltre a un coro e solisti. E l’influenza di un altro Te Deum, quello di Jean-Baptiste Lully (1632-1687) è evidente nell’uso solenne delle trombe nel brano d’apertura. Forse non è un caso: quella tra Lully e Charpentier resta una delle sfide più accese per decretare chi fosse il più bravo e amato. Morto Lully, però, si comincia decisamente a riconoscere il genio di Charpentier: per tantissime chiese fornisce musiche che tutta Parigi accorre ad ascoltare. Nessuno sogna ora di rimproverargli d’essere un “italianisant”. Anzi, il Duca di Chartres lo vuole per insegnante, l’Académie Royale de musique gli domanda una tragedia musicale (Medea, che avrà un grande successo nel 1693), ed i critici scoprono nell’opera sua «un musicien admirable».

Quanto al Te Deum, nel 2019, in occasione dell’Eurovision Song Contest ospitato in Israele, l’Orchestra Filarmonica di Israele ha reinterpretato il preludio di Charpentier, aggiungendo strumenti tradizionali mediorientali come l’oud e il tamburo darabouka, conferendo all’opera un elegante e ricercato tocco timbrico.

Guida all’ascolto

Cccp-Fedeli Alla Linea

Gran Gala Punkettone

Il primo atto del loro ultimo viaggio artistico, un evento unico. Si tratta della registrazione audio e video del “Gran Gala Punkettone”, lo spettacolo che si è tenuto nell’ottobre del 2023 al Teatro Valli di Reggio Emilia, in occasione dell’apertura della mostra “Felicitazioni!”. “Il gran gala punkettone” è stato a tutti gli effetti la prima reunion della band trentaquattro anni dopo i loro ultimi concerti. Lo spettacolo di immagini, parole e musica di Giovanni Lindo Ferretti, Massimo Zamboni, Annarella Giudici e Danilo Fatur, vede sul palco anche la partecipazione di Daria Bignardi, Alba Solaro e Andrea Scanzi. Il risultato di quel progetto è disponibile da due giorni in tre formati: CD + DVD, LP + DVD, BOX CD + LP + DVD con booklet di 16 pagine con foto della serata. I CCCP - Fedeli alla linea, per chi non li conoscesse, sono considerati tra i più importanti e influenti nella scena musicale italiana ed europea degli Anni ‘80.

Mumford and Sons

Rushmere

A distanza di 5 anni dall’ultimo album “Delta”, da due giorni è disponibile il quinto e nuovo album dei londinesi Mumford and Sons, “Rushmere”. Il disco è stato concepito durante un periodo particolarmente prolifico di ispirazione per la scrittura di canzoni, che ha visto la band tornare alla magia del luogo in cui tutto è iniziato, in un sobborgo di Londra. “Rushmere”, infatti, è il luogo in cui tutto è iniziato nel 2007 in cui la band ha dato vita a un folk rock di assoluto coinvolgimento. Il laghetto, situato a Wimbledon Common, nel sud-ovest di Londra, è il luogo in cui Marcus Mumford, Ben Lovett e Ted Dwane hanno frequentato per la prima volta e immaginato l’idea di costituire la band. Rushmere era per loro familiare come gli strumenti che suonavano, ed è il cuore della loro storia d’origine. È sicuramente un modo per riportare i loro ascoltatori al primordiale sound di forte impatto. 

(Nicola Morisco)

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