Pirandello apparve a Camilleri. Fu fatale quella visione, negli anni ‘30 sulla porta di casa a Porto Empedocle, quando il piccolo Andrea si trovò davanti un signore anziano col pizzetto bianco, che indossava uno strano abito con le code tutto ricamato d’argento e che si faceva vento da un cappello-feluca con piume bianche: era Luigi Pirandello, venuto a salutare l’amica famiglia Camilleri, nell’alta uniforme di Accademico d’Italia, indossata per una cerimonia a Porto Empedocle.
Anni dopo finì, per Andrea, dopo furbeschi tentativi di studi in lettere e dopo qualche partecipazione ben riuscita (46/47) a Premi letterari vari, che il Nostro lo troviamo iscritto nel 49 all’Accademia d’Arte drammatica di Roma, allievo del grande regista e maestro Orazio Costa. Fu questi che lo convinse a iscriversi al corso di regia, non a quello di recitazione. Eccolo, Camilleri
regista diplomato nel ‘53, che di regie in effetti ne realizzò tante, dagli anni ‘50 in poi. Non si parla qui delle regie televisive (nel ‘57 Camilleri fu assunto in Rai, dopo essere stato escluso nel ‘54 perché “comunista”) che son forse centinaia fra teleromanzi, fiction e sceneggiati: Camilleri è stato anche regista tout court nei teatri. Colpa, anzi merito, anche qui di Orazio Costa, che se lo trascinò a Bari (ebbene sì!) nel 1956 a fargli da “aiuto” nella regia di Assassinio nella Cattedrale di Eliot,
spettacolo che debuttò nel Teatro Piccinni il 25 dicembre di quell’anno. Messinscena, con Salvo Randone protagonista, curata da una Stabile di Prosa Città di Bari, diretta da Giuseppe Giacovazzo.
Accoglienza tiepida del pubblico barese (Eliot il giorno di Natale!) come lamentò il critico di allora, Gustavo D’Arpe, schiaffeggiando i baresi. Un anno dopo (dicembre 57) toccò a Camilleri curare la regia di un testo di Carlo Maria Pensa, Il topo, con debutto sempre al Piccinni, scene di Francesco Spizzico, sempre sotto l’egida della Stabile di Giacovazzo. Dopo Bari, lavorando ormai in Rai, solo regie romane per Camilleri. Nel 1958 al Teatro dei Satiri portò per primo in scena Finale di partita di Beckett, con Adolfo Celi e Renato Rascel, mise su negli anni anche un paio di Jonesco, Il nuovo inquilino (1959), Le sedie (1976), ancora degli Strindberg, numerosi Pirandello.
Certo è che quella “visione” di Pirandello in pompa magna segnò il destino di Camilleri, ben prima dell’incontro, altrettanto fatale, con il personaggio di Montalbano! Tutto Camilleri in fondo, e pure Montalbano, nascono e vivono nella “forma rappresentativa”, piuttosto che in quella “narrativa”: sono situazioni che pretendono la scena, come i famosi Sei Personaggi che bussavano alla fantasia dell’autore Pirandello (quello della marsina argentata e della feluca!) per poter vivere, per vedersi rappresentati. Così vive anche Tiresia, il cieco Tiresia, cui Camilleri ha fatto “vedere” la realtà, nel 2018 al Teatro Greco di Siracusa, sotto le stelle antiche dei Classici, classico a sua volta.
Ad Alessandra Mortelliti, nipote di Andrea Camilleri (da Andreina la primogenita, sposata al regista Rocco Mortelliti) nonché attrice, nonché fra i protagonisti di Un sabato, con gli amici, la commedia da Camilleri in scena ieri e oggi al Piccinni, chiedo senza preamboli:
Ma il nonno Andrea fu contento o no della sua scelta di fare l’ attrice?
«Per niente proprio! Anzi l’unica volta in cui litigammo di brutto fu quando seppe che volevo fare il provino per l’iscrizione all’Accademia d’Arte drammatica, che poi era quella che aveva frequentato lui. Non volle saperne, anzi nei primi due anni si rifiutò di assistere ai saggi che facevamo a fine d’anno. Dopo si affacciò, timidamente, infine accettò la cosa, anzi poi mi ha seguito e consigliato con affetto».
A parte questo suo aver dovuto “uccidere il nonno”, parafrasando Freud, i rapporti generali tra nonno e nipote quali furono, lungo gli anni di infanzia-adolescenza?
«Splendidi, continui e quasi frenetici. Anche perché abitando a Roma in appartamenti pressoché comunicanti erano quotidiani e affettuosissimi. A mia figlia Matilda poi, nonno Andrea ha dedicato un suo meraviglioso testo Ora dimmi di te. Lettera a Matilda nel 2018».
A proposito di testi, che mi dice di questo ora in scena al Piccinni?
«È un testo, il romanzo di partenza Un sabato, con gli amici qui ridotto da Marco Grossi, che esce del tutto dalla dimensione tutta siciliana e cordiale di altre opere di Camilleri. È testo duro, con tinte nere quasi dark: questi amici che si ritrovano ogni mese e ritrovano, amaramente, verità nascoste e prospettive inaspettate. Un ennesimo capolavoro Camilleri, e da attrice-nipote sono orgogliosa di averci parte».