Chi tesse, abitualmente pistilli e steli, parole e spazi bianchi? I fondi inselvatichiti della penisola d’acqua – provincia d’elezione di erbe spontanee e fiori che hanno ispirato stornelli, il Salento – creano e diffondono alfabeti d’un verde azzurrato dalle ombre di chi, ancora oggi, si china a cogliere papaveri e acetoselle per assaggiare il cuore. Come nelle fiabe labirintiche, dense di mappe fittonanti, non scritte, che a queste latitudini sono abitate da bambini mandati a cercare una pianta magica, che ha radici nel passato di chiunque conosca l’erranza in stato di grazia. I maestri delle praterie steppiche, risvegliate dall’appassionato atto sovversivo del fiorire malgrado tutto, sono i poeti, quei bardi itineranti del telaio invisibile, che passano, come gli antichi narratori di storie, di corte in corte, offrendo i tesori della loro intima memoria, custodi di uno schema compositivo visionario, tipico di chi raccoglie nel cavo della mano il tramando dell’ordito.
Dal luminoso sottobosco dove il buon lettore può cercare pagine che danno frescura, nel microscopico spazio dei progetti editoriali indipendenti e sovversivi, emerge Di Terra (erbario dei ricordi), un libro d’arte a tiratura limitata, edito da Spagine – il laboratorio editoriale del Fondo Verri - nato dalla collaborazione tra l’artista Egidio Marullo, lo scrittore Osvaldo Piliego e il curatore Mauro Marino. Il progetto recupera quel che ci rivelano gli incantevoli libri, ovvero ciò che ci sembrava di sapere da tutta la vita e che si lascia leggere in molti modi. L’erbario è un linguaggio, in virtù di un potere evocativo che non tratta ostinatamente del reale soltanto, piuttosto contempla quel che ciascun osservatore legge – corolla o capoverso che sia – come un messaggio destinato a lui e a nessun altro.
Su questa soggettiva oggettività, la combinazione di acquerelli e di poesie dell’erbario dei ricordi di Marullo, Piliego e Marino, sversa il distillato di una meditazione a sei mani; tre sguardi – nell’amalgama cartaceo che accorda le note dell’artista, del poeta e del curatore - ispirati dai propri incipit paesaggistici e peculiarmente umani, ovvero quel sentimento
innescato dai paradisi perduti che erano i luoghi di ogni infanzia.
L’erbario Di Terra, realizzato in copie numerate, con copertine personalizzate dall’intervento pittorico di Egidio Marullo, sarà distribuito durante le presentazioni (le prime due sono in programma proprio oggi, alle ore 11.30 – Tagliatelle, Stazione Ninfeo a Lecce, alle 19 nella Casa dei Kalimeriti a Calimera). Così come l’odore di “erva de ientu”, come scrive Egidio Marullo nella sua dedica al padre, queste pagine profumano e macchiano di parole che bruciano per osmosi. «Per ogni orchidea bastarda/che incontro sul cammino/ho una parola e una nota/che segno al mio ritorno: è fatta di nomi di donna/e luoghi prossimi a qualcosa. /(…)», scrive Piliego. Questo erbario è unico, non solo per le opere degli artisti che lo hanno composto, ma per l’archetipo che le loro libertà purissime incarnano in
questo spazio e nel nostro tempo. Del resto, come commenta Mauro Marino: «È un lavoro sulla delicatezza della natura, per quello che ogni giorno ci mostra e racconta ai sensibili, chi sa cogliere il dono e trasformarlo in poesia. Piliego è poeta di strada, la sua si allunga ai bordi dei sentieri, dove il selvatico somiglia all’umano, all’intimità del suo non
detto». Papagna, Lentisco, Salicornia, Portulaca, Agave, Orchidea, Iperico, Acetosella, Lapazio, Fico d’India, Mirto, Finocchietto, Ranuncolo, Malva, Capperi, Asparago, Alloro, Salvia, Menta, Gelsomino, Verbena. La meravigliosa costanza della melanconia amorosa, il possente radicamento di una bellezza dolorosa, la furiosa gioia di vivere. «(…) e tu sei pianta e bestia insieme/ mentre sogni e non sai niente». Come fiore impollinato dalla coesistenza leggerissima della scrittura e del disegno, bagnato di colori, in cammino, nei vagabondaggi del cuore umano. Questa perdizione.
















