Martedì 09 Settembre 2025 | 20:12

La fantastica macchina narrativa dei tarocchi

 
Dorella Cianci

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Dorella Cianci

La fantastica macchina narrativa dei tarocchi

Quando un castello diventa incrocio di destini e combinazione di incontri

Lunedì 14 Ottobre 2024, 09:19

In questi giorni viene a coincidere la fine del centenario dedicato a Italo Calvino, che ha dato origine, a inizio anno, alla bellissima e indimenticabile mostra alle Scuderie del Quirinale, a Roma. Proprio in queste ore, casualmente, mi sono capitate sott’occhio alcune lettere di Calvino al noto semiologo Paolo Fabbri, peraltro pubblicate in un interessante articolo dello studioso Paolo Zublena.
Di che cosa stiamo parlando se non del fascino che i tarocchi hanno esercitato su Calvino, in particolare nell’opera Il Castello dei destini incrociati, pubblicata nel ‘69? È importante specificarne la data, perché, solo un anno prima, Fabbri scrisse un articolo, Il racconto della cartomanzia e il linguaggio degli emblemi. Da quel momento, come ha scritto Giorgio Manganelli, la letteratura calviniana è entrata ufficialmente a far parte del “realismo araldico”, influenzandosi reciprocamente con Queneau e Perec, aprendosi poi a quel mondo magico e didascalico che è stato il gruppo dell’avanguardia letteraria dell’OULIPO (nato a metà del Novecento, quando la matematica, in Francia, visse l’originale esperienza del bourbakismo, derivato da Bourbaki, nome di fantasia dietro cui si celavano alcuni dei più importanti matematici. La loro avventura intellettuale iniziò negli anni ‘30 con André Weil e Henri Cartan, insoddisfatti dei manuali, che circolavano nelle università).

Nella Nota al volume einaudiano del ‘73 (che aggiungeva al Castello, già pubblicato per Franco Maria Ricci, un inedito racconto), Calvino scriveva: «L’idea di adoperare i tarocchi come una macchina narrativa combinatoria mi è venuta da Paolo Fabbri che, in un seminario internazionale sulle strutture del racconto, a Urbino, tenne una relazione sulla cartomanzia [...]. L’analisi delle funzioni narrative delle carte da divinazione aveva avuto una prima impostazione negli scritti di Lekomceva e Uspenskij, nell’opera La cartomanzia come sistema semiotico e in Egorov, I sistemi semiotici più semplici e la tipologia degli intrecci (traduzione italiana a cura di Remo Faccani e Umberto Eco). Tuttavia non posso dire che il mio lavoro si valga dell’apporto metodologico di queste ricerche. Di esse ho ritenuto considerare soprattutto l’idea che il significato d’ogni singola carta può dipendere dal posto che essa ha nella successione di carte che la precedono e la seguono; partendo da questa idea, mi sono mosso in maniera autonoma, secondo le esigenze interne al mio testo».

Come ha precisato Sobczynski, in uno studio dell’82, l’originalità dell’impianto narrativo del Castello dei destini incrociati, inizialmente, fu accolto dalla critica in maniera fredda: quella struttura fu vista come uno sterile virtuosismo costruito a tavolino fra una lettura e l’altra di Propp e Lévi-Strauss. Chi è, invece, innamorato di quest’opera (peraltro una delle più recensite in assoluto della letteratura italiana contemporanea, ad oggi), sa bene che ricorrendo alla struttura della cornice, Calvino ha immaginato l’esistenza di un castello, dove trovano ospitalità i viaggiatori, che si sono smarriti nel bosco: il loro racconto è solo una possibilità combinatoria. I viaggiatori, prendendo posto a cena, senza proferire nessuna parola, raccontano le loro esperienze con un mazzo di tarocchi, che diviene il modo per comunicare. Seguono 12 storie. Alberto Arbasino, commentando il romanzo sul Corriere della Sera del ‘70 scrisse: «Calvino ha utilizzato non un luogo reale, ma uno spazio vuoto, abitato dall’arido fumo del Possibile e dalla nebbia del Capriccio Lunatico». Certamente non è un libro semplice, ma la complessità dei tarocchi è supportata, per il lettore, con le immagini riprodotte accanto al testo, a margine. Leggendo Il castello, pian piano, anche con pochissima dimestichezza di cartomanzia, si comprende come ciò che cambia sono i contesti, che permettono di leggere una carta in modo completamente diverso dalla (presunta) norma: la Papessa può essere tanto una sacerdotessa quanto una Strega cattiva o una badessa di un convento, ma pur sempre una donna che, in qualche modo, è legata alla religiosità ufficiale oppure occulta. Per non parlare delle interpretazioni del diavolo, anche quando travestito. Che dire? Le combinazioni di Calvino sono le possibilità ignote della vita stessa.

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