ROMA - Vasta operazione antiterrorismo della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione e delle Digos di Roma e Latina. Eseguite cinque ordinanze di custodia cautelare emesse dal GIP del Tribunale della Capitale, Costantino De Robbio, nell’ambito di un’indagine coordinata dal sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma, Sergio Colaiocco. In corso una serie di perquisizioni nelle province di Latina, Roma, Caserta, Napoli, Matera e Viterbo.
Gli uomini dell’Ucigos assieme a quelli delle Digos di Roma e Latina hanno arrestato diverse persone riconducibili alla rete di Anis Amri, il tunisino autore della strage al mercatino di Natale di Berlino, ucciso a Sesto San Giovanni (Milano) il 23 dicembre del 2016.
Tra i cinque arrestati tra Roma e Latina c'è anche un tunisino che avrebbe dovuto procurare i falsi documenti ad Anis Amri per permettergli di lasciare l'Italia. Gli altri quattro arrestati, anch’essi tunisini, sono accusati di aver fatto entrare illegalmente in Italia un centinaio di migranti clandestini a cui fornivano i documenti falsi per poter proseguire verso altri paesi europei.
«PREPARAVANO ATTENTATI» - «Si è evitato che dalla fase di radicalizzazione si sfociasse in una attività terroristica. Non c'è alcun elemento concreto che facesse pensare alla preparazione di un attentato specifico ma ci sono elementi che fanno pensare che si stessero preparando a questo». Lo ha detto il pm Sergio Colaiocco nel corso di una conferenza stampa in Procura a Roma sull'operazione che ha portato oggi all’arresto di cinque persone, una delle quali accusati di autoaddestramento con finalità di terrorismo.
Sono in totale 20 le persone indagate dalla Procura di Roma nell’inchiesta che ha portato oggi all’arresto di quattro tunisini e un sedicente palestinese. I soggetti, che gravitano tutti nel territorio del Lazio e in particolare Latina, sono stati monitorati dopo l’attentato di Berlino e l’uccisione, a Sesto San Giovanni, Anis Amri. Nel corso di una conferenza stampa, a cui hanno partecipato i vertici della Digos di Roma e Latina oltre al procuratore aggiunto Francesco Caporale, è stato spiegato che gli indagati «avevano diversi livelli di radicalizzazione» ma, secondo quanto accertato dagli inquirenti, «frequentavano gli stessi ambienti». «Abbiamo individuato tutte le pedine - hanno spiegato gli investigatori - che si trovavano nel Lazio che avevano un collegamento con Amri, anche se non diretti. Non siamo in presenza di lupi solitari ma tra di loro c'erano diversi radicalizzati». Contestualmente agli arresti sono state svolte una serie di perquisizioni presso le abitazioni degli indagati.