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Leucemica muore di infezione in ospedale: indagati 4 medici. L'Asl: l'aveva già. Difesa: se è vero, scoperta tardi

 
Nicola PEPE

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Nicola PEPE

Taranto, muore dopo un'infezionein ospedale: Procura apre l'inchiesta

Nel riquadro, la paziente deceduta

La replica dell'azienda sanitaria: procedure corrette. L'avv. Sisto: parziale ricostruzione che fornisce un assist alla nostra tesi. Forse al lavoro un collegio peritale

Venerdì 23 Marzo 2018, 14:02

17:11

Sulla morte della 62enne dipendente dell'Arsenale, Emilia Amandonico, deceduta all'ospedale Ospedale “San Giuseppe Moscati” di Taranto, a causa di una infezione dal batterio klebsiella, l'Asl di Taranto - su cui la procura ha aperto una inchiesta  dopo la denuncia presentata dai familiari - in una nota difende l'operato del proprio personale e della organizzazione. Ma la difesa replica e parla di assist che conforta la propria tesi. Intanto la procura di Taranto ha inviato 4 informazione di garanzia nei confronti di altrettanti medici in cui si ipotizza il reato di omicidio colposo. Mercoledì mattina, il pm nominerà i consulenti.

La vicenda, ricordiamo, inizia il 14 febbraio scorso quando la donna si presenta al Moscati e chiede l'esecuzione di un esame dopo aver eseguito alcune analisi che potevano far sospettare una forma di leucemia. Amandonico viene mandata a casa con una terapia e non viene eseguito alcun accertamento. Il 5 marzo il ricovero dopo uno stato febbrile: viene accertata una forma di leucemia quindi inizia il ciclo di chemioterapia al termine del quale la donna si riprende. Pochi giorni dopo, la comparsa dell'infezione che la porta alla morte nel giro di 24-36 ore. L'inchiesta è condotta dal pm Raffaele Graziano che potrebbe conferire l'incarico a un collegio peritale per verificare i vari aspetti che toccano questa vicenda (dal ritardo di diagnosi, alla gestione del ricovero e delle procedure di prevenzione del rischio clinico).

L'ASL: NESSUNA RESPONSABILITA' - "La signora è giunta all’osservazione della struttura con una “franca leucemia acuta febbrile dispnoica” e la classica condizione di paziente in uno stato già di setticemia con grave insufficienza respiratoria e in precarie condizioni di vita. Il personale della struttura ha iniziato la terapia immediatamente e ha assistito ad un lento e progressivo miglioramento, anche senza raggiungere mai la piena autonomia da ossigenoterapia.

Sul piano ematologico si è registrato un quasi azzeramento del numero di globuli bianchi con il convincimento che la Sig.ra Amandonico potesse anche avere qualche chance di arrivare alla fase successiva di quello che è l’obiettivo della remissione della malattia. Tuttavia, dopo due giorni di relativa riduzione della febbre, la paziente ha sviluppato un’infezione orale con coinvolgimento della lingua e grave difficoltà respiratoria.

Nel frattempo le emoculture erano risultate positive per una Klebsiella multiresistente e, nonostante la terapia antibiotica ad ampio spettro instaurata sin dall’inizio del ricovero, la paziente è deceduta per una setticemia.

L’epicrisi è che nessuna paziente nella stanza era contaminata e al momento in reparto non si registrano altre setticemie. Si deve pertanto concludere che la Sig.ra Amandonico avesse già in sé la Klebsiella, e nella fase di maggiore immunodepressione questa ha dato esito a setticemia gravissima e mortale.

Nessuna responsabilità, pertanto, può essere attribuita all’operato degli operatori del reparto, né alle condizioni della degenza.

LA DIFESA (AVVOCATO SISTO): UN ASSIST PER LA NOSTRA TESI - Non si fa attendere la controreplica dell'avvocato Francesco Paolo Sisto che assiste la famiglia: «La nota della Asl, pur ricostruendo i fatti in modo parziale (tralasciando numerosi aspetti fondamentali della storia clinica della paziente), fornisce a questa difesa elementi importanti a sostegno di quanto già esposto, e  dettagliatamente,  all'autorità giudiziaria.

Sulla "singolare" ipotesi del batterio contratto altrove e non in ospedale, anche se  ciò per assurdo rispondesse al vero, verrebbe da chiedersi il perchè della sua scoperta dopo oltre 10 giorni dal ricovero e nonostante gli approfondimenti che un caso del genere avrebbe richiesto. Tale tesi, peraltro, contrasta con altri elementi già messi a disposizione della polizia giudiziaria».

Da quanto si è appreso, i familiari avrebbero messo in discussione le procedure di gestione di paziente immunodepressi: del resto non è la prima volta che simile infezioni fanno «stragi» negli ospedali. A Brindisi, proprio per la klebsiella, si sono registrate decine di vittime: un batterio - come dimostrato - contratto in ospedale.

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