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Matarrese: «Bari regalaci
una gioia. Ti vogliamo in A»

 
Nicola PEPE

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Nicola PEPE

Matarrese: «Bari regalaciuna gioia. Ti vogliamo in A»

L'ex numero 1 della Figc: Resto sempre un tifoso biancorosso

Mercoledì 24 Gennaio 2018, 13:30

GAETANO CAMPIONE

Ci sono compagni di viaggio che non ti abbandonano mai. Tu cerchi inutilmente di dimenticarli, di allontanarli dall’album dei ricordi. Loro, invece, restano lì a farti compagnia per sempre. Quando si parla di calcio con Antonio Matarrese, aleggia sempre la presenza di Roberto Baggio. Il «divin codino» e quel rigore maledetto sbagliato ai Mondiali del 1994. Matarrese ricorda tutto il film, fotogramma dopo fotogramma. E lo rivive ogni qualvolta si parla di calcio. L’assordante silenzio dello stadio Rose Bowl di Pasadena, l’emozione, il dolore, l’attesa e l’angoscia. Ricorda anche il cerchio di gesso bianco coperto dal pallone. L’eco dei passi del fantasista prima di battere il rigore è diventata la colonna sonora di questo incubo.
«Quell’errore - dice - ha cambiato la mia storia. Negli spogliatoi piangevano tutti. Paolo Maldini mi tirò per un braccio: «Presidente, se non viene lei, non la smettono più». Andai per consolarli, invece piansi anche io».

L’esperienza in Federcalcio e con la Nazionale è stata comunque positiva: «La definirei esaltante. L’arrivo di Arrigo Sacchi fu la più grande operazione di marketing mai conclusa a quei tempi. Bisognava saper sfruttare le occasioni e io lo feci. Lui era un uomo con i piedi per terra, lucido, trasparente, determinato, un maestro di vita. Oggi lo vedo bene nel ruolo di dispensatore di consigli perché resta un patrimonio del calcio italiano. La sua stagione però è passata. La storia non si ferma e deve andare avanti. Anche se mi manca il suo rispetto per le istituzioni, gli insegnamenti inculcati ai giocatori: quando entrava il Presidente tutti si alzavano in piedi. Un gesto spontaneo, che racchiude però un significato profondo. E io ricambiavo aggiustandomi la cravatta prima di entrare».

Chi vedrebbe oggi alla guida della Nazionale?
«I bravi allenatori sono tanti. Ventura, ad esempio, è stato un grande tecnico. Anche quando si occupava del Bari. Purtroppo il prodotto che offre oggi il calcio italiano non è quello di una volta e si raccoglie poco. Anche un giovane andrebbe bene alla guida della Nazionale per creare entusiasmo. La scelta dipenderà molto da cosa dovrà gestire il nuovo tecnico».
La corsa verso la poltrona della Federcalcio sembra all’insegna del caos totale. Lei, cosa pensa?
«Il mondo del calcio è imprevedibile. Ad esempio, nel 1982 spuntai io. Ma avevo un curriculum alle spalle. Mi auguro che non si improvvisi nulla perché per gestire la Figc, un organismo difficilissimo, servono esperienze di politica aziendale e calcistica».

Come giudica i tre candidati?
«Innanzitutto sono persone serie, affidabili, preparate. Il più esperto, per quello che ha fatto e per come lo ha fatto, mi sembra Gravina. La candidatura di Tommasi ha il sapore della sfida e può essere una forzatura. Sibilla, pur essendo una persona valido, è arrivato da poco».

Il calcio italiano non è più quello di una volta?
«C’è un po’ di stanchezza. Ma è tutto normale quando si chiude un ciclo storico. Il nostro calcio rimane uno dei migliori. Forse, ci siamo stancati ad essere primi e abbiamo bisogno di recuperare energie. A volte, pensiamo troppo agli scontri verbali e ci allontaniamo dalla sostanza».

Berlusconi, perché ha mollato?
«Si è stancato anche lui. Ha dato molto. Il calcio logora. Stress, tensioni, problemi. E’ il lato B del mondo del pallone».

I soldi nel calcio?
«Ci sono, ci sono sempre stati. Bisogna saper gestire con più attenzione. Il giocattolo non si è rotto, è solo ammaccato».

Il Var lo ritiene utile?
«Sono sempre stato contrario alla tecnologia, ma se questa migliora il prodotto, alzo le mani. Servono però più garanzie. Il Var non mi fa impazzire».

E veniamo al Bari. Lo segue sempre?
«Sempre. In televisione, su internet. Non perdo mai una partita. È stata una storia d’amore e l’amore non si cancella. Anche se col trascorrere del tempo c’è il rischio che il sentimento si affievolisca».

Una passione tormentata?
«Il mio ricordo va a Vincenzo. Ci manca. Lui era il Bari. La sua storia ci inorgoglisce».

Il presidente Giancaspro porterà il Bari in serie A?
«Noi tutti tifiamo per lui e per il Bari in serie A. Io resto il primo tifoso biancorosso. Non bisogna mai dimenticarlo. Se il club dovesse approdare nella massima serie, sarebbe il miglior regalo per i Matarrese: dopo tanti dolori, finalmente una grande gioia».

Lo stadio San Nicola è sempre al centro delle polemiche.
«A vederlo così mi viene da piangere. È una mortificazione per la città e per la sua storia sportiva. Spero che il Comune trovi una soluzione, Certo, non è facile. Ma per noi è come avere un lutto in famiglia».

Lo stadio più bello visitato?
«Quello di Seul della finale dei Mondiali di calcio. Un monumento scioccante alla bellezza».

Nella vita è meglio governare o essere all’opposizione?
«Per governare bene, bisogna essere stati all’opposizione».

Presidente Matarrese, riuscirà a disintossicarsi dal calcio?
«Penso sia impossibile. Vede, ho un nipotino di 11 anni che si chiama come me. Lui gioca a calcio e ha già segnato tre gol».

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