MASSIMILIANO SCAGLIARINI
BARI - bariVia alla creazione dell’Acquedotto del Mezzogiorno, che si occuperà della grande adduzione tra Puglia, Basilicata e Calabria, ma con la possibilità per le Regioni di «conferire ulteriori infrastrutture di trasporto e approvvigionamento». E via anche alla riorganizzazione dei gestori idrici interessati, che nel frattempo otterranno la proroga di cinque anni delle concessioni in scadenza. A un anno dalla presentazione ufficiale (durante il congresso nazionale Anci di Bari) il progetto di Michele Emiliano si è trasformato in un emendamento bipartisan alla legge di Stabilità su cui la commissione Bilancio della Camera ha cominciato a discutere ieri: la nuova società deve subentrare all’Ente irrigazione, di cui prenderà il posto a partire da giugno, con la prospettiva strategica di incorporare Acquedotto Pugliese.
Per capire il senso dell’emendamento (primo firmatario Dario Ginefra, poi Pelillo, Mongiello, Palese e Fratoianni) è opportuno ricordare le parole di Emiliano in quell’incontro di un anno fa. «Nell'interesse dell'intero Mezzogiorno - disse a ottobre 2016 - intendiamo dare avvio e realizzare un percorso nel quale Aqp si trasformi in una holding industriale partecipata da quelle Regioni che intendano partecipare al progetto attraverso il conferimento delle rispettive partecipazioni azionarie nelle aziende regionali attive nell’acqua». Significa che l’Acquedotto del Mezzogiorno, che sarà vigilato dal Dipartimento politiche di coesione di Palazzo Chigi e dal ministero dell’Agricoltura, partirà inizialmente come una società tra tre Regioni. L’assegnazione delle quote avverrà «in relazione alla disponibilità e all'utilizzo delle risorse idriche che alimentano il sistema e tenendo conto della presenza sui territori regionali delle infrastrutture di captazione e grande adduzione», dunque con la maggioranza in mano alla Basilicata. In una seconda fase, oltre a consentire l’ingresso di altre Regioni «interessate ai trasferimenti idrici tra regioni del distretto idrografico dell'Appennino Meridionale» (quindi Abruzzo, Calabria, Lazio e Molise), la norma permetterà «di conferire, in tutto o in parte, partecipazioni al capitale di società attive in settori correlati». Con il conferimento di Aqp, che è la principale società idrica del Mezzogiorno, la Puglia diverrebbe quindi azionista di riferimento del gestore unico meridionale.
Un progetto articolato, dunque, il cui iter parlamentare non è stato affatto facile, se è vero che l’emendamento-Ginefra è stato riformulato più volte: il governo - tramite il ministro Claudio De Vincenti - ha infatti tentato di far saltare l’ultimo comma, quello che autorizza appunto i conferimenti societari. Ma poi - sempre se la discussione notturna confermerà il testo d’entrata, con il presidente della commissione, Francesco Boccia, fermamente intenzionato a preservare il pacchetto unico - è prevalso un ragionamento che suona più o meno così: l’emendamento è perfettamente coerente con la riforma del settore idrico e con il nuovo Piano dighe che entreranno in Finanziaria. Il beneficio pratico immediato è la «normalizzazione» delle tariffe, perché l’Acquedotto del Mezzogiorno applicherà ai singoli gestori un costo di adduzione determinato dall’Autorità per l’energia. Il beneficio di scenario, invece, è la riduzione del numero delle gestioni idriche: Lazio, Campania e - soprattutto - Calabria sono ancora alle prese con le gestioni in economia, praticamente ferme sul fronte investimenti. Mentre invece la nuova società potrà gestire un tesoretto di fondi pubblici pari a oltre 3 miliardi.
Sul versante tecnico, l’operazione ha visto il lavoro di cesello del numero uno di Aqp, Nicola De Sanctis, che in questi mesi ha incontrato i tecnici di Palazzo Chigi e i referenti delle Regioni. Sul fronte politico, l’iniziativa targata Fronte Democratico permette a Michele Emiliano di saltare a pié pari il tema del futuro di Aqp. Almeno per il momento. La concessione verrà infatti prorogata automaticamente al 2023, ma è chiaro che se si andrà avanti con il conferimento la questione non si porrà più. Scomparirebbe dunque dall’orizzonte politico l’ipotesi di trasferire Acquedotto Pugliese ai Comuni, progetto immaginato ai tempi di Nichi Vendola ma che non ha mai entusiasmato il suo successore.