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«La costa divorata dal cemento»
Allarme nel report di Legambiente

«La costa divorata dal cemento»
Allarme nel report di Legambiente

 
«La costa divorata dal cemento» l'allarme nel report di Legambiente

Santa Cesarea, San Gregorio e Lido Marini i centri più compromessi

Domenica 17 Dicembre 2017, 19:04

Già compromessa oltre la metà della costa, sei località leccesi preda dell’espansione: il cemento ha divorato ampi tratti del litorale, con un boom senza freni negli ultimi due decenni. La fotografia restituita da Legambiente fa suonare il campanello d’allarme.

I centri in cui si registrano le trasformazioni più rilevanti sono Santa Cesarea Terme, San Gregorio e Lido Marini. Risultano quasi raddoppiati i suoli occupati dai tessuti di Torre Mozza, Baia Verde e Sant’Isidoro per la creazione di insediamenti turistici. Diversi sono gli interventi infrastrutturali, che hanno riguardato la trasformazione delle foci di alcuni fiumi e l’ampliamento di diversi porti: tra questi anche Santa Maria di Leuca.

“Vista mare. La trasformazione dei paesaggi italiani costieri” è il libro che contiene il report anche relativo al Leccese, uno schiaffo per i Comuni salentini, che ancora non sentono l’urgenza di cambiare modello di sviluppo recependo le indicazioni del Piano paesaggistico regionale.

Ciò che è chiaro è che il 56 per cento (pari a 454 chilometri) degli 810 chilometri di litorale regionale risulta già urbanizzato e trasformato da costruzioni legali o abusive. Lo studio dell’associazione, attraverso scatti satellitari ravvicinati, documenta come le costruzioni abbiano invaso i litorali, anche in barba alla Legge Galasso approvata nel 1985 e che prevede un vincolo di tutela per le aree costiere fino a 300 metri dalla linea di costa.

Seconde case, strutture ricettive, turistiche e ville di lusso: l’espansione magmatica è stata spesso favorita anche dall’inadeguatezza degli strumenti urbanistici, mai aggiornati da 40 anni a questa parte in una buona fetta di comuni.

«Da sottolineare – dicono da Legambiente - è anche la crescita di centri che sono alle spalle della costa e che hanno influenzato la trasformazione di tratti costieri sui quali insistono, con costruzioni lungo le strade di accesso». Un esempio eclatante riportato è ciò che c’è immediatamente a ridosso del tratto di costa che va da Santa Maria di Leuca a Taranto. Così la Puglia ha visto scomparire in 24 anni 50 chilometri di aree agricole lungo il litorale. «Ci preoccupa - dichiara Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia - l’aumento del cemento in tratti originariamente naturali e agricoli. Occorre un radicale cambio di marcia sul fronte dell’abusivismo edilizio, puntando alla demolizione dei tanti edifici non a norma presenti sul territorio costiero così da dare un chiaro segnale di cambiamento rispetto al passato».

Si guarda al domani: l’approvazione del Piano paesaggistico regionale, ai sensi del Codice dei beni culturali, ha segnato un cambiamento di enorme importanza per il futuro delle coste. Ha imposto, infatti, l’inedificabilità delle aree a meno di 300 metri dal mare (sono consentiti soltanto interventi di riqualificazione/recupero, compatibili con le specificità del contesto) e la possibilità di guidare le trasformazioni lungo le coste pugliesi verso la riqualificazione edilizia, la valorizzazione dei paesaggi rimasti integri, di immaginare e realizzare politiche e interventi per un turismo di qualità.[t.c.]

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