BARI - Un supplemento di indagini è stato disposto dal gup del Tribunale di Bari Antonio Diella nel processo sul presunto disastro ambientale causato dalla discarica di Conversano in contrada Martucci. Nel procedimento che si sta celebrando con il rito abbreviato, il pm Baldo Pisani aveva già chiesto nel febbraio scorso nove condanne a pene comprese fra i 24 e i 22 mesi di reclusione per altrettanti imputati. Si tratta di titolari e tecnici della società 'Lombardi Ecologia Srl' proprietaria della discarica, dei componenti la commissione di collaudo regionale che avrebbero omesso i controlli e dell’amministratore della società 'Progetto gestione bacino Bari 5' che gestisce l’impianto. Sono costituite parti civili il Ministero dell’Ambiente, la Regione Puglia, Città Metropolitana di Bari, nove Comuni, Legambiente e WWF, che hanno chiesto la condanna degli imputati a risarcimenti milionari.
Nell’udienza di oggi, in cui era prevista sentenza, il giudice - accogliendo la richiesta di alcuni Comuni costituti parti civili - ha disposto l’acquisizione di ulteriore documentazione presso il Comune di Conversano e la Regione Puglia, relativa all’analisi e al monitoraggio delle acque sotterranee con particolare riferimento alla presenza di nitrati nelle aree circostanti la discarica, «per la identificazione - scrive il gup - delle fonti potenziali di inquinamento». A tal fine il giudice ha anche disposto l’esame del responsabile dell’Isra Cnr di Bari (Istituto di Ricerca sulle Acque), incaricato dalla Regione di eseguire quelle verifiche. Si tornerà in aula l’8 e il 22 gennaio 2018.
In relazione alla realizzazione della discarica gli stessi imputati sono già a processo per i reati, a vario titolo contestati, di falso ideologico, omissione di atti di ufficio, truffa, frode in pubbliche forniture e gestione di rifiuti non autorizzata. Stando alle indagini dei Carabinieri del Noe, la vasca che per anni ha raccolto i rifiuti (anche pericolosi e non autorizzati) non sarebbe stata costruita secondo il progetto e le norme di legge; in particolare sarebbe stata usata una quantità inferiore di argilla e questo avrebbe provocato l'infiltrazione del percolato nel sottosuolo. Così la falda sarebbe stata inquinata e, di conseguenza, anche i terreni agricoli dell’area.