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«Aqp, più investimenti
per combattere la crisi
Ma c'è l'emergenza acqua»

 
Nicola PEPE

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Nicola PEPE

«Aqp, più investimentiper combattere la crisiMa c'è l'emergenza acqua»

Il presidente: l'azienda rimarrà pubblica. In appalti spendiamo più della media nazionale

Domenica 15 Ottobre 2017, 13:30

MASSIMILIANO SCAGLIARINI

BARI - Esiste «un enorme fabbisogno di nuovi investimenti» per migliorare il servizio idrico e garantire la manutenzione delle reti. Ma Aqp, secondo il presidente Nicola De Sanctis, è sulla buona strada: i numeri dicono che Acquedotto Pugliese è già oltre la media nazionale. Tuttavia, resta il problema del rinnovo della concessione e, a breve termine, c’è la crisi idrica: se non dovesse piovere, a novembre ci saranno altre restrizioni.

De Sanctis ha fatto il punto a margine del Festival dell’Acqua ospitato negli scorsi giorni a Bari (32 sessioni tecnico scientifiche, 218 relatori, 1.800 partecipanti da tutta Europa con 2.600 pernottamenti nelle strutture cittadine): «Un grande successo - dice - perché è stato confermato l’interesse intorno a quanto Aqp sta facendo, ma è stata anche evidenziata la caratteristica specifica del settore idrico nel Mezzogiorno. Un mercato estremamente frammentato con ben 900 gestori, a fronte di un bacino idrico unico che richiederebbe quindi una visione unitaria: al Nord, per esempio, nessuno parla di acqua piemontese o acqua lombarda». In questo senso, «esiste un forte fabbisogno infrastrutturale tenuto conto anche delle infrazioni Ue per la depurazione: servono 1,5-2 miliardi l’anno per i prossimi sei-sette anni. Oggi al Sud si investono 16 euro per abitante contro una media nazionale di 32, e con Aqp che è già a 42». Perché non si investe? «Il mercato è troppo frazionato. Ma quello idrico può davvero essere un settore per il rilancio economico del Paese: parliamo infatti di tecnologie e di manodopera italiana».

E gli investimenti? «Registriamo - dice De Sanctis - l’interesse della Banca europea per gli investimenti a erogarci un finanziamento da 200 milioni, che travalica anche la durata della concessione e dà conto della rilevanza di Acquedotto nello scenario idrico europeo». Quando finiranno i fondi strutturali, nel 2020, Aqp dovrà finanziarsi solo con la tariffa: «Dobbiamo aumentare il volume degli investimenti - ribadisce il presidente -, il momento è positivo con una rinnovata coesione tra l’azienda e la governance. Abbiamo rinforzato la parte tecnica con circa cinquanta nuove figure professionali».

Resta, però, il nodo della concessione di gestione che scadrà nel 2018. La legge imporrebbe una gara d’appalto, a meno di non ricorrere all’affidamento in-house che per Aqp è particolarmente complicato: la società è posseduta al 100% dalla Regione ma i titolari del servizio idrico sono i Comuni. Per questo è stato insediato un tavolo di concertazione con l’Autorità idrica pugliese, tavolo che ha concluso i lavori. «L’azienda - dice De Sanctis - è pubblica e deve rimanerlo, le modalità andranno stabilite entro il 30 giugno». L’idea è di chiedere un parere all’Anac che chiarisca come va considerata l’attuale affidamento ope-legis: se è possibile affermarne la natura convenzionale, l’idea (non nuova) sarebbe di prorogarlo per altri dieci anni.

Altro tema, la crisi idrica. Da qualche settimana Aqp ha ridotto la pressione per risparmiare circa 1.000 litri al secondo. Forse, però, non basta. «Abbiamo un nuovo modello previsionale - spiega De Sanctis - che fin da aprile ha mappato l’andamento di previsioni meteo e consumi. Il modello finora ha rispecchiato la realtà, e ci dice anche che per il momento non è previsto l’arrivo della pioggia. Serve, quindi, una gestione molto oculata». Se non dovesse piovere, insomma, da novembre scatterebbero ulteriori riduzioni di pressione: lo step successivo, sempre nell’ipotesi peggiore, sarebbero i razionamenti. «Il nostro piano di riduzioni ha gestito senza creare grossi problemi ma non ha creato nuova risorsa. Dal 2009 al 2016 abbiamo risparmiato 58 milioni di metri cubi pur a fronte di un miglioramento del servizio, ma non abbiamo 58 milioni di metri cubi in più negli invasi». Significa che l’acqua risparmiata è finita all’agricoltura, che preleva senza limiti e quasi sempre senza pagare: se il clima non cambia, da gennaio ci saranno grossi problemi nei campi.

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