Eustachio Cazzorla
MONOPOLI - Neonata abbandonata dopo il parto e morta a Cala Monaci. La madre aveva pronte le valigie e stava per rendersi irreperibile in Albania. Nel Paese di origine di sua madre avrebbe trovato un buon nascondiglio. La decisione sarebbe maturata dopo il costante aumento di attenzione verso la donna da parte degli inquirenti del locale Commissariato di polizia diretto da Walter Lomagno. Già a metà marzo era stata convocata più volte per dare spiegazioni sull’accaduto. La donna aveva negato di aver mai avuto un’interruzione nel ciclo mestruale negli ultimi mesi, ma alla fine, messa alle strette aveva confessato con un «non sapevo come fare» confermato anche davanti al pm e la sua posizione è passata da persona informata sui fatti a quella di indagata per omicidio volontario.
Ora spetta al sostituto procuratore del tribunale di Bari, Giuseppe Dentamaro, il compito di approfondire la questione e di cercare di capire se si sia trattato di omicidio premeditato o involontario. Intanto, la donna si è avvalsa della facoltà di non rispondere durante l'interrogatorio di convalida del fermo eseguito nei suoi confronti due giorni fa appunto per il presunto pericolo di fuga in Albania. Il giudice deciderà nelle prossime ore se emettere una misura cautelare.
Attualmente la 23enne è detenuta nel carcere di Trani. Nelle scorse settimane, sentita come persona informata sui fatti, aveva già confessato di aver partorito la figlia in spiaggia e averla abbandonata tra gli scogli, lo scorso 15 febbraio, dove è stata poi trovata da una coppia di turisti. Ma quella cupa sera di febbraio, Lidia Rubino, 23 anni a settembre, di Castellana Grotte, sulla spiaggia di Cala Monaci non era sola al momento del parto.
Al vaglio degli inquirenti c’è anche la posizione di alcune persone, ora indagate, che potrebbero averla aiutata nel dare alla luce la piccola bimba abbandonata viva sugli scogli della spiaggia alla periferia nord della città, senza un nome e senza un vestitino. È morta nel giro di un paio d’ore, per il freddo e per l’acqua di mare che lambiva il corpicino sul bagnasciuga.
La donna sui social network utilizza il soprannome di «Chica». A detta di molti, era un’assidua frequentatrice dei locali da ballo della costa e di una discoteca per cui faceva la «PR». Senza una fissa occupazione, lavorava saltuariamente come estetista ed era nota per la decorazione artistica delle unghie una tecnica appresa anni fa in una scuola del settore del beauty, di Bari.
Sul suo profilo mette in mostra le creazioni artistiche ma anche le foto con varie amiche e di effusioni con vari amici. Sembra la vita di una normale giovane donna con il retroscena che la polizia di Stato ha smascherato dopo laboriose indagini. Secondo alcune indiscrezioni si tratterebbe del secondo parto della donna. E questo spiega come la situazione possa essere sfuggita di mano per la velocità del parto. Pare che il primo bimbo sia stato lasciato in anonimato all’Ospedale per essere dato in adozione. Se la notizia fosse confermata, gli inquirenti e la gente, si chiedono ora il perché la donna non abbia voluto scegliere anche in questo caso la via dell’adozione in completo anonimato anche per la piccola Chiaraluna?
Nei prossimi giorni la difesa depositerà un’istanza alla Procura Bari per una perizia psichiatrica. «Lidia, detenuta a Trani, al momento è molto provata dall’esperienza traumatica del carcere e non è nella condizione di poter offrire alcun contributo», ha dichiarato l’avvocato Nicola Miccolis, il quale annuncia, infatti, «l'intenzione di garantire la massima collaborazione all’autorità inquirente, ma è necessario comprendere la reale condizione psicofisica della ragazza, affinché possa rendere dichiarazioni consapevoli nel rispetto dei suoi diritti».
«Da un punto di vista difensivo - dice ancora il legale - ritengo necessario verificare se vi sia stato il coinvolgimento di altre persone in questa vicenda che, al momento, è ben lontana dall’essere chiara». Risulta inoltre documentalmente confermata, riferisce la difesa, la circostanza che circa tre anni fa la ragazza abbia avuto un altro parto e in quella occasione aveva anonimamente lasciato il bambino in ospedale, poi dato in adozione.
«Smentisco che avesse intenzione di fuggire» conclude l’avvocato, spiegando così di aver chiesto al gip la scarcerazione della ragazza perché «il presupposto del pericolo di fuga all’estero non sussiste».