TARANTO - Sono cinque, tre uomini e due donne, i braccianti romeni che si sono rivolti alla Flai Cgil di Taranto e alla Flai Puglia denunciando di essere stati sfruttati nei campi e segregati per circa tre mesi in un casolare nelle campagne di Ginosa, senza avere possibilità di comunicare con l'esterno ed in in condizioni igieniche definite 'disumanè. La posizione del datore di lavoro e dei 'caporalì è al vaglio dei carabinieri. I romeni dopo una preliminare accoglienza all’interno di una struttura che si occupa di volontariato e grazie anche all’interessamento del sindaco di Taranto Ippazio Stefano, attualmente sono sotto la protezione della Flai in un luogo sicuro. La storia di questi braccianti sfruttati è stata raccontata nel corso di una conferenza stampa dai segretari provinciale e regionale della Flai Cgil, Assunta Urselli e Antonio Gagliardi, dal segretario generale della Cgil di Taranto, Paolo Peluso, e dal segretario generale della Cgil Puglia, Pino Gesmundo.
«Loro - ha spiegato Assunta Urselli - venivano presi dal casolare in cui vivevano, portati in campagna, raccoglievano il prodotto per portarlo in un capannone e lavoravano fino alle 8, le 9 di sera, con la neve, la pioggia, in condizioni critiche. Una donna si è sentita male per sfinimento ed è stata portata in ospedale e lasciata lì senza documenti, perchè venivano trattenuti dal datore di lavoro». L’accordo con il proprietario terriero prevedeva una «retribuzione di 28 euro al giorno - ha aggiunto la sindacalista - ma in realtà in questi mesi hanno preso al massimo 150-200 euro, che era quello che il datore di lavoro dava quando voleva. Loro avanzano il salario e ovviamente non hanno nessun tipo di tutela: senza assunzione, senza contratto». Nell’ambiente in cui vivevano «scorrazzano topi e ragni e i servizi igienici sono fatiscenti. Ce n'è solo uno all’esterno vicino un pozzo da cui i braccianti attingono l'acqua per cucinare e bere. Non c'è l’acqua corrente e alle spalle c'è un porcilaio. Il fetore è dunque insopportabile perchè entra dai finestrini del dormitorio. Attualmente all’interno del casolare potrebbero esserci ancora altri lavoratori stranieri».