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Ilva, no del giudice a patteggiamento
Riva: pochi 1,3 mld da restituire

 
Nicola PEPE

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Nicola PEPE

Martedì 14 Febbraio 2017, 14:31

21:37

MILANO, 14 FEB - «Le richieste» di patteggiamento avanzate da Adriano, Fabio e Nicola Riva, «non possono essere accolte per assoluta incongruità delle pene concordate (...) a fronte dell’estrema gravità dei fatti contestati, costituiti (...) da plurimi reati di bancarotta fraudolenta caratterizzati da numerose distrazioni asseritamente realizzate attraverso le complesse operazioni», ricostruite dalla Procura, «di importi rilevantissimi ai danni della società Riva Fire spa e Ilva spa».

Così il gip di Milano Maria Vicidomini ha respinto le istanze di patteggiamento concordate dopo mesi di trattative con la Procura e avanzate dal fratello e dai due figli di Emilio Riva, l' ex patron del colosso siderurgico scomparso nel 2014, nell’ambito dell’indagine sul crac del gruppo.

Il giudice non solo non ritiene congrue le pene ma boccia pure l’intesa, che l’ex premier Matteo Renzi alla fine di novembre aveva dato come conclusa e di lì a poco operativa, spiegando che in realtà è «una bozza di transazione» con cui i Riva lo scorso 2 dicembre hanno dato l’assenso a far rientrare in Italia il miliardo e 330 milioni di euro, in gran parte sequestrato in una delle indagini condotte dalla Gdf e congelato su un conto in Svizzera, per metterlo a disposizione della bonifica ambientale dello stabilimento tarantino. Una somma, questa, che avrebbero messo sul piatto nella convinzione di poter beneficiare di un atteggiamento più morbido nella definizione delle pene e della concessione delle attenuanti generiche, per il gip, invece, «non (...) applicabili».

L’accordo, si legge nell’atto, essendo onnicomprensivo e "raggruppando in maniera generica una molteplicità di reciproche rinunce ad azioni esercitabili in sede civile, amministrativa e penale, rischia di tradursi in una sostanziale e totalizzante abdicazione (...) alla tutela di molteplici e variegati interessi non solo da parte degli imputati ma anche del commissario straordinario di Ilva spa e del curatore speciale di Riva Fire» nei confronti di coloro che hanno il diritto ad essere risarciti. Interessi «che richiederebbero altre forme di salvaguardia». E poi, sottolinea il gip, «esula dai profili strettamente risarcitori dei danni correlabili ai reati» e mancano pure le condizioni per la confisca del denaro.

In base all’intesa raggiunta tra le difese e il Procuratore di Milano Francesco Greco e i pm Stefano Civardi e Mauro Clerici, le proposte di pena non accolte dal giudice Vicidomini (passata alla ribalta per aver prosciolto Silvio Berlusconi per il caso Mediatrade) erano: 2 anni e mezzo per Adriano, tra i 4 e i 5 anni (in continuazione con una condanna già definitiva) per Fabio e circa 2 anni per Nicola.

Intanto, da un lato non si esclude che legali e pm ritentino con un nuovo accordo in vista dei patteggiamenti e del rientro dei capitali da usare per il risanamento ambientale, e dall’altro dal gruppo Riva hanno assicurato che «rimane immutata la volontà di fattiva collaborazione con l’autorità giudiziaria di Milano e di Taranto e con il Governo per la soluzione delle questioni riguardanti le problematiche dell’Ilva».

Infine fonti vicine ai commissari hanno fatto sapere che «il patteggiamento richiesto dalla famiglia Riva al Tribunale di Milano non riguarda la società Ilva, che non è parte del relativo procedimento. Non si ritiene che la decisione del gip possa influire con il processo di vendita». E inoltre che «la transazione, di importo rilevantissimo, ha ad oggetto le azioni civili intraprese dai Commissari Straordinari di Ilva nei confronti della famiglia Riva ed è fondamentale per la sopravvivenza della società perché consente di disporre in tempi brevi delle risorse necessarie al completamento del risanamento ambientale dello stabilimento di Taranto e, quindi, per la continuità produttiva dell’impianto».

«In assenza della transazione - hanno tenuto a rimarcare negli ambienti vicini ai commissari - Ilva dovrebbe affrontare un lungo e impegnativo contenzioso con la famiglia Riva, non potendo disporre, in tempi compatibili con l’esigenza di assicurare la prosecuzione della produzione e la tutela dell’occupazione, delle risorse necessarie a garantire che le attività si svolgano in condizioni di assoluta sicurezza e rispetto dell’ambiente».

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