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La Finanza alle Sud-Est
parte la nuova inchiesta

 
La Finanza alle Sud-Est  parte la nuova inchiesta

La ferrovia sull'orlo del crac. Prese le carte sull'avvocato Schiano. Quattro i capitoli d'indagine

Sabato 16 Aprile 2016, 12:00

di GIOVANNI LONGO E MASSIMILIANO SCAGLIARINI

BARI - La verifica è partita da quattro capitoli: le nomine nell’Organo di vigilanza e le sei società cui sono stati esternalizzati i servizi informatici. Ieri mattina la Guardia di Finanza si è presentata nella sede barese delle Sud-Est per il primo passo ufficiale dell’inchiesta sulla spoliazione della più importante ferrovia concessa d’Italia: un buco da 310 milioni di euro.

L’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto di Bari, Lino Giorgio Bruno, è stata aperta dopo la relazione del commissario straordinario Andrea Viero, secondo cui in 10 anni sarebbero stati spesi 272 milioni di euro tra consulenze, spese legali e - appunto - esternalizzazioni, costate da sole quasi 200 milioni. Il fulcro dell’inchiesta è l’ex amministratore unico Luigi Fiorillo, alla guida dell’azienda dal 1993 a novembre scorso: è indagato per peculato insieme all’avvocato romano Angelo Schiano, che dal 2001 ha maturato 27 milioni di compensi legali.

La verifica sull’Organo di vigilanza, nonché sul modello 231 e sui rapporti con la Regione, delega di indagine affidata al pm Bruna Manganelli, è partita proprio per un possibile conflitto di interessi di Schiano. «Gli avvocati Angelo Schiano e Pino Laurenzi (suo socio di studio, ndr) - è scritto nella due diligence predisposta dalla Deloitte - hanno fatto parte dell’OdV di Fse nel periodo dal 12.4.2013 almeno fino al 24.9.2015, con evidente inefficienza del Modello, considerando che gli stessi erano destinatari di importanti incarichi di consulenza e assistenza legale che li poneva[no] come soggetti diretti di controllo da parte dell’OdV». Non meno importante il capitolo delle esternalizzazioni. I tre contratti con Eltel, Centro calcolo e Bit «singolarmente presi, destano particolare attenzione», ha scritto il commissario Viero, anche perché firmati senza procedure ad evidenza pubblica. In 10 anni sono stati spesi 42 milioni per le buste paga di Centro Calcolo, 30 per i servizi di gestione del personale affidati a Bit, 10 per la stampa dei biglietti da parte di Eltel. Contratti di cui la relazione mette in dubbio sia «le ragioni» che la convenienza economica (visto che si tratta sempre di informatica - è il ragionamento - sarebbe stato più logico affidarsi a un solo fornitore), oltre che la stessa forma: i contratti non sono scritti su carta intestata delle Sud-Est, si assomigliano tutti e hanno tutti le stesse scadenze. In più, la proprietà delle tre società è riconducibile agli stessi soci, i fratelli romani Eugenio e Ferdinando Bitonte. Altre tre società romane (Eade, Informa e Epc) hanno percepito ulteriori 116 milioni, sempre per servizi collegati all’informatica, anche in questo caso a trattativa diretta e con la particolarità, già raccontata dalla «Gazzetta», dei 14 contratti da 40mila euro che Fiorillo ha sottoscritto con Eade l’8 gennaio 2015: un espediente - secondo il commissario Viero - per sfuggire alla gara d’appalto. E non basta ancora. I software comprati da Eade sono stati capitalizzati in bilancio per 46 milioni di euro ed è stato deciso di ammortizzarli in 20 anni: «Periodo - scrive Viero - che risulta più coerente con il ciclo di vita di un treno che con quello di un’applicazione, per la quale 3 o 5 anni sono orizzonti temporali assai più coerenti». Un maquillage contabile effettuato nel disperato tentativo di nascondere la voragine dei debiti.

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