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La Popolare di Bari
rilancia la sfida

 
Giuseppe De Tomaso

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Giuseppe De Tomaso

La Popolare di Bari rilancia la sfida

In pista per la spa. Obiettivo storico: la Super-Popolare del Mezzogiorno

Domenica 27 Marzo 2016, 12:24

di Giuseppe De Tomaso

Una sfida continua. Per la Banca Popolare di Bari è vietato stare fermi. La rivoluzione copernicana voluta dal goverrno, che ha introdotto, per le Popolari sopra gli 8 miliardi di attivi, l’obbligo di trasformarsi in società per azioni, trova il presidente Marco Jacobini più combattivo che mai. Per la più grande banca del Sud la spa sarà una sfida che non comporterà una mutazione genetica: lo spirito sarà sempre quello che ha animato i suoi prima 60 anni di vita e di successi. Certo, diventare spa richiederà un supplemento di sforzi e di obiettivi, perché la competizione sarà più serrata e la contendibilità più marcata. Ma Jacobini non vede l’ora di affrontare questa nuova prova.

Certo, il bilancio 2015 non si è concluso con i fuochi d’artificio, ma neppure Padre Pio avrebbe potuto fare meglio in una concomitanza di imprevisti, di vicende paradossali e colpi scena legati in gran parte all’acquisizione di Tercas. Il fatto che la trimestrale 2016 abbia sùbito invertito la rotta sta a confermare l’episodicità della battuta d’arresto 2015. Dopo la sosta ai box, la ripartenza è già avviata. Tutti in pista per la gara chiama spa. Nel frattempo il vertice di Pop-Bari va fiero per il plauso del ministro Padoan al piano di mercatizzazione delle sofferenze.

Presidente Marco Jacobini, avrebbe realizzato l’acquisizione di Tercas alla luce di quanto è accaduto, successivamente, nel mondo bancario?

Certamente. Primo, perché si è trattato di un’operazione di sistema. Secondo, perché, fino alla fase della cattiva gestione, Tercas era una banca viva, scattante, produttiva, cui già guardavo con attenzione. Quando si sono create le condizioni per l’acquisizione, non siamo rimasti a guardare.

Però, l’operazione Tercas vi è costata parecchio: il superamento degli 8 miliardi di attivi, che vi ha obbligato a trasformarvi in spa.

Non è così. Eravamo già arrivati a 8,6 miliardi di attivi. Tercas ci ha provocato altri problemi. Avendo utilizzato il Fondo Interbancario, con il concerto di tutte le autorità e senza contraccolpi per i nostri soci, a sorpresa l’Europa ha tirato fuori la questione degli aiuti di Stato, che ci ha tenuto in trincea per un anno.

Qual è il cronoprogramma dell’approdo alla spa?

È in programma l’assemblea straordinaria nei primi dieci giorni di ottobre 2016. Entro fine anno, scatterà la spa.

Padoan ha elogiato la vostra operazione, che prevede di carolarizzare le sofferenze causate della crisi.

Una bella soddisfazione per noi. Siamo stati i primi a utilizzare lo strumento della Gacs, della garanzia pubblica. Da Padoan è arrivata una conferma autorevole e indiretta sulla solidità ed efficienza della banca.

Come risponderanno i soci all’avvento della spa?

La spa non era in cima alle mie aspirazioni e, credo, anche a quelle delle decine di migliaia di soci. L’architettura giuridica della Popolare di Bari si è dimostrata solida e armonica, anche per le esigenze sociali e territoriali. Continueremo a fare bene il nostro dovere anche con la costruzione giuridica della spa. La nostra filosofia cooperativistica non cambia.

La Popolare di Bari può diventare appetibile per qualche grosso investitore esterno?

Gli appetiti sono molteplici. La Popolare di Bari è radicata e assai forte nell’Italia centro-meridionale. È ben patrimonializzata. Gli investitori istituzionali potrebbero voler entrare nell’azionariato. Abbiamo contatti in corso. Ci sono proposte già presentate. L’operazione già avviata con la britannica Aviva, la sesta compagnia assicurativa del mondo, di fatto riconosce il lavoro di questi anni. E il riconoscimento da parte degli investitori istituzionali è motivo di orgoglio per la banca. Segno che la strada tracciata è quella giusta. Spetterà a noi dare le risposte necessarie.

Il valore delle azioni di Pop-Bari scenderà o salirà?

Il contesto dei valori dei titoli bancari oggi non è dei migliori. Dipenderà dal mercato, che per definizione sa distinguere tra imprese efficienti e imprese meno efficienti.

In ogni caso dal 2017 sarà il mercato a stabilire il valore delle azioni.

Sì. Siamo pronti. La Banca dovrà essere acora più brava ed efficiente di prima.

Pensate a quotarvi in Borsa?

No. La Banca Popolare è in grado di camminare da sola.

Al Nord si è realizzata la fusione tra Banco Popolare e Banca Popolare di Milano. E’ stata ribattezzata come la Super-Popolare del Nord. Potrebbe accadere qualcosa di analogo al Sud con la Popolare di Bari artefice della Super-Popolare del Sud?

Il nostro progetto storico è di creare la Banca Popolare del Sud. Un freno potrebbe arrivare dalla doppia natura giuridica, fra grandi e piccole, delle Popolari: la Pop-Bari diventa spa, invece tutte le altre, in Puglia e nel Sud, rimangono ancora srl. Anche per questa ragione non eravamo entusiasti della prospettiva spa. La riforma avrebbe rallentato e complicato le fusioni tra istituti omogenei. Comunque, il nostro obiettivo resta quello delle aggregazioni, anche per dare continuità nazionale ai processi creditizi unitari già avviati, in questi giorni, al Nord.

Nonostante le difficoltà di cui sopra...

Voglio essere franco. Il provvedimento che ha introdotto la soglia di 8 miliardi di attivi, nelle intenzioni del legislatore, serviva e servirebbe per indurre le banche ad aggregarsi. Però, 8 delle 10 banche interessate dalla legge non operano sotto l’egida del governo italiano, bensì sotto il controllo della Bce. Era ed è la Bce a dare indicazioni su questa materia. Sarebbe bastato attenersi alla sua tradizionale moral suasion. Aver abbassato la soglia a 8 miliardi potrebbe, adesso, provocare una conseguenza opposta alle intenzioni originarie: quella di rallentare i processi aggregativi tra tutte le banche al di sotto degli 8 miliardi di attivi. Cosicché le piccole banche resteranno ancora piccole. E quando verrà proposta a un istituto più grande l’acquisizione di un istituto più debole, la risposta istintiva presumibilmente sarà questa: prima si mandi un commissario e poi si vedrà.

A parte queste riflessioni, la fusione tra le due Popolari del Nord potrebbe o dovrebbe diventare un modello per l’intero Paese?

Direi di sì. Più si cresce, più si può aiutare l’economia reale. Voglio sottolineare che questa missione è nel Dna della Banca popolare di Bari. Al Nord, invece, molte banche hanno disintermediato in questi anni.

Quanto hanno inciso nelle decisioni del governo sul credito i problemi delle banche del Nord?

Non lo so. Credo che l’abbassamento della soglia per la spa a 8 miliardi di attivi, anziché fermarsi a 30 miliardi, come sarebbe stato più logico, sia dipeso dalla volontà di favorire gli accorpamenti tra le banche.

Ha ragione Renzi: sono troppe le banche in Italia?

Non farei una questione di numeri, ma di efficienza, di obiettivi e di regole.

Per la Popolare l’acquisizione di Tercas poteva finire in una beffa fiscale, con un aggravio di parecchi milioni (72). Poi governo e parlamento hanno rimediato.

Sarebbe stato paradossale se non si fosse posto rimedio. Le banche italiane in dissesto erano sei. Oltre alle quattro di cui si è scritto tanto, c’erano anche Tercas e Caripe. La Pop-Bari le ha salvate. Sarebbe stato davvero una beffa, se avesse dovuto rimetterci sul piano fiscale, mentre le altre no.

L’Europa aveva eccepito: aiuti di Stato.

Tutti i legali cui ci siamo rivolti avevano escluso l’ipotesi di aiuti di Stato. Alla fine hanno prevalso giustizia e buonsenso.

Ora acquisirete Carichieti?

Abbiamo manifestato interesse. Se l’operazione andasse in porto, ci radicheremmo ancora di più in Abruzzo, regione dalla quale ci arrivano incoraggiamenti ad andare avanti nell’iniziativa. Vedremo.

Che pensa del bail in, dei salvataggi che le banche dovranno garantire anche con i soldi dei depositanti?

Rilevo che la gente è preoccupata, il che ha portato il governo a aumentare gli interventi per le obbligazioni subordinate delle banche in dissesto. La Pop-Bari ha sempre rispettato i suoi azionisti, obbligazionisti e depositanti.

Una banca contendibile, come sarà la Popolare di Bari, potrà fare aumentare la remunerazione degli azionisti?

Tutte le iniziative che abbiamo avviato puntano a questo duplice obiettivo: l’allegerimento dei costi della Banca, l’incremento della redditività e produttività. Traguardi, da cui i soci hanno tutto da guadagnare. A prescindere dalla forma giuridica.

Il bilancio 2015 della popolare di Bari si chiude, a sopresa, col segno «meno» . Ma la trimestrale 2016 è già col segno «più». Ci spieghi.

Quello del 2015 è un bilancio anomalo, particolare. In otto anni, da quando è iniziata la crisi, quasi tutte le banche del mondo hanno perso cifre importanti. La Popolare di Bari non ha mai perso nulla. Anzi, è sempre cresciuta. Ma il mercato in cui si opera è comune, incide sui risultati di chiunque. Inoltre, le regole della Bce sono sempre più stringenti. Ciò nonostante, i numeri sono chiari: la copertura delle sofferenze è salita dal 65% al 68% (il limite minimo è 60%); la copertura delle partite deteriorate è salita dal 44% al 49%. Il nostro imperativo categorico è rendere la banca sempre più solida, per tutti.

Possiamo dire che senza alcuni imprevisti il bilancio 2015 sarebbe stato in attivo?

Forse il bilancio 2015, per le ragioni legate alla crisi, non sarebbe stato fra i migliori della nostra storia, ma di sicuro sarebbe stato in attivo, più che soddisfacente.

Rilancio già iniziato: continuerete ad essere sempre aggressivi?

Il rilancio è già in atto, perché da sempre abbiamo rivolto lo sguardo in avanti, mai all’indietro. I dati 2015 costituiscono una breve parentesi, determinata da situazioni particolari e indipendenti dalla nostra volontà. Continueremo a essere aggressivi sul mercato. La ratifica delle incorporazioni, a giugno, di Tercas e Caripe sta lì a testimoniarlo. Festeggeremo la 23ma acquisizione realizzata dalla banca.

Le vicende della Popolare di Vicenza e della Popolare Etruria non hanno giovato alla considerazione delle altre Popolari.

Non lo so. Sta di fatto che Tercas ha dimostrato che una srl (Pop-Bari) ha rilevato, salvato due spa, e non viceversa. Il che ci riempie d’orgoglio. I fatti venuti alla luce in Veneto non dipendono dalla forma giuridica delle banche coinvolte, ma dalla gestione di questi anni. Se la gestione non è corretta, le conseguenze spiacevoli sono dietro l’angolo. Grazie a Dio, non abbiamo mai patito simili criticità.

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