L’attività politica è costellata di insidie e di variabili indipendenti. Ma il pericolo più concreto di chi gestisce la cosa pubblica è che, quasi sempre, come insegnava il «Nobel» Friedrich von Hayek (1899-1992), a propositi volontari corrispondono conseguenze involontarie. il più delle volte controproducenti. Per tutti. Per governanti e governati. Vedi la riforma delle Banche popolari e delle Bcc. Il caso della trasformazione in spa delle Banche Popolari (al di sopra degli 8 miliardi di attivi) è, per dire, da manuale. Il governo ha varato una riforma che trasforma le principali Popolari italiane da istituti a voto capitario in società per azioni. Tra le Banche interessate dal provvedimento figura anche la Popolare di Bari, la più importante del Mezzogiorno, artefice in 60 anni di vita di una crescita costante e decisa, crescita che l’ha portata, caso unico nel Sud, ad allargare, attraverso decice e decine di acquisizioni, il suo raggio d’azione anche in Centro Italia e in alcune aree del Nortd.
L’alto livello di patrimonalizzazione della Popolare di Bari, e la sua collaudata esperienza nelle ristrutturazioni degli istituti in difficoltà hanno portato spesso le Autorità a chiedere alla Banca guidata da Marco Jacobini, di salvare le aziende di credito in agonia o vicine alla chiusura. Quando bisognava ricorrre alla zattera-bancomat per soccorrere qualche naufrago, l’imbarcazione barese era sempre pronta.
Ultimo in ordine di tempo, il salvataggio della Tercas, banca abruzzese oberata di sofferenze e di crediti ultradeteriorati, segno di una gestione che definire allegra è un eufemismo.
La Popolare di Bari ha tirato fuori qualcosa come 300 milioni di euro per soccorrere Tercas. Un intervento che, salutato dagli applausi generali, nel giro di poco tempo ha rischiato di trasformarsi nella beffa del secolo. L’Europa ha ravvisato tracce di aiuti di Stato nell’intervento del Fondo interbancario accanto alla Popolare di Bari. Si è rimediato a questo «inghippo» attraverso la costituzione di un fondo privato interbancario autonomo.
Ma il paradosso più plateale è che senza l’acquisizione di Tercas che, di fatto, ha raddoppiato i volumi di Pop-Bari, la riforma delle Popolari non avrebbe toccato l’istituto barese.
Si dice. Le Spa sono più efficienti delle banche a voto capitario. Ma proprio il caso Tercas dimostra che così non è, o non sempre è così. La Tercas era una spa. Se davvero le spa sono sempre più efficienti delle «non spa», delle cooperative a voto capitario, allora come si spiega che la Tercas si è salvata solo grazie alla popolare di Bari, che spa non è? Secondo questa logica, si sarebbe dovuto verificare il contrario.
E poi. La redditività del capitale proprio fa giustizia di tutte le disquisizioni e pregiudiziali ideologiche: non ci sono scarti di efficienza tra spa e non spa. Il che non è un argomento da trascurare per chi, invece, scommette sulla superiore efficienza delle spa. Ma, in Italia, non si dà molta importanza ai numeri.
Certo, gli scandali e le vicissitudini che hanno colpito altre Popolari, quasi tutte nel Nord Italia, potrebbero aver inciso sulle scelte della politica. Ma gli scandali hanno travolto anche le spa bancarie, a conferma che il tasso di moralità è legato alla qualità delle persone più che al presunto perfettismo delle regole. Anzi, il perfettismo, la voglia di risolvere ogni problema a tavolino con la nevrosi riformistica, spesso è all’origine di quella presunzione fatale che sfocia negli effetti indesiderati, di cui si è fatto cenno all’inizio. Né è ragionevole far pagare a chi ha fatto bene il proprio dovere le colpe e i peccati commessi da altri.
Oggi il Parlamento dovrà esaminare gli emendamenti che puntano a rialzare la soglia d’ingresso delle Popolari nel club delle società per azioni: da 8 miliardi di attivi a 30 miliardi. Sono emendamenti giunti da più aree geopolitiche, tesi a congelare una riforma che potrebbe incredilmente penalizzare chi ha onorato il proprio lavoro, come testimonia la storia pluridecennale. Gli emendamenti dovrebbero essere approvati, così è stato concordato nei giorni scorsi. Ma bisogna sempre stare in allerta.
La natura giuridica delle Popolari non è una questione astratta, semmai assai concreta. La Puglia e il Sud rischiano una penalizzazione dagli esiti imprevedibili. Se l’avvento della spa aprisse la strada a un investitore straniero con il portafogli e il cuore situati altrove, a soffrire potrebbero essere migliaia e migliaia di imprese e famiglie pugliesi, lucane e meridionali.
Una classe politica meno portata a soluzioni dall’alto avrebbe affidato alle stesse banche Popolari il potere di scegliere l’assetto giuridico conveniente: chi preferiva continuare col voto capitario poteva continuare su questa strada; chi preferiva passare alla Spa avrebbe potuto cambiare strada. Quello che conta è non stabilire dall’alto la soluzione migliore. Ma si è preferito indicare percorsi più tortuosi.
Tra gli effetti indesiderati dell’eventuale conferma dell’introduzione della spa per le Popolari con oltre 8 miliardi di attivi ci sarà di sicuro il disincentivo per le Popolari più piccole ad aggregarsi e a crescere, proprio per evitare, tra loro, il rischio di ritrovarsi in un altro scenario: sono una cinquantina quelle potenzialmente interessate fusioni che, invece, potrebbero essere scoraggiate. Non a caso l’associazione delle Popolari ha già inviato una nota in tal senso al governo, che pure ha mostrato buona volontà, sottolineando questo rischio.
La classe politica pugliese, lucana e meridionale farebbe bene a sollevare le proprie antenne. Il Paese già fatica a ripartire. Se si generalizzasse un sentimento di sfiducia nei risparmiatori italiani, le conseguenze sarebbero persino più gravi di una patrimoniale o di una mega-stangata fiscale. Soprattutto nel Sud, che di tutto ha bisogno, tranne che di interventi ad alto rischio e dall’esito perverso.
Giuseppe De Tomaso