«Gli studi e i rilevamenti emersi in occasione della prima conferenza sugli Effetti del rumore subacqueo sugli organismi marini, che si è appena tenuta a Nyborg in Danimarca, vanno tutti nella stessa direzione - spiega Fabrizio Borsani, ricercatore dell'Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare (Icram) - il rumore non causa semplicemente la fuga dei pesci o la mancata riproduzione, ma anche danni di tipo anatonomico, fino ad arrivare alla morte. Un pericolo in particolare per gli animali muniti di vescica natatoria, che può esplodere. È il caso di specie come il merluzzo e la corvina». Ovviamente conta la distanza e l'intensità del rumore, ma «questo è quanto accade secondo gli studi condotti da vari esperti a livello internazionale - aggiunge il ricercatore Icram - fino ad oggi considerando la distanza massima di 1 km». Quali sono le fonti del rumore? Soprattutto traffico navale, lavori in corso sulle coste e indagini sui fondali per trovare petrolio.
Niente corteggiamenti quindi, abbandono delle uova e impossibilità di difendere il territorio, danni all'udito e addirittura la morte per alcuni pesci. «Non si tratta solo della conservazione delle specie - afferma Borsani - quanto di un pericolo per animali che hanno un interesse anche di natura commerciale. I più interessati infatti, che hanno commissionato ricerche, sono i maricoltori delle 'fish farms' del Nord degli Usa e del Canada che allevano salmoni, visto che è stato evidenziato come tanto più la gabbia è vicina al rumore, meno crescono i salmoni». Questi studi, esplosi negli ultimi anni, riguardano sia pesci sia molluschi e secondo Borsani «c'è una forte preoccupazione, anche se in realtà sarebbe possibile mitigare i rumori tramite appositi accorgimenti. Ad esempio, nel caso delle costruzioni costiere, si possono isolare i pali che si conficcano nel terreno, con cortine di bolle o altri metodi di infissione, riducendo così l'impatto acustico dei lavori in corso».