POTENZA - «Un miracolo che si rinnova ogni giorno da quel 25 maggio del 1966. Vivo, chissà perché. Il vero prodigio è la continuità del miracolo». Era il 25 aprile del 1999, quando suor Caterina Capitani, al secolo Giulia, la Figlia della Carità di Potenza, strappata alla morte per intercessione di Papa Giovanni XXIII, accettò di rilasciare un’intervista in esclusiva alla Gazzetta del Mezzogiorno. Aveva detto «no» ai tanti giornalisti che l’avevano contattata.
«Si è detto tutto di questo miracolo», aveva ripetuto, ma poì accettò di parlare con la Gazzetta, forse perché le avevamo chiesto di ricordare papa Giovanni XXIII. «Sono felice che si parli di lui». Il suo miracolo era appena stato scelto da papa Giovanni Paolo II per la causa di beatificazione.
Riportiamo ampi stralci di quell’intervista e dei successivi incontri avuti con suor Caterina: dal ricordo del Papa buono e del miracolo, all’emozionante incontro con il Papa polacco. Due pontefici nel cuore di quella minuta suora di Potenza, morta 4 anni fa, il primo aprile del 2010. «Giovanni XXIII è un papà, un amico, un fratello. Ma dopo Roncalli, c’è papa Wojtyla, è il Papa martire, il Papa della sofferenza, fisica e morale. Questo Papa è un santo».
Parole davvero profetiche quelle di suor Caterina pronunciate quando il papa polacco era ancora vivo. Ma tutta la vita della suora di Potenza è stata contrassegnata da segni premonitori, fin da quando scelse la vita religiosa, proprio durante la malattia della madre.
Un ricordo che partiva proprio da quel conclave da cui uscì papa il cardinale Roncalli. «Mia madre era ricoverata al San Carlo di Potenza. Io ero in casa di mio zio e guardavo alla televisione la telecronaca diretta dell’elezione del Papa. Ci vollero ben tre giorni prima di eleggere Giovanni XXIII. Io avevo in mente i nomi di cui parlavano tutti - ricordava la suora - Quando uscì la fumata bianca me ne andai e non volli vedere. Preferii andare da mia madre in ospedale. “Ancora non lo hanno fatto il Papa?”, mi chiese mia madre e io ricordo che le risposi. “No mamma hanno fatto un vecchio”. E, pensare che proprio quel vecchio mi stava dicendo: “Poi vedrai chi sarà questo vecchio per te”. Ho cominciato ad amarlo ed apprezzarlo la sera stessa, quando ci ha aperto il cuore», ricordava suor Caterina.
Poi la malattia che la stava portando alla morte. «Avevo solo 15 anni quando è successo il miracolo - ricorda il fratello Alfredo - eravamo andati con Pino (l’altro fratello) per dare l’ultimo saluto. Era ridotta una larva, da 72 chili a 49». Poi quell’evento straordinario, incredibile, il 25 maggio 1966, proprio nel giorno in cui ricorreva l’85esimo della nascita di Papa Roncalli.
«Non avevo grandi devozioni per i santi - ricordava la suora alla Gazzetta - pregavo Gesù Cristo e la Madonna. Ma durante la malattia una suora tanto devota a papa Roncalli, metteva la sua immagine dovunque: dalla sala operatoria al mio cuscino. Mi rivolsi a lui, non per avere il miracolo, ma per porre fine alle sofferenze, terribili».
Suor Caterina aveva solo 24 anni quando si compì quel prodigio. «Me l’avete proprio strappato dal cuore questo miracolo!», le disse il Papa buono e da allora lei ha sempre continuato a chiedersi: «Perché proprio io?». «Mi ha scelto perché sono una Figlia della Carità sempre a contatto con le sofferenze dell’uomo, nelle corsie di un ospedale. C’era tanto bene da fare attraverso la mia missione, ma soprattutto sono stata scelta per proclamare la bontà di papa Giovanni e la sua opera. E lui mi è sempre vicino, mi segue, mi protegge, mi guida, mi illumina. Me lo ha detto. “Continuerai a soffrire, ma io ti assisterò”. Ecco perché è stato scelto questo miracolo tra i tantissimi fatti. Quello era da morte a vita, questo avviene ogni giorno».
«Il vero prodigio è la continuità del miracolo. Non ho stomaco, milza, pancreas, colecisti. Passare dalla vita alla morte è un evento prodigioso, ma ridarmi la vita ogni giorno è un dono straordinario che Papa Giovanni continua a concedermi», ricordava la suora. È morta a 68 anni, nella casa famiglia Cardinale Sforza, a Napoli, dove si occupava dei malati di Aids. Ancora sofferenza, quel filo sottile che la univa ai due Papi che oggi in piazza San Pietro saranno proclamati Santi. La piccola suora del miracolo lo sentiva. Ma non è riuscita a vedere quel momento, anche se era certa che sarebbe avvenuto e in tempi brevi. «Quando non ci sarà più dovrà essere canonizzato per martirio, una canonizzazione immediata, superando ogni iter», disse all’indomani dei quel fugace incontro fatto solo di sguardi nel momento in cui Giovanni Paolo II annunciò che il miracolo ricevuto da suor Caterina era stato scelto per la causa di beatificazione di Papa Roncalli. Guardava al Papa polacco come un martire, il Papa del dolore. «Lo abbiamo ridotto noi così: gli attentati, anche quelli di cui non si è parlato, ma lui ha continuato e con tanto coraggio. Questo Papa è un santo».
Ed oggi suor Caterina potrà gioire in cielo con i suoi due Papi Santi: papa Roncalli, «il Papa della gioia, della bontà, della paternità, della misericordia» rimasto sempre al suo fianco e papa Giovanni Paolo II. A lui l’ultimo ricordo della suora quando in Vaticano riconobbe il miracolo. «Il momento più bello quando si è avvicinato a me. Non ci siamo detti nulla, solo una scambio di sguardi, belli e profondi e quando gli hanno suggerito che ero la suora miracolata, mi ha guardato con un sorriso bellissimo anche se era molto sofferente. Mi ha segnato con la croce, mi ha dato due pacchette sul viso. Chissà quante cose avrei voluto dirgli. Volevo dirgli di avere tanto coraggio, di non abbattersi, ma soprattutto avrei voluto ringraziarlo per quello che è stato, per quello che è: un santo».