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Omicidio Claps L'abito di don Mimì senza un bottone

 
Omicidio Claps L'abito di don Mimì senza un bottone

Lunedì 21 Giugno 2010, 08:19

02 Febbraio 2016, 21:58

di MASSIMO BRANCATI 

Quando il diavolo ci mette lo zampino. E semina dubbi, sospetti, «veleni» e misteri. Tutto ruota attorno a quel bottone rosso porpora trovato vicino al corpo di Elisa Claps nel sottotetto della chiesa della Trinità. La perizia del prof. Introna lo descrive in maniera didascalica: «Rotondeggiante con adese fibre di colore rosso». È stato trovato durante il secondo sopralluogo «in corrispondenza del sito di giacitura della salma». A chi appartiene quel bottone? L’ipotesi che possa essersi staccato da un abito talare si fa strada negli stessi investigatori che, però, fino a oggi hanno teso a marginalizzare questo oggetto nel quadro generale dei reperti catalogati. 

Ma ecco che dal recente passato spunta una foto, un’immagine destinata ad alimentare gli interrogativi che innervano tutta la vicenda di Elisa: in un’istantanea, gentilmente concessa alla «Gazzetta» dalla trasmissione «Chi l’ha visto?» di Raitre (in onda questa sera alle 21.10), è ritratto don Mimì Sabia, storico parroco della chiesa della Trinità, durante una manifestazione del ‘99. Ingrandendo la foto, l’attenta redazione del programma condotto da Federica Sciarelli ha scoperto un particolare: sull’abito del sacerdote manca proprio un bottone rosso (come riportiamo nelle immagini al lato). 

claps don Mimì Stasera «Chi l’ha visto?», che tornerà ad occuparsi del caso Claps, approfondirà il tema. L’accostamento a don Mimì? Innanzitutto quel bottone avrebbe potuto perderlo in tante altre occasioni o, più semplicemente, potrebbe essere stato lasciato sbottonato sotto l’asola della tonaca. Ci sono, inoltre, discordanze sui tempi: il sacerdote, infatti, ha cominciato ad indossare quell’abito solo nel ‘97, quando è stato nominato monsignore, quattro anni dopo la scomparsa della povera Elisa. 
È anche vero, però, che proprio in quell’anno ci fu un primo intervento di ristrutturazione nella parte alta della chiesa e don Mimì avrebbe potuto accedere in quei locali anche indossando l’abito ritratto nell’istantanea. 

Insomma, questa storia si presta a tante interpretazioni, come d’altra parte l’intera vicenda della studentessa potentina. Al bottoncino e alle fibre di tessuto gli investigatori ancora non sono riusciti ad attribuire una paternità. I periti, nominati dal gip del tribunale di Salerno, stanno effettuando ricerche merceologiche. A chi apparteneva quel bottone? Né Elisa, né Danilo (l’unico indagato per l’omicidio) avevano, il 12 settembre del 1993, giorno dell’omicidio, abiti con quel particolare. E ancora: può essere stato strappato da Elisa al suo aggressore in un estremo tentativo di difesa? Qualcuno l’ha perso mentre spostava il cadavere? O è finito in quel posto in altre circostanze? Difficile «sposare» un’ipotesi, così com’è difficile, al momento, escludere a priori che il bottone possa essere stato perduto da qualcuno prima del delitto e a prescindere da esso. Però la stranezza resta. 

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