BARI - «Il progetto delle opere a verde del Parco della Giustizia prevede l’impiego di specie arboree autoctone e l’integrazione di queste con le alberature di pregio esistenti». È questa la premessa da cui sono partiti i progettisti dell’Atelier(s) Alfonso Femia immaginando la grande area verde, sette ettari, che costituirà il Parco che circonderà i futuri edifici giudiziari della città, nelle ex casermette dismesse Milano e Capozzi al quartiere Carrassi.
Un progetto che si propone come «la rigenerazione di un tassello di città che si distingue per una marcata identità verde». La nuova superficie verde, infatti, oggi ridotta a meno di 3 ettari, sarà di oltre 10 ettari con una porzione di circa 1 ettaro dedicata a un lago artificiale. L’obiettivo è «salvaguardare il verde esistente e ripristinare a verde le aree restanti, garantendo a verde il 75% dell’area del lotto, riducendo l’area costruita al 25% di cui comunque il 55% prevede coperture attrezzate a verde».
La domanda che ci si pone, e che molti residenti del quartiere si stanno ponendo, è che fine faranno i grandi alberi che attualmente occupano l’area delle caserme: 387 alberi, soprattutto pini (155) e cipressi (107). Il progetto parla di «integrazione con le alberature di pregio esistenti», ma una specifica analisi eseguita da un agronomo prima che il progetto fosse messo a punto ha già analizzato uno ad uno i 387 alberi valutandone le condizioni e la conseguente pericolosità.
L’ANALISI DEI 387 ALBERI
La valutazione di stabilità degli alberi ha avuto l’obiettivo di individuare il livello di pericolosità arrivando, in caso di rischio per le cose e le persone, a consigliarne l’abbattimento. «In contesti molto antropizzati, dove le persone o i loro beni possono facilmente essere colpiti o danneggiati - spiega la relazione - le conseguenze dei conflitti con gli alberi e degli eventuali cedimenti possono essere anche molto gravi». Lo studio ha concluso che, complessivamente, sarebbero da abbattere 178 alberi, 100 nella caserma Milano e 78 nella Capozzi.
Lo staff tecnico che ha elaborato il dossier sugli attuali tre ettari di verde che compongono le ex Casermette ha analizzato tutti gli alberi, con tanto di documentazione fotografica e analisi delle caratteristiche specifiche, spiegando per ciascuno le ragioni per le quali se ne consiglia, o no, l’abbattimento.
C’è, per esempio, un pino di 13 metri di altezza, del quale si evidenzia la «fragilità strutturale» per il «potenziale cedimento strutturale nel tratto a gomito del fusto per le eccessive sollecitazioni derivanti dai carichi di chioma». Un altro pino, della stessa altezza, presenta «significativi difetti strutturali favorenti il cedimento strutturale», con «segni iniziali di ribaltamento della zolla, fusto leggermente inclinato nel tratto basale di fusto e chioma incardinata su due branche primarie in posizione a V». Alcuni appaiono con il grosso tronco inclinato, quindi «sbilanciato» e di conseguenza ritenuti «a rischio ribaltamento». Da abbattere. Come un pino alto 12 metri ritenuto «a rischio caduta parziale o totale per eccessiva inclinazione, non sanabile».
COME SARA'
Non si conosce ancora il destino di tutti gli alberi che oggi ospita l’area dove a giorni inizieranno le demolizioni dei 26 edifici militari che lasceranno il posto ai quattro palazzi di giustizia. Il progetto definitivo si conoscerà entro luglio, al termine della conferenza di servizi, e allora si saprà anche come sarà il parco verde, se e quali alberi saranno «salvati».
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L’idea del progetto è, comunque, aumentare la biodiversità con un sistema di alberature, arbusti e prati fioriti. All’interno del masterplan è possibile individuare quattro elementi tipologici che rendono leggibile la struttura del nuovo Parco Urbano: l’asse centrale e la piazza dei tribunali (un paesaggio urbano che ha il suo fulcro tra i nuovi edifici dei tribunali, con vasche di vegetazione e filari di alberature oltre a fontane d’acqua); il parco e l’anello verde-blu (radure, prato rustico e fiorito intorno al grande lago); il bosco urbano (costeggia perimetralmente i due lotti di progetto strutturando una cerniera tra il paesaggio urbano e quello del parco con filari di alberi); la piazza del quartiere (giochi d’acqua, alberature esistenti e una panchina con una forma organica ne scandiscono le pause).