BARI - Pioveva il giorno che visitò la tomba, ad Hammamet. Era il 2010, un giorno plumbeo, nulla dei cieli azzurri patinati della Tunisia, un giorno triste. Lo ricorda così Daniela Mazzucca, storica esponente del Partito socialista italiano (prima - e unica - donna sindaco di Bari). «Una tomba di una semplicità infinita, adorna di garofani rossi. Una tomba interrata, come fosse un qualsiasi signore tunisino. Sulla lapide un libro scolpito con una delle frasi più belle di Bettino: la mia libertà equivale alla mia vita».
Non dunque un sepolcro sfarzoso, come si narrò, nulla dell’uomo padrone di un favoloso tesoro...
«Nulla del genere, nulla di quell’aneddotica, di quella campagna feroce che ha continuato ad accompagnare Bettino»
Si commosse, quel giorno di pioggia del 2010?
«Mi commosse l’omaggio che la comunità tunisina continuava a tributargli, portando piccoli vasi di fiori sulla tomba, parlando di lui come l’uomo che aveva portato nel Paese la libertà e il benessere. Tutta la vita si era battuto per la libertà. Aveva sostenuto, anche economicamente, i movimenti per la libertà, penso alla Grecia, ad alcuni paesi del Sud America, alla Palestina, sebbene non approvasse la lotta armata dell’Olp».
La libertà che, se fosse rimasto in Italia, gli sarebbe stata tolta...
«Credo che infatti sia stato spinto ad andare via dalle persone a lui più vicine, quelli che lo conoscevano bene. Sapevano che sarebbe stato come chiudere un leone in una gabbia»...
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