Dal Gargano al Salento è orami un sussesguirsi di avvistamenti di cinghiali che, dalle zone di campagna, si stanno spingendo anche all’intero dei centri abitati pugliesi, creando danni e non pochi disagi tra i residenti.
Sulla base di un recente monitoraggio condotto dalla Regione Puglia in collaborazione con il Dipartimento di Biologia dell’Università di Bari, nel corso del 2021 e nei primi mesi del 2022, sono stati censiti 1.604 esemplari di cinghiali nei 190 punti di avvistamento disseminati solo nelle aree venabili e, dunque, non nelle zone protette regionali e nazionali. Una vera e propria «invasione», insomma, che parallelamente fa crescere anche la psicosi della peste suina africana che, pur non avendo effetti sull’uomo, sta mettendo a rischio una buona fetta dell’economia italiana.
Una emergenza che ha indotto il governo a nominare il direttore dell'Istituto zooprofilattico di Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta, Angelo Ferrari, commissario straordinario per l'emergenza peste suina. No solo. Lo scorso mese di febbraio entrarono in vigore alcune «Misure urgenti per arrestare la diffusione della peste suina africana» allo scopo di assicurare la salvaguardia della sanità animale, la tutela del patrimonio suino nazionale e per salvaguardare le esportazioni, il sistema produttivo nazionale e la relativa filiera.
Commissario Ferrari, qual è la situazione epidemiologica in Puglia?
«Fortunatamente in Puglia, al momento, non sono stati segnalati casi di Psa. Il 7 gennaio 2022 è stato confermato il primo caso: il virus è stato trovato in una carcassa di cinghiale in provincia di Alessandria. Oggi il virus circola fra Piemonte e Liguria (con oltre 180 casi diagnosticati) e nella zona di Roma, in cui il primo caso è stato segnalato a maggio 2022. L’Asfivirus viene principalmente trasferito dagli animali infetti a quelli sani tramite contatto diretto e si caratterizza però anche per la sua spiccata resistenza nell’ambiente: il virus resta “vivo” anche sulle superfici o nei prodotti alimentari di origine suina. Questa resistenza permette al virus di “viaggiare” a grandi distanze, soprattutto grazie al cosiddetto “fattore umano”: l’uomo, attraverso i suoi spostamenti o trasportando animali, prodotti e merci infetti, può involontariamente essere artefice di una nuova diffusione virale. Non solo. La diminuzione della presenza dei cinghiali sul territorio e il rinforzo delle misure di biosicurezza degli allevamenti costituiscono altri due capi-saldi della strategia di prevenzione della Psa»
Lo scorso mese di agosto anche la Regione Puglia ha adottato un proprio Priu (Piano regionale di interventi urgenti) per arrestare la diffusione della Peste suina africana.
I cinghiali in Puglia costituiscono una vera emergenza, come fare per arginare la loro espansione?
«Il “problema cinghiale” interessa la maggioranza dei territori italiani e senza un concreto intervento sembra destinato a peggiorare. Gli strumenti che abbiamo messo in campo sono i Piani regionali per la Psa (nelle zone non colpite dalla malattia) e il Piano di rradicazione (per le zone infette e quelle ad esse confinanti): entrambi prevedono strategie di gestione e controllo fau-nistico. È necessario intervenire, diminuendo la presenza di suini selvatici nel territo-rio nazionale, attraverso gli enti pubblici preposti e con collaborazione del mondo venatorio. Questa non è l’unica misura da mettere in atto: la corretta gestione dei rifiuti, che sono spesso contemporaneamente fonte di sostentamento dei cinghiali e veicolo di trasmissione di malattie, il controllo e la chiusura degli allevamenti bradi illegali, la disincentivazione della pratica dell’alimentazione volontaria dei suini selvatici e, so-prattutto, l’applicazione delle misure ispirate ai principi di analisi del rischio previste dai Piani già citati, sono le principali azioni strategiche che contribuiranno al control-lo ed eradicazione della PSA e alla gestione delle problematiche legate alla sovrap-popolazione di cinghiali».
Ha avuto interlocuzioni con la Regione Puglia?
«Certamente. Fra i compiti del Commissario straordinario alla PSA c’è il coor-dinamento di tutti gli enti territorialmente competenti in materia di prevenzione, con-trollo e gestione della malattia. Inoltre, sono incaricato di vigilare sull’adozione dei Piani Regionali di Interventi Urgenti e di valutare l’efficacia delle misure adottate. La Regione Puglia ha adottato il Priu a inizio agosto e la collaborazione con tutti gli attori coinvolti nel far fronte all’emergenza epidemica in atto è sempre stata molto proficua».
Atteso che la peste suina non colpisce l’uomo, l’obiettivo resta quello di preservare il comparto suinicolo italiano
«L’impatto socioeconomico della Psa è molto pesante e colpisce in modo diretto o in-diretto imprese e famiglie. I dati forniti dall’Associazione nazionale di categoria parlano addirittura di 8,2 miliardi di euro di fatturato dell’industria suina nel 2021. Una fetta cospicua di questo fatturato (oltre 2,2 miliardi) trae origine dall’export di prodotti della filiera suinicola. Da gennaio a oggi, il mancato ricavo causato dalle chiusure all’importazione delle produzioni suine italiane da parte di Cina, Giappone e una serie di altre nazioni del Sud-est Asiatico e dell’America Latina ammonta a circa 20 milioni di euro al mese! È stato stimato che se la situazione epidemiologica dovesse aggravarsi e la malattia dovesse interessare territori a maggior vocazione suinicola, in particolare salumiera (si pensi alle Dop quali prosciutto di Parma e San Daniele), il danno econo-mico potrebbe addirittura triplicare».
Massima attenzione in Basilicata: nessun caso nei 2800 allevamenti (di Massimo Brancati)
In Basilicata nessun caso di peste suina africana. Lo confermano le aziende sanitarie di Potenza e di Matera che stanno monitorando la situazione su tutto il territorio organizzando periodicamente incontri con associazioni di categoria e allevatori sul caso che incrocia l’emergenza cinghiali. Nell’ambito dei controlli all’interno degli allevamenti di suini nel territorio lucano, circa 2.800, la gran parte dei quali riconducibili a famiglie che abitano in zone rurali, l’Azienda sanitaria di Potenza (Asp) ha focalizzato l’attenzione su 112, dislocati in 43 comuni. Alcuni allevamenti sono stati chiusi per mancanza di requisiti minimi di sicurezza ma - hanno ribadito i dirigenti dell'azienda sanitaria - il livello generale è senz'altro medio alto. Vito Bochicchio, direttore del Dipartimento prevenzione dell’Asp, spiega che «l’azienda sanitaria ha istituito un gruppo di lavoro, con la presenza di due veterinari, che sta girando tutta la provincia tracciando un quadro dettagliato delle aziende visitate». Il dirigente dell’Asp sottolinea anche l’attività della sorveglianza relativa alla presenza di cinghiali. Se negli allevamenti i suini sono costantemente sotto controllo, come si fa con gli ungulati che vivono nei boschi? «Se un cinghiale muore in seguito ad un incidente - precisa Bochicchio - andiamo sul posto per prelevare campioni da inviare all'Istituto zooprofilattico con l’obiettivo di verificare la presenza o meno del virus della peste suina. I recenti focolai in Liguria, per esempio, sono stati trovati proprio tra i cinghiali».
Già prima dell’allarme scattato in Liguria, la Basilicata era vigile sul tema. Lo conferma Gerardo Salvatore, responsabile dell’ufficio veterinario della Regione: «A luglio 2022 - dice - è stato emanato un piano regionale di interventi urgenti per la peste suina, all’interno del quale abbiamo fatto un censimento della presenza di cinghiali, circa 88mila esemplari, anche se secondo l’Ispra sono molto di meno». Sui cinghiali vittime di incidenti o trovati morti gioca un ruolo importante la collaborazione di tutti, a cominciare dai cacciatori. Occorre segnalare i casi. Come? La Regione ha da tempo attivato un sito web https://bdr.rete.basilicata.it/ per spiegare cosa fare.