POTENZA - In Basilicata il Covid ha ripreso a mordere. E i numeri non lasciano scampo. Al primo aprile (fotografia della Fondazione Gimbe) i positivi lucani per 100.000 abitanti erano 4.639. La media italiana è 2.132. La Basilicata ha il più alto numero di nuovi positivi del Paese: all’ultimo posto della elaborazione Gimbe su dati del Ministero della Salute, è la provincia autonomia di Trento, con 768 positivi su 100.000 abitanti. La classifica così come cristallizzata al primo aprile, oltre tutto, dà più di qualche spunto di riflessione. Nella parte alta, con un numero elevato di positivi, subito dopo la Basilicata, ci sono Calabria (4.036), Sicilia (3.844), Abruzzo (3.198), Puglia (3.007), Campania (2.932), Molise (2.531) e Lazio (2.216). Nella parte bassa, invece, la gran parte delle regioni del Nord. Caso singolare la Lombardia, con 1.601 positivi su 100.000 abitanti.
Qualche riflessione sul report di Gimbe va fatta, e non necessariamente in chiave sanitaria bensì sociale. Perché o il virus risulta più ampiamente diffuso al Centro Sud per quella natura allegra e un po’ promiscua della popolazione (dal proverbiale pranzo della domenica a casa della nonna ai saluti con baci e abbracci di rito), o nelle regioni del Centro Nord si effettua un numero di tamponi molto, molto più basso che nei territori meridionali.
Il dato della Basilicata, in più, conferma la fragilità del sistema sanitario regionale, emerso drammaticamente nel clou dell’emergenza sanitaria del 2020, poi ulteriormente rilanciato ad esempio dalle organizzazioni sindacali. Né stupisce il dato rilevato dalla Fondazione Gimbe sul numero di operatori sanitari positivi in Italia: 711 nel dicembre 2020, 408 nel dicembre 2021 e poi il balzo del gennaio 2022 (1.892) in lieve flessione nel mese di marzo (1.000). Paradossalmente, gli operatori sanitari si contagiano molto più oggi di quanto non sia successo all’inizio della pandemia, quando l’assenza di vaccini rendeva particolarmente vulnerabili le professioni in prima linea contro il virus killer. La conferma arriva ancora dalla Basilicata e dalla cronaca di questi ultimi giorni, con la chiusura per Covid di un intero reparto dell’ospedale San Carlo di Potenza (il Servizio psichiatrico di diagnosi e cura, SPDC). «Tale momentanea decisione - ha spiegato il direttore generale della Asp Basilicata di Potenza, Giampaolo Stopazzolo - scaturisce a seguito di un focolaio Covid rilevato tra i medici specialisti in servizio nella sede di Potenza e che interessa la metà delle figure mediche. La chiusura ha, allo stato attuale, un limite temporale di quindici giorni». La chiusura del reparto del San Carlo ha scatenato le ire dei sindacati secondo cui «le responsabilità» della situazione precipitata all’interno dell’azienda ospedaliera San Carlo «sono ben chiare ed evidenti, purtroppo».
Anche in Puglia la morsa Omicron non molla: ieri sono stati registrati 6.670 nuovi casi di contagi da Coronavirus su 39.011 test (incidenza del 17%) e 15 morti (sei in più rispetto al giorno precedente). Stabili, invece, i ricoveri: delle 118.105 persone attualmente positive 678 sono ricoverate in area non critica e 40 in terapia intensiva (due in più rispetto al giorno precedente).
Da Taranto il sottosegretario alla Salute Andrea Costa è tornato a ribadire che «fine dello stato di emergenza non significa fine della pandemia. Significa che è l’inizio di una nuova fase. Una fase ordinata dove ci vuole ancora sicuramente senso di responsabilità». Quello che intendiamo come ritorno alla «normalità» si rende possibile «grazie alla stragrande maggioranza degli italiani che responsabilmente si sono vaccinati. Se così non fosse stato, oggi non potremmo parlare di fase nuova».
«Pensavamo che fosse finita con la quarta ondata, ma Omicron 2 è stata una sorpresa per tutti. Sicuramente è meno pesante dal punto di vista degli effetti ma - gli fa eco da Foggia il virologo Fabrizio Pregliasco - come vediamo dai dati di mortalità che in questo momento stanno salendo, può determinare soprattutto nei non vaccinati effetti pesanti. Dobbiamo immaginare una presenza ormai endemica del virus ma con andamenti ciclici».