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Emiliano in visita alla Gazzetta: «Ospedale in Fiera? Potrebbe essere usato per l'accoglienza dei profughi ucraini»

 
Michele De Feudis

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Michele De Feudis

Emiliano in visita alla Gazzetta: «L'ospedale in Fiera? Potrebbe essere usato per l'accoglienza dei profughi ucraini»

Foto Fasano

Il governatore pugliese incontra la redazione centrale della Gazzetta del Mezzogiorno nella sede di Bari

Lunedì 07 Marzo 2022, 20:34

08 Marzo 2022, 12:17

BARI - Michele Emiliano è stato protagonista di un forum nella nuova redazione della «Gazzetta». Il presidente della Regione è stato accolto dal direttore responsabile Oscar Iarussi e dall’amministratore delegato della Edime, Aurelia Maria Miccolis. Il dialogo è stato introdotto e presentato da Iarussi, mentre Roberto Calpista, Michele De Feudis e Massimiliano Scagliarini hanno intervistato il governatore pugliese insieme ai colleghi Mimmo Mazza, Bepi Martellotta, Enrica Simonetti, Ninni Perchiazzi e Graziana Capurso.

Iarussi ha commentato così l’incontro: «È stato un momento di riflessione sull’unità del Sud, sulla visione del futuro che prevede corpi intermedi da ricostruire, tra i quali vi sono anche i giornali. E in un giornale come il nostro, ritornato in edicola e sul web dopo momenti difficili, considero questa giornata a tutti gli effetti un ricominciamento. La “Gazzetta” fa e farà il suo mestiere nella dialettica con le Istituzioni sotto il segno della sobrietà e dello spirito costruttivo, nella cronaca e nella critica ove necessario».

Presidente Michele Emiliano, partiamo dal contesto doloroso della guerra. Che ruolo svolge la Puglia?

«Il lavoro diplomatico, al quale non partecipo direttamente, è qualcosa di cui non si parla. In tanti si stanno applicando per trovare una chiave risolutiva. Puglia e Bari hanno, o meglio avevano relazioni privilegiate con la Federazione russa e il Patriarcato. Queste sintonie, nella situazione odierna, potrebbero svolgere un ruolo, come nel caso di un nostro recente incontro con il Consolato Usa di Napoli. Siamo orientati a collaborare con Ue, Nato e Usa in particolare, e ovviamente con l’Ucraina, paese aggredito, sottoposto a un vero inferno in terra».

La Puglia può impegnarsi nell’accoglienza?

«La nostra regione si percepisce come parte di questa vicenda. Tutti quelli che sentono di proteggersi dalla guerra e di perdere la democrazia sono benvenuti in Puglia. Non è una dichiarazione né formale né legata all’emergenza, ma un impegno politico di breve e lungo periodo. Organizzeremo non solo la prima accoglienza come terra d’elezione per chi sente il bisogno di recuperare la libertà, ma anche atti concreti: dall’integrazione linguistica alla scuola».

Bari ha tradizionalmente un posto nello scacchiere verso Oriente. Cosa può fare in concreto?

«Ho incontrato il direttore della base Onu di Brindisi, la più importante del mondo dedicata alla logistica, per mettere in sinergia i magazzini della Protezione civile e quello delle Nazioni unite, al fine di fronteggiare la pandemia, utilizzando e scambiando materiali e così evitando di incorrere nelle scadenze. In quella sede ho ribadito un antico desiderio della città di Bari, già presentato a Romano Prodi, quando era premier: vorremmo far diventare il capoluogo regionale sede di una organizzazione Onu per la tutela dei bambini nelle zone di guerra. Qui sarebbe possibile organizzare studi sull’educazione alla pace dei bambini che rischiano di introiettare solo la cultura della guerra e dello scontro. Proponiamo questa opzione al governo e alla comunità internazionale».

I legami consolidati con Mosca che peso possono avere nella contesa in atto?

«Solo poco tempo fa abbiamo portato a Mosca una costola di San Nicola con il priore della Basilica, il sindaco Antonio Decaro e monsignor Francesco Cacucci. All’aeroporto erano presenti le forze armate russe in uniforme d’onore. C’è un ruolo che la diplomazia nicolaiana potrebbe svolgere. Siamo a disposizione del governo, del Papa, instancabile in questa fase per la pace, se servisse una operazione materiale legata alla necessità di creare una resipiscenza. Rilevo un errore gigantesco che impedisce ai russi di vedere che il mondo è cambiato rispetto all’invasione della Cecoslovacchia o dell’Ungheria. Riproporre quel metodo è sbagliato, perché ignorano la forza dell’opinione pubblica e gli effetti sul sistema economico e sulla tensione internazionale».

La situazione è per ora cristallizzata tra missili e bombe.

«Ci vuole un break che non sia di natura politica. Magari può arrivare con la diplomazia nicolaiana, visto che tutti hanno baciato il quadro di San Nicola».

Bari si candida come luogo per possibili mediazioni tra gli Stati belligeranti?

«La Puglia è l’unico luogo dove il patriarcato di Mosca e la chiesa di Roma hanno un luogo sacro di proprietà. Se c’è una fede autentica anche nei politici, questo è uno di luoghi dove tutti si trovano a casa ma la contesa è su livelli internazionali».

Cambiamo relativamente argomento: il presidente di Confindustria Bonomi chiede una rimodulazione del Pnrr per arginare la crisi economica legata alla crisi ucraina.

«Molti si stanno ponendo il tema della crisi energetica, c’è un rialzo enorme dei prezzi. Se il governo non dispone di altre risorse, la discussione va aperta. Il Pnrr serviva per rimediare a una serie di problemi finanziari legati a investimenti già varati, di cui però non avevamo certezza della copertura alla luce del buco dello stato. Come regioni del Sud chiediamo che queste risorse vengano destinate il 40% al Sud. Se “de-finanzi" la Napoli-Bari, ci metti i soldi del Pnrr e poi non li restituisci al Sud, stai aggirando la quota stabilita. Con quelle risorse potremmo fare l’autostrada Bari-Lecce. Le mie considerazioni vanno oltre la logica del duetto nordista Sala-Fontana. Bonomi rappresenta soprattutto l’economia lombarda. Quando non sanno dove trovare soldi, si sottraggono risorse al Mezzogiorno».

Il premier Mario Draghi sulla crisi energetica ha prefigurato anche un consistente uso del carbone. Che fine farà la transizione green?

«Quando scoppia una guerra che rischia di coinvolgerci direttamente, si rischia di far saltare il progetto della decarbonizzazione, con il gas alle stelle. Resta la disponibilità teorica del carbone che viene da paesi dell’Est oltre che dal Sud America. La partita della decarbonizzazione si sta basando sul saltare la fase del gas per arrivare all’uso dell’idrogeno. Corrisponde all’interesse nazionale anche accelerare investimenti su fotovoltaico ed eolico».

E in Puglia?

«Il nostro progetto bandiera del Pnrr è fare di Taranto la capitale dell’idrogeno, visto che questa decarbonizzazione è interesse nazionale e riduce l’utilizzo del gas per energia elettrica. Il carbone poi costa poco, ma solo perché non si calcola il costo indiretto sulla salute delle persone. Taranto è una delle più belle città del Mediterraneo ma non è pronta per essere capitale del turismo dal momento che ha ancora impianti a carbone che respingono gli investimenti. Per questo siamo determinati a varare il piano delle energie alternative».

Caso Ilva: lo Stato è entrato nell’acciaieria ma non ha potere decisionale. I tempi si profilano lunghi. Che succede a Taranto?

«Sarei curioso di saperlo. I ministri dello Sviluppo cambiano, con un profilo politico interessante, da Calenda a Di Maio a Giorgetti, ma l’atteggiamento è sempre lo stesso, di incertezza. Solo Franco Bernabè, presidente di Acciaierie d’Italia, ha rotto questa condizione spiegando che è impossibile ristrutturare l’impianto senza decarbonizzare. E mi attesto qui. Mi risulta che lo stesso Bernabè non abbia un ufficio all’interno dell’Ilva...».

Come è andata per il Covid in Puglia, e per l’ospedale in Fiera del Levante a Bari?

«Già dalla visita del generale Figliuolo, e non si intravedeva la crisi ucraina, ragionavamo sul fatto che in Puglia c’è il 35% della difesa Nato, tra aeroporti, aerei, truppe e flotta. La sanità militare è stata attualmente destrutturata: per questo abbiamo proposto di trasformare la struttura della Fiera in ospedale per emergenze sanitarie militari. Col sindaco di Bari Antonio Decaro avevamo in atto una discussione: costruire nuovi padiglioni fieristici nelle aree libere, rilevando in cambio la struttura, al fine di poterla gestire per formazione e Protezione civile nonché per sperimentare nuove tecnologie del polo biomedico pugliese. Regione e Fiera hanno avviato uno studio di fattibilità. Dobbiamo discuterlo con il sindaco, che deve decidere».

C’è anche l’emergenza nucleare.

«Lo stato d’emergenza per l’Ucraina consente lo stand-by delle strutture straordinarie create in base a deroghe. Stiamo capendo quante pillole allo iodio sono disponibili sul mercato, le misure di sanità in caso di incidenti nucleari o militari. Il reparto anticovid in Fiera fu fatto nella speranza che potesse non servire, mentre poi ha accolto mille ricoveri. E questo ci ha consentito di non disattivare gli interventi di routine negli altri ospedali. L’ospedale covid è stato gestito con successo, mentre la ristrutturazione dei reparti ordinari di intensiva, avvenuta in parallelo, è andata lentamente».

Tirando le somme?

«Lo rifarei cento volte, al di là di quello che verrà accertato in altra sede».

Quindi farà un decreto commissariale per mantenere aperto l’ospedale anche dopo il 31 marzo?

«Penso di sì».

Visto che ci siamo, e fermo restando che bisogna dare atto alla Regione di aver gestito la campagna di vaccinazione con enorme efficienza, in questi giorni non si può non notare che molti dei suoi collaboratori sono coinvolti in indagini giudiziarie. Non c’è un tema di selezione dei dirigenti che si stanno occupando di questioni rilevanti? Non cominciano a diventare tanti? Anche perché li ha scelti tutti lei.

«No. I casi non sono tutti uguali. Molte delle persone di cui parliamo sono vicine a me da tantissimi anni ed è inevitabile che vengano controllate e indagate soprattutto nei momenti di particolare emergenza. Leggo le carte di tutti i fascicoli giudiziari, ci sono dei fascicoli per i quali ho ringraziato la Guardia di Finanza per la capacità che aveva avuto di individuare attività criminali da parte di dirigenti della Regione, lavorando pure il giorno della vigilia di Natale, e procedimenti in cui sono ragionevolmente convinto che nelle fasi processuali le persone coinvolte troveranno la maniera di spiegare che non è avvenuto nulla di particolare. La vicenda che ha portato all’arresto del dirigente della Protezione civile dimostra che bisogna indagare dalla mattina alla sera e solo con sistemi raffinati e intercettazioni e video è possibile accorgersi di fatti del genere. Più indagini si fanno e meglio è. Invito i miei collaboratori a essere pazienti e a non pensare mai che queste indagini siano frutto di complotti e di affidarsi con fiducia alla magistratura. Non ho nulla di cui lamentarmi e non ho timore che ci sia un problema di sistema».

Non pensa che questo sia anche un tema politico?

«Non credo che ci sia un problema politico, ma di fronte ad emergenze investigative diverse sono pronto a cambiare idea».

Su quanto accadeva con gli appalti della Protezione civile nessuno si era accorto di nulla?

«Assolutamente nulla. Dopodiché è chiaro che a fronte di una situazione di Protezione Civile dove c’è una concitazione particolare erano stati composti quadri di controllo degli acquisti dell’emergenza covid “mischiando” molte persone. Allo stato gli unici due fatti dei quali si è immaginata una violazione di legge da parte di Mario Lerario (ex capo della Protezione civile, ndr) non hanno a che fare con l’emergenza covid, ma con emergenze della Prefettura di Foggia delegate alla Regione. Adesso si sta controllando tutto, speriamo che questa procedura ci consenta di capire fino in fondo se si è trattato solo di questi casi o di un fenomeno più largo. Se ce ne fossimo accorti, come tutti sanno, avremmo riferito all’autorità giudiziaria. E comunque la persona in questione è talmente consapevole di aver definitivamente interrotto il rapporto di fiducia con la Regione tanto da essersi licenziato».

Passando alla politica, lei ama il calcio e ci consentirà un riferimento pallonaro: il bomber del trenino del Bari, Igor Protti, non ha mai vestito la maglia del Lecce. Il superberlusconiano Rocco Palese ora è suo assessore alla Sanità. Cosa non torna?

«Il calcio è una cosa più emotiva. Palese alla Sanità non c’era col centrodestra. Il presidente del tempo, Raffaele Fitto, la gestiva attraverso Salvatore Mazzaracchio. Fate conto dei tentativi fatti in questi anni, alcuni non sono andati bene. Poi ho tenuto quella delega per sette anni e dopo non ce la facevo più, stante tutte le emergenze che ci sono state».

Perché Palese e non un dirigente progressista distintosi negli ultimi quindici anni del centrosinistra di governo?

«Ho fatto come la Juve con Vlahovic. Dovevo prenderne uno già pronto a entrare in campo...».

Palese è anche tifoso interista... Con il predecessore Pier Luigi Lopalco cosa è successo?

«Non sono riuscito a capire cosa è successo. Lavorava con lena, la politica è molto complicata, l’emergenza non è facile da gestire. Alla fine ha preso questa decisione e sono dispiaciuto. Adesso sono contento di Palese, bravissimo, fedele alla Regione Puglia: ha la delega sulla Sanità, sui controlli in generale e sull’emergenza covid. È estraneo al passato, tutti si fidano di lui, anche gli avversari».

Nel Pd regionale qualcuno non la pensa così.

«Il disappunto dei dem è solo di facciata. Tutti sono contenti, compresi i consiglieri di maggioranza che conoscono la sua competenza ma difendono prerogative di partito legittime. Il Pd deve ridefinire la sua missione».

Si riscriverà allora al Pd?

«Sì, se passasse la riforma. Credo che lì abbiano bisogno di me. Il Pd deve tornare un partito aperto, dove le persone per bene si possano iscrivere senza che gli si chieda “Con chi stai?”. Parliamo del cuore politico d’Italia. Essere centrali non vuol dire essere autosufficienti. Cerco di far comprendere il progetto Pd agli altri che si candidano nelle civiche. I civici, se i dem vogliono, possono iscriversi al Pd, lo faranno».

Si iscriverà al Pd dunque anche il sindaco eretico di destra Pippi Mellone?

«Non voglio provocare il Pd (Emiliano sorride, ndr), Pippi è un bravo ragazzo...».

Tornando ai partiti...

«La ricostruzione delle organizzazioni politiche è un tema impopolare, ma determinante nella democrazia, insieme al consolidamento dei giornali e dei corpi intermedi».

Ha definito Draghi indispensabile all’Italia.

«Sostituire il premier con altri soggetti sarebbe un problema. La sua autorevolezza è superiore a quella di chiunque altro. Ora ci vuole un progetto politico reale, non di parte. L’ideale sarebbe avere un sistema proporzionale. Bisogna far emergere una coalizione di unità nazionale sul serio. Le mie intuizioni sulla possibilità di convertire Forza Italia e la Lega ad un governo di larghe intese, osteggiate in origine, si sono rivelate concretissime».

Le Regioni?

«Nel voto per il Quirinale i governatori hanno riequilibrato il disorientamento dei partiti. Dentro le istituzioni c’è una unità d’azione. Lo schema attuato dalle regioni potrà essere quello del prossimo governo. Nonostante le perplessità dovute alla mia fede antifascista, non si possono escludere forze politiche dal governo, neppure Fratelli d’Italia. E tutto avverrà in poco tempo, magari con una unità nazionale all’americana».

Sul mondo del lavoro sanitario si registra l’agitazione del mondo degli infermieri vincitori di concorso o precari. Come stanno le cose?

«Abbiamo preso tempo perché ciascuno dei vincitori vada nella sede prescelta. Pensiamo di riuscirci. Poi ci sono i precari: hanno contratti a 36 mesi che consentono anche la stabilizzazione alla scadenza. Pensiamo che quando finirà il loro contratto non ci saranno difficoltà nello stabilizzarli. Sono figure che mancano ovunque. Aggiungo che ho contezza di poter assumere fino a 3.500 persone, nel tempo, e di riuscire a confermare anche i precari perché le Asl devono ridefinire i propri fabbisogni».

Nella Regione e in particolare in provincia di Bari ci sono tante vertenze aperte. Quali gli sviluppi?

«Ci sono imprese che lamentano la non disponibilità di personale e abbiamo lavoratori che fanno fatica a ricollocarsi, ma nel frattempo cambia la vita. Davanti al passaggio dal motore a scoppio a quello elettrico, stiamo vedendo di trasformare il settore dell’automotive in qualcosa di migliore per il progresso industriale della regione. L’investimento con Porsche a Nardò prevede, per esempio, qui in Puglia il principale centro di sperimentazione per le auto elettriche, che renderebbe più facile l’allocazione delle fabbriche. A Bari dobbiamo produrre automobili, non solo pezzi. E qui abbiamo bisogno del governo, che finora è cauto. Il suo dinamismo sui nuovi investimenti non è eccezionale. Ci sono partite per le quali aspettiamo risposte».

A Taranto?

«Nel capoluogo ionico i grandi cantieri navali Ferretti e San Lorenzo prevedono di assumere migliaia di persone. Abbiamo tante novità positive con aziende informatiche, la trasformazione della città in un polo dell’idrogeno, la cantieristica, Fincantieri e il grande piano di riarmo connesso alla formazione di una forza unica europea. Abbiamo perso popolazione negli anni passati e possiamo favorire il ripopolamento con immigrazione di qualità, sulla base di flussi intelligenti, compreso quello ucraino, dando personale a chi vuole fare investimenti».

È in politica dal 2003. Si sente cambiato da questo percorso?

«Ero un magistrato e scesi in campo sollecitato da una lettera di Raffaele Fitto: diceva che ero troppo presente nel corpo sociale della città di Bari. Mi fece anticipare la campagna elettorale, ovvero quello che non capivo: ero già il sindaco di Bari, dovevo solo avere il coraggio di mettermi in aspettativa da magistrato. Presi il motorino con Angelo Pansini (storico dirigente emilianista, ndr) e iniziammo a girare per la città, l’allora ministro dell’Interno Scajola mi revocò la scorta all’istante. Non ho mai avuto l’ambizione di fare il politico. Mi affascinava molto più fare l’investigatore. Se ci sono riuscito o no, lo diranno gli altri. Di sicuro sono molto più cauto del passato, prima ero un panzer».

Il suo futuro politico?

«Dobbiamo vedere cosa pensano di fare i giovani di grande livello che abbiamo. Quando Decaro avrà deciso cosa fare, vedremo. Sulla scena risaltano tante personalità nuove: la mia principale occupazione è che facciamo quello che gli va di fare».

A chi si riferisce?

«Il ministro Boccia, ora braccio destro di Letta, era mio assessore al Comune come Antonio Decaro. Ricordo anche Carlo Salvemini, Raffaele Piemontese che è una delle personalità politiche più influenti del Pd, Alessandro Delli Noci apprezzatissimo dai ministri dell’economia che viene da destra, Loredana Capone riferimento nel comitato Ue delle Regioni, il sindaco di Mesagne Toni Matarrelli diventato presidente della Provincia, Stefano Minerva. Quest’area è un giardino di personalità. Devo farli crescere. Dalla politica ho avuto più di quello che immaginavo».

Tiriamo le somme.

«C’è una rete che lavora per me e si aspetta che ci sia una puntata successiva. Vedremo. Si sceglierà in modo largo, democratico e in amicizia. In questi anni di governo delle cose pugliesi risalta la pace sociale del centrosinistra, che a volte è così intensa che va oltre la coalizione. Sono presidente di un consiglio fatto di persone per bene. Tutto grazie alla Primavera pugliese, allagata a tutta la società».

La coalizione dei pugliesi è ormai larghissima.

«Non dimentichiamo il contributo che il M5S ha dato all’alleanza. E non solo vado d’accordo con il centrodestra nazionale e locale, ma anche con i grillini, sia con Conte che con Di Maio. È lo stile che ho imparato da mio padre, nel rione San Pasquale - sono nato in via Toti 10 -, non lontano dalla sede della vostra redazione in Viale della Repubblica».

C’è chi le contesta l’ecumenismo...

«Abbiamo da affrontare la questione meridionale e dividerci sarebbe un errore. Non mandiamo all’ammasso gli ideali delle forze politiche, noi facciamo programmi. Nella pluralità delle leadership, provenienti da ogni luogo, il messaggio di condivisione della visione strategica ha affascinato un po’ tutti».

Il terzo mandato alla Regione?

«Quando lascerò il testimone lo decideranno i pugliesi e la classe dirigente venuta su durante questo lungo periodo di governo».

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