BARI - Sono arrivati alla spicciolata e con volantini e inviti verbali ai loro colleghi hanno accumulato adesioni e nuovi mezzi da aggiungere al blocco. Le associazioni di categoria frenano, ma il movimento spontaneo dei camionisti imbufaliti per il caro benzina rischia di creare un contagio proprio come quello dei forconi di 10 anni fa che portò al blocco dell’Italia. La motivazione della protesta è solo una: i conti non tornano. Con i soldi che servono adesso per un pieno di gasolio a un camion, qualche mese fa se ne facevano due. La differenza di costo (dopo l’aumento di 40 centesimi in pochi mesi) sfiora i 2mila euro al mese in più a mezzo. Se si aggiungono la «varianti» di pneumatici (oltre 100 euro in più a pezzo) e Ad blue (costo triplicato, da 0,40 a 1-1,20 a litro), i numeri sono da profondo rosso. Per il momento si tratta di proteste estemporanee, ma la categoria dei camionisti si sta mobilitando cavalcando il malcontento di questo periodo per i rincari. Come nel 2012, anche stavolta i venti di guerra sono partiti proprio dalla Sicilia con proteste a macchia di leopardo e con la categoria apparentemente divisa come peraltro accaduto nel Foggiano dove si sono registrati alcuni «scontri» fra autisti.
In Puglia i «padroncini» hanno iniziato a far sentire la loro voce «presidiando» aree di servizio nella zona del Foggiano e nella Bat e al confine con il Molise. Mezzi fermi da Foggia a Bari, passando per Cerignola, Canosa di Puglia, Andria, Corato, Ruvo e Altamura.Niente blocchi, insomma, ma il malcontento rischia di prendere il sopravvento e travolgere il settore con la stessa velocità di propagazione della variante omicron del Covid. La protesta, per ora, sembra sotto controllo, ma il viceministro Teresa Bellanova ha convocato per oggi un (secondo) incontro con le organizzazioni di rappresentanza della nel tentativo di gettare acqua sul fuoco e disinnescare la miccia. In Puglia il settore dell’autotrasporto conta oltre 6mila imprese: numero importanti se si considera con tutto il relativo indotto. Il caro benzina rischierebbe di provocare un effetto domino cavalcando il malcontento di intere categorie di imprese di ogni genere travolte da un paio di mesi a questa parte da una preoccupante ondata di aumenti dei costi di elettricità e gas.
Nelle ultime 24 ore, in Puglia le «mobilitazioni» hanno interessato aree di servizio e statali. Alcuni camionisti hanno preferito spegnere i motori piuttosto che la prosecuzione dell’attività a prezzi insostenibili. Per un perverso meccanismo, il costo dovrebbe essere ribaltato sull’utente finale ma i progressivi aumenti hanno bruciato quelle limature di prezzo già applicate in passato nessuno è disposto a sostenerne altre. Per Michele Giglio, presidente di Confartigianato Trasporti Puglia serve «lo stesso approccio utilizzato per le bollette di gas e luce, prevedendo misure per dare immediatamente ossigeno alle imprese. Si potrebbe usare il tesoretto incassato dal Fisco a titolo di extragettito sulle accise, usandolo per estendere il credito d’imposta al diesel».