Bari - Lo stato d'emergenza proclamato dal governo per il covid terminerà il 31 luglio. Entro quel giorno (a meno di possibili proroghe) l'ospedale «grandi emergenze» della Fiera del Levante di Bari dovrà essere smantellato, in quanto non è dotato di autorizzazioni ma è stato realizzato sulla base delle deroghe di protezione civile.
Lo ha messo nero su bianco già da gennaio l'assessorato all'Urbanistica del Comune di Bari, e lo hanno ribadito i collaudatori dell'opera nominati dalla Regione: «Laddove l'amministrazione appaltante intendesse programmare di continuare ad utilizzare la struttura realizzata anche oltre lo stretto periodo di emergenza sanitaria, dovrà a quel punto dotarsi dei titoli autorizzativi richiesti dal Dpr 380/2001».
La realizzazione dell'ospedale in Fiera è costata fino ad ora 25 milioni di euro (rispetto agli 8,46 previsti a base di gara) cifra destinata a salire ulteriormente per via delle attrezzature mediche necessarie. È vero che senza i 152 letti allocati nei tre padiglioni (requisiti dal prefetto di Bari sempre sulla base della legislazione di emergenza) la Puglia sarebbe andata in crisi nella gestione della terza fase della pandemia: quei posti sono stati la valvola di sfogo che ha consentito di reggere l'urto dei ricoveri in Terapia intensiva. I lavori sono stati effettuati in 45 giorni, proprio grazie alla dichiarazione di «interesse pubblico» che ha consentito di sfruttare una norma del marzo 2020 pensata proprio per favorire la costruzione di ospedali temporanei. Ma ora, passata la fase acuta, la possibilità di sfruttare quelle deroghe contenute nei decreti del governo Conte viene meno. E dunque, se vuole mantenere in piedi l'ospedale, la Regione dovrebbe ottenere il permesso a costruire che però non può nemmeno essere chiesto perché la destinazione urbanistica della Fiera del Levante non è conforme. Ma poi servirebbero anche il Certificato di protezione incendi, la certificazione antisismica e le certificazioni di conformità degli impianti, oltre naturalmente all’accreditamento sanitario.
Ecco perché, fin da gennaio, il Comune di Bari ha avvertito la Regione che a emergenza finita bisognerà smantellare tutto. Altrimenti l’ospedale diventerà un’opera abusiva.
Il verbale di collaudo tecnico-amministrativo (firmato dagli ingegneri Rocco Mario Ianora, Pierpaolo Madaro e Giancarlo Salomone) fa parte degli atti acquisiti dalla Procura di Bari nell’ambito del fascicolo aperto tre mesi fa in cui si ipotizza la turbativa d'asta. Il computo finale dei lavori (senza dunque considerare le forniture, né gli ulteriori 600mila euro spesi per realizzare la reception della struttura) è passato da 8,46 a 18,9 milioni di euro, per effetto di cinque «ordini di servizio». Ad esempio quello per aggiungere ulteriori bagni, costati (insieme ad altre opere) 2 milioni di euro. Anche questo è effetto dell’utilizzo delle deroghe di Protezione civile.
«In un regime di gestione dell’appalto "ordinario", ovvero soggetto alle prescrizioni correnti delle normative di settore - hanno scritto i collaudatori -, tali modalità non sarebbero state possibili. Ciò in quanto la facoltà del Direttore dei Lavori di ordinare interventi nell’ambito della propria funzione, e quindi senza ricorrere all’istituto della variante in corso d'opera, è molto limitata». Ed è proprio questo che hanno spiegato i tecnici della Regione sentiti in Procura come testimoni: sono le norme straordinarie - hanno spiegato - ad avere reso possibile la realizzazione dell'ospedale, comprese le ingenti spese impreviste.
Stessa cosa che ha spiegato l'ex commissario del Policlinico, Vitangelo Dattoli: la decisione di cambiare la destinazione dell’ospedale (da Terapia intensiva a struttura «grandi emergenze») è stata presa in corso d'opera per tenere conto dell’evoluzione dell'epidemia.