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Allarme Mafia, parla Morra: «Emergenza in Puglia, risposte immediate»

 
Leonardo Petrocelli

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Leonardo Petrocelli

Bombe a Foggia: venerdì arriva Morra con delegazione Antimafia

Il presidente commissione parlamentare antimafia: «Il tempo di porsi domande è finito. Dalla Quarta mafia alle ultime vicende, il sistema criminale va scardinato pezzo per pezzo»

Domenica 23 Maggio 2021, 14:16

Nicola Morra, presidente della Commissione Parlamentare antimafia, la politica pugliese è terremotata dalla vicenda che coinvolge il sindaco (dimissionario) di centrodestra Franco Landella. La giustizia farà il suo corso, ma dal suo punto di vista cosa segnala questa vicenda?
«Quello che è evidente, anche ascoltando le parole del Questore di Foggia, il dottor Paolo Sirna, è il totale disprezzo da parte di tutti i protagonisti di questa vicenda non solo verso le istituzioni che rappresentavano e verso la legge, ma verso l'intera comunità. Pensare che un sindaco possa aver chiesto una tangente per prolungare concessioni o concedere appalti e che un presidente del Consiglio comunale possa affermare che ruba perché può farlo è raccapricciante e la dice lunga sul senso di onnipotenza e di impunità con cui questi personaggi avrebbero agito. Se quanto emerso (e deve ancora emergere) dalle indagini venisse confermato in sede processuale, gravissime sarebbero le responsabilità, non solo penali e politiche, ma morali nei confronti dell’intera comunità foggiana. Un’onta difficile da lavare, un patto di fiducia tra elettore e politica difficile da ricucire. D’altronde, quando anche la fiducia può essere comprata, perde di valore. In questo, occorre che anche i cittadini facciano la propria parte».

Il Gargano era già salito agli «onori» delle cronache negli ultimi mesi per gravi fatti legati all’azione della criminalità organizzata del territorio. Lo stesso vale per la sesta provincia, la Bat, ferita dall’azione dei «gruppi autonomi» come li ha definiti Cafiero de Raho. Insomma, c’è un’emergenza Puglia?
«Per anni si è continuato ad ignorare, se non addirittura a negare, l'esistenza della Quarta Mafia che ha avuto tempo e modo di prosperare proprio grazie al fatto di essere riuscita a rimanere invisibile, a differenza delle mafie tradizionali. Eppure parliamo di una mafia che ha radici profonde nel tessuto sociale, economico e politico di Capitanata, basti pensare ai Comuni sciolti proprio per infiltrazioni mafiose nel foggiano ed al cui elenco potrebbe aggiungersi la stessa città capoluogo. Radici profonde e ramificazioni ampie: contrabbando, traffico di droga, estorsioni ed omicidi, centinaia di omicidi di una ferocia brutale, il tutto protetto da una coltre fittissima di omertà. È superfluo anche continuare a chiedersi se ci sia un'emergenza in Puglia. Il tempo di porsi questo interrogativo è finito da anni, ora occorre cominciare a dare risposte ed a scardinare pezzo per pezzo i meccanismi criminali che regolano la vita di questi gruppi. Gli arresti di oggi, le indagini ancora in corso, la commissione di accesso agli atti insediatasi al Comune di Foggia e il fatto che solo qualche giorno fa si sia saputo del possibile primo collaboratore di giustizia in questa terra, il giudice De Benedictis, sono l'inizio di questa opera di demolizione».

Ristori e Recovery. Un’occasione per far ripartire l’Italia, certo, ma anche un’occasione per la criminalità organizzata di infiltrarsi. Lei ha già lanciato l’allarme sui «controlli inesistenti» e sui rischi connessi, invocando le necessarie contromisure. Qualcosa inizia a muoversi?
«Sulla questione controlli mi sembra quanto mai attuale l'allarme lanciato dai sindacati proprio in queste ore: c'è il rischio gravissimo di subappalti senza controlli relativamente al Pnrr, con le conseguenze che tutti possiamo immaginare. Ho chiesto in più occasioni di rendere effettivi i controlli, intervenendo per ridurre i tempi degli stessi. Ma se questo non si ottiene è perché non lo si vuole. Avremmo la possibilità di avvalerci degli agenti sotto copertura, introdotti dalla legge anticorruzione voluta fortemente dal Conte 1, ma forse i decreti attuativi sono ancora da definirsi... »

Tema giustizia. Sul tavolo c’è un grande disegno di cui si discute ormai da settimane. Un elemento, in particolare, sta animando il dibattito: la nuova riforma rischia di smantellare l’istituto della prescrizione così come riformato dall’ex ministro Bonafede. Un errore?
«Sulla prescrizione la mia posizione è stata sempre chiara: nel rispetto dei diritti della difesa, costituzionalmente garantiti, si deve evitare che il processo, avviato, non giunga a sentenza. Non garantire la funzione giurisdizionale è la più grande sconfitta dello Stato, e se pensa che spessissimo alla prescrizione ci arrivavano imputati in grado di permettersi buoni collegi difensivi, capaci di sfruttare tutte le possibilità che la legge offriva loro per differire il giudizio, la conclusione è semplice: la giustizia è stata spesso questione economico-censitaria, cosa devastante in un Paese in cui si insegna che la legge deve essere uguale per tutti. Pertanto occorre una forte diminuzione del contenzioso pendente attraverso la depenalizzazione sistematica di fattispecie di reato che devono essere radicalmente ripensate ed una informatizzazione del processo, ma anche la riconsiderazione del divieto di reformatio in peius renderebbero la macchina più efficace ed efficiente».

Infine, una chiosa sulla politica. Circola in queste ora la voce su un nuovo partito, composto da ex M5S, di cui lei potrebbe assumere la guida. Solo pettegolezzi o sta pensando seriamente di mettersi in gioco in prima persona?
«Non sono interessato a forme partito, né credo lo siano tanti miei colleghi espulsi, come me, dal M5S. Piuttosto sono convinto che vi sia necessità di ricostruire una soggettività politica in grado di esprimere pensiero critico ed opposizione sociale ad un governo che ha finito con lo stritolare ogni forma di opposizione parlamentare, impedendo che le voci di dissenso nella società civile, molto più diffuse di quanto si possa credere, arrivino nelle Camere. Questo significa far ripartire un'esperienza in MoVimento, in cui la leadership deve essere dell'intelligenza collettiva, di tutti coloro dunque che con umiltà e studio si metteranno a lavorare per il bene comune, senza alcun culto della personalità e della leadership individuale, senza quei fanatismi che sembrano essere la costante politica di un paese in cui la comunità politica dovrà dimostrarsi gruppo e non gregge, non massa da guidare con cani pastore, come recentemente ha sostenuto Romano Prodi».

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